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I Briganti di Netflix, derubati della loro natura per diventare eroi sentimentali ispirati alla Casa di Carta: la recensione

Briganti su Netflix segue l’esempio de La Legge di Lidia Pöet: non importa essere aderenti alla Storia, ma catturare il pubblico con personaggi che assecondino gusti già noti al pubblico

23 Aprile 2024 10:52

Con Luna Nera, l’esperimento di Netflix Italia di raccontare una storia ambientata in un’altra epoca era fallito miseramente. Poi la piattaforma ci riprovò con La Legge di Lidia Pöet, e le cose andarono decisamente meglio, grazie alla commistione di generi che aveva portato ad un risultato accattivante, sebbene non sempre rispettoso dei fatti storici. Una strada intrapresa anche con Briganti, la nuova serie tv di Netflix che, partendo da presupporti e personaggi realmente esistiti, costruisce un racconto in cui la Storia passa in secondo piano per dare maggiore valore ai sentimenti più popolari di riscatto e libertà. Il tutto, creando una banda che agisce nell’illegale, ma per sconfiggere un’autorità: vi ricorda qualcosa?

La recensione di Briganti

Tra realtà e (soprattutto) fantasia

Con La Legge di Lidia Põet, Netflix Italia ha capito che al proprio pubblico piacciono sì le storie in costume ambientate nel passato, a condizione che siano raccontate con il piglio della contemporaneità, sia nei dialoghi che nei temi. Inutile fare una serie che si ispiri al documentario: per scoprire la storia vera dei briganti basterebbe, appunto, guardarsi un documentario o leggersi qualche libro a loro dedicato.

Briganti, quindi, non ha nessuna aspirazione didascalica: nonostante gran parte dei personaggi protagonisti (i briganti, appunto), siano realmente esistiti, la serie edulcora le loro figure, rendendoli meno spietati e, soprattutto, conferendo loro un’aura di eroismo che ci permette di giustificare le loro scorribande.

Virare verso questa “spettacolarizzazione” del brigantinaggio, in fin dei conti, funziona: la prima stagione della serie (che, a giudicare dal finale, potrebbe tranquillamente avere un seguito), altro non è che il raconto della nascita di un gruppo che diventa famiglia, in cui la lealtà è il motore di una azione e il tradimento il peccato capitale.

Da criminali a eroi: “Dalla terra si nasce, per la terra si muore”

Come detto, però, Briganti intraprendendo questa strada mette da parte la coerenza storica del contesto in cui è ambientata la serie: non è la prima produzione né sarà l’ultima a farlo, e in questo Bridgerton è stata maestra nel rivelare che al pubblico della veridicità dei fatti raccontati interessa fino a un certo punto.

Ecco che, allora, l’idea del collettivo Grams* è stata quella di trasformare il brigantinaggio del Sud Italia e i suoi aderenti in una specie di Resistenza ai poteri forti provenienti dal Nord. I protagonisti non sono più mostrati con la lente dei criminali, ma con quella degli eroi, pronti a tutto, anche al sacrificio, pur di difendere la propria terra. Non a caso una delle frasi più ripetute nella serie è “Dalla terra si nasce, per la terra si muore”.

Non aspettatevi, insomma, una serie che condanna il brigantinaggio o vi mostra l’efferatezza per cui i briganti stessi sono diventati famosi. Sì, gli uomini e le donne che la serie ci racconta non hanno problemi a uccidere, a sparare ed a rubare, ma ogni loro azioni è motivata da un sentimento di rivalsa, di appartenenza e difesa a un gruppo o del proprio territorio. Un’idea romantica dei briganti senza cui, probabilmente, questa serie non avrebbe potuto esistere.

Quell’atmosfera da La Casa di Carta che “deruba” i briganti

© Francesco Berardinelli/Netflix © 2024

Ma andando oltre l’aderenza storica e la rappresentazione dei personaggi, Briganti -al netto delle dovutissime differenze- ci ha ricordato un’altra serie cult di Netflix: La Casa di Carta. Entrambe le serie, in effetti, mettono in scena una lotta contro il potere, un tesoro da conquistare, un piano da portare a termine che richiederà gli inevitabili sacrifici e tormenti, oltre all’immancabile storia d’amore in corso d’opera.

L’impressione è che momento in cui ci sia messi a lavorare sul tono da dare a Briganti, si sia guardato proprio alla serie spagnola per trovare quella direzione che potesse essere intrapresa nel corso degli episodi. In Briganti la banda che si forma fin dal primo episodio è fatta di uomini e donne con un passato difficile, che non accettano ordini superiori, ma soprattutto che vogliono difendere la propria libertà e quella di chi, invece, si è dovuto piegare al padrone.

Anche la stesura dei dialoghi ci ricorda la serie di Álex Pina: frasi destinate a essere estrapolate a uso e consumo dei social, discorsi motivazionali e botta e risposta che definiscono i personaggi a volte più delle loro azioni. Paradossalmente, questi briganti abituati a essere ladri sono diventati loro stesi vittime, derubati del loro carattere originario per essere trasformati in personaggi già visti, a volte stereotipati, e meccanismi di un ingranaggio che deve tenere conto non dei loro tempi, ma dei nostri.