Home Interviste Andrea Scanzi: “Chiamatemi influencer e non mi offendo. Programmi tv sulla politica? Mai da conduttore. I social? Ho esagerato, ma sto sulle palle perché ho successo”

Andrea Scanzi: “Chiamatemi influencer e non mi offendo. Programmi tv sulla politica? Mai da conduttore. I social? Ho esagerato, ma sto sulle palle perché ho successo”

Andrea Scanzi presenta a TvBlog Oltre la vittoria (Discovery+ dal 16 giugno), ma torna anche a parlare del caso del suo discusso vaccino

14 Giugno 2021 13:53

L’idea è nata da Discovery. Accordi&Disaccordi sta andando bene, loro sanno che faccio spettacoli teatrali e parlo anche di cose extra politica e mi hanno chiesto di fare qualcosa di pop, veloce, di fruibile a qualsiasi età, legata allo sport, tenendo anche conto del fatto che a breve inizieranno le Olimpiadi, che saranno seguite proprio da Discovery. E così con gli autori Matteo Billi e Simone Manetti è nato un format che unisce in maniera veloce il racconto dello sport alla società, alla Storia e un tirare le fila dialogando con un personaggio che conosce da vicino quella storia.

Come mai la scelta di prevedere nel finale l’incontro con un personaggio?

Il racconto mio non era sufficiente. E poi non volevo che ci fossi solo io. Lo so, questo farà ridere chi pensa che io sia malato totale di narcisismo. Che poi, in parte, è vero. Non è ‘Scanzi racconta Maradona’, con tutto il rispetto di Buffa. È un’altra cosa. Prima parte lirica teatrale, nella seconda torniamo un po’ più sulla Terra e cerchiamo di capire se quello che ci ha raccontato Scanzi fin qui era vero, se c’è qualcosa di più o qualcosa di meno.

Andrea Scanzi presenta così a TvBlog il suo nuovo impegno televisivo. Si tratta di Oltre la vittoria, format prodotto da Loft Produzioni e disponibile dal 16 giugno su Discovery+ in cui i più grandi avvenimenti sportivi vengono raccontati attraverso il loro legame con eventi che hanno segnato la storia. Si parte con la puntata (in totale sono 8 episodi da 30 minuti ciascuno) dedicata a Diego Armando Maradona, che al Mondiale dell’86 manda al tappeto Margaret Thatcher e gli inglesi vendicando l’Argentina per la sconfitta nella guerra delle Falkland. La regia è di Simone Manetti.

I tuoi giudizi sono netti e divisivi non soltanto quando parli in tv e sui social di politica, ma anche in Oltre la vittoria. Per te “Maradona è il più grande calciatore della storia“…

Io divisivo lo sono sempre stato, lo prendo come un complimento. I più grandi sono divisivi. Non ho mai ambito a piacere a tutti. I miei colleghi che vogliono piacere a tutti sono paraculo. Io sono tutto, tranne che paraculo. In questo caso, Oltre la vittoria non è divisivo. È un programma che può piacere anche a persone a cui non sto simpatico, anche a chi non ama lo sport. Dire che Maradona è stato il più grande di sempre non è divisivo, è opinabile. Non lo so se è stato il più grande di tutti, è difficile. Dipende. Maradona, se sommiamo tutti i fattori, è stato il più grande perché è stato quello che più ha inciso oltre lo sport. Così come sono convinto che Muhammad Ali sia il più grande sportivo di sempre perché ha inciso nella storia più di tutti gli altri. Pensa alla guerra del Vietnam, all’emancipazione dal razzismo. Poi magari ci sono stati pugili più forti. Maradona era molto più discutibile nella vita privata di Muhammad Ali, ma lui nel 1986 ha sconfitto l’Inghilterra vendicando la tragedia per gli argentini della guerra delle Falkland. Forse Pelè era più forte, ma, considerando la componente emotiva, sociale e storica, Maradona è il più grande di tutti.

Lo hai già spiegato in passato: confermi che Buffa non è il tuo modello di riferimento nemmeno per Oltre la vittoria?

Probabile che, soprattutto a livello grafico, questo programma molto più dei miei spettacoli teatrali, somigli a Buffa. Non ho nulla contro di lui. Il prodotto televisivo che Sky confeziona intorno a Buffa è di pregevolissima fattura. Leggo sui social ‘Scanzi sfida Buffa’, ‘Scanzi fa Buffa’… ma un par di palle! Quando dico che io non c’entro con Buffa, dico che non l’ho mai visto come esempio e che non lo guardo praticamente mai. Io di sport ne parlavo non so se prima di lui, ma dal 1997. Ho sempre avuto il mio stile. Può darsi che qualche volta ci siano delle corrispondenze, ci sta che ci somigli. Va benissimo e mi fa piacere, ma non l’ho mai visto come punto di riferimento, né come maestro. Se proprio devo fare dei nomi, dico se mi sono sempre sentito più vicino a Giorgio Porrà o a Paolo Condò.

Tutti i nomi che hai citato raccontano storie di sport sulla tv non generalista. Oltre la vittoria va su Discovery+. Coincidenze?

C’è poco coraggio nel fare determinati racconti; Rai 3 ogni tanto fa qualcosa di teatrale – penso a Stefano Massini o a Bollani – ma c’è timidezza. Futbol su La7 venne fatto nel 2016, fu un azzardo voluto da Fabrizio Salini. Sapevamo che non avremmo fatto chissà cosa come share, andavamo contro le Olimpiadi. Come ascolti, ma anche come qualità, fu un programma da 6. Sono contento di averlo fatto. Oltre la vittoria lo puoi fare solo su canali che non hanno il terrore degli ascolti, hanno grande libertà e voglia di sperimentare. La7 ormai si è orientata come una televisione politica. Fatta bene, ma fa talk politici. Io sono ormai associato come quello che parla con la Gruber e se il pubblico di La7 mi vedesse parlare di sport probabilmente direbbe ‘che cavolo c’entra?’. La sperimentazione per ora è appannaggio di realtà meravigliose, ma non generaliste.

Quale tuo programma avrebbe avuto senso su una generalista?

Amici fragili, che ho realizzato per Tv Loft; in un mondo ideale verrebbe trasmessa dalla vecchia Rai3 perché racconta i grandi della musica come faceva Gianni Minà negli anni Ottanta o Renzo Arbore negli anni Novanta. Oggi quello spazio non c’è più ed è un peccato perché secondo me il pubblico ci sarebbe.

Ok. E allora perché né La7, né Rai3, dove ormai da tempo sei un volto conosciuto, non ti affidano un programma tutto tuo, anche di politica? Salini ti volle per Futbol su La7 e ancora per qualche giorno è amministratore delegato della Rai…

Io non godo di simpatie trasversali anche ai piani alti. Sono divisivo, mi inimico persone che potrebbero farmi lavorare. Ma voglio essere specifico. Io non ho mai più sentito Salini da quando è stato nominato Ad della Rai. Forse solo un messaggio per fargli l’in bocca al lupo all’inizio del suo mandato. Mi rispose ‘ci sentiremo presto’. Mai più sentito! Mai! Ho saputo da Giorgia Cardinaletti, mia carissima amica, che voleva coinvolgermi a La Domenica Sportiva quando la conduceva. Ma non piacevo al direttore di Rai Sport Gabriele Romagnoli e Salini, pur sapendo la cosa, comunque non è che si sbattesse più di tanto per me. Legittimo, ma non ha avuto mezzo coraggio a cercarmi e propormi qualcosa. Anche Freccero mi disse qualcosa di simile quando tornò a fare il direttore di Rai2. Salini poteva comportarsi in maniera diversa, ma ci sta. Voglio dire un’altra cosa…

Prego.

Io non voglio fare un programma politico come conduttore. Io ce l’ho già, ed è Accordi & Disaccordi, anche se ormai lì sono una sorta di ospite fisso. Poi ho Otto e mezzo, cioè il talk politico più visto, il salotto in cui tutti vorrebbero accedere. E vado a Cartabianca, dove ho uno splendido rapporto con Bianca Berlinguer. Un rapporto che è rimasto tale anche in quel breve periodo di pausa…

Quando sei stato sospeso…

No, non c’è stata nessuna sospensione. Semplicemente con Lilli e con Bianca abbiamo deciso per quel mese che era meglio stare fermi e far calmare le acque dopo quella caxxata sul nulla.

Dicevamo, quindi Andrea Scanzi non vuole fare il conduttore di programmi di politica.

Sì, io nei migliori programmi di politica ci sono già, come ospite. Nei migliori contesti televisivi che esistono ad oggi. Fare il conduttore di talk politici non mi diverte, non mi piace e probabilmente non sarei in grado. Un po’ di tempo fa stavo per fare In Onda estate, ma non ero convinto veramente. Non è la mia aspirazione. Il conduttore di talk politici non lo farò mai, non me ne frega niente. Neanche morto.

Un programma tuo, non di politica, invece lo faresti?

Sì. Sulla musica, sullo sport. Una sorta di Che tempo che fa o di Le invasioni barbariche io la farei. Su La7, in Rai, su Nove. E sono sicuro che sarei molto bravo. Se io intervisto Carlo Verdone, lo persone si divertono. Le interviste le so fare.

In tutto ciò, il tuo rapporto con Mediaset qual è?

Tra marzo e aprile, nel pieno periodo del delirio per il mio vaccino, sono stato invitato a far parte di un reality molto in voga a Mediaset.

L’Isola dei famosi?

Non posso dire il titolo, perché l’ho promesso, ma ci puoi arrivare da solo. In ogni caso, in quel periodo gli inviti nei miei confronti si sono intensificati perché ero al centro della polemica – di stocaxxo, aggiungo io – e per fare più ascolti. Ovviamente ho detto di no. Così come dirò sempre no per un reality. A meno che non mi offrano un milione di euro.

Quindi non è vero che Mediaset non ti invita nei suoi programmi?

Già. Io sono stato il primo ospite della prima puntata di Tiki Taka di Pierluigi Pardo. E per due anni sono stato sotto contratto come ospite pagato da Mediaset di Tiki Taka. Poi sono passato a Il Processo del lunedì e Pardo non mi ha richiamato, giustamente. Poi è arrivato Chiambretti e… penso di stargli sulle palle e non mi ha mai cercato. Non ho mai avuto pregiudiziali su Mediaset. O meglio, a livello politico sì.

Cioè?

Io a Rete 4 non potrò mai andarci. Un po’ perché la Palombelli è la rivale della Gruber e andarci sarebbe una carognata, un po’ perché ci sono programmi che mi fanno schifo, per esempio quello di Porro. Giordano e Del Debbio sono persone corrette, di loro ho stima ma mi sentirei in imbarazzo ad andare ospite da loro, per motivi politici. La d’Urso mi ha invitato tante volte, ma faccio un po’ fatica. Se mi invitassero in contesti extra politici, io non avrei nessun problema. Da Celentano ad Adrian ci sono andato.

Torniamo al punto di partenza, lo sport. Per le Olimpiadi farai parte della squadra di commentatori di Discovery?

Non lo so, ci stiamo lavorando. A me piacerebbe, ma devo incastrare anche le date teatrali, solo a luglio ed agosto ne ho già 15. Ma si può lavorare da remoto. Sarei contentissimo di essere nella loro squadra per le Olimpiadi. E sarei contentissimo di collaborare con Eurosport, per esempio per commentare il tennis, che è lo sport che più amo.

In un’intervista a TvBlog dicesti: ‘Sono narciso? Sì. Sono vanesio? Sì. Ma non lo sono soltanto io. Se non fossi vanesio non farei televisione. Se non fossi narciso non avrei una pagina Facebook. Tutti lo siamo in questo mondo. C’è chi lo è e ci ride sopra, chi lo è e fa finta di non esserlo. Io penso di essere narciso 6, vanesio 7, permaloso 10. Credo che la maggior parte dei miei colleghi siano narcisi, vanesi, presuntuosi e permalosi 10 e spesso se lo possono permettere meno di me’. Confermi?

Confermo tutto. Ma sono uno dei meno narcisi del mio settore. Santoro lo è 100 mila volte più di me. Carofiglio pure. Severgnini idem. Friedman anche. E alcuni tra loro, non Severgnini e non Carofiglio, a livello umano sono enormemente più spigolosi di me. Per carità, ci sono quelli più umili di me, ma la storia che io sia il più narciso di tutti è una stron*ata. Io ci gioco, gli altri no.

La critica che maggiormente ti viene rivolta è la tua visione del mondo bianco/nero. Una visione che forse ti ha portato allo scivolone del video sul covid di febbraio 2020 in cui dicesti che il covid “non è una malattia mortale” ed è “una infezione curabile esattamente come l’influenza“.

Che io sia bianco o nero è vero fino ad un certo punto. Su Facebook (dove è seguito da oltre due milioni di utenti, Ndr), sì, è abbastanza vero. Lo è stato soprattutto nel 2020, quando è esplosa la mia pagina, quando sono diventato il più forte tra i giornalisti…

Il più potente” ti sei definito.

Sì, nel senso che se io oggi intervisto un autore di un libro, quel libro da millesimo diventa 80esimo in classifica, se è 100esimo, diventa sesto. Potente nel senso che se io dico una cosa, quella cosa ha un impatto mostruoso a livello anche economico. Chi mi dice che io sono anche un influencer, non mi insulta e dice assolutamente il vero. C’è gente che mi odia e che pagherebbe per farsi intervistare da me per vendere mille copie in più. Tecnicamente è vero che io sia il più potente. Poi si può anche ironizzare su questo, ma se Porro fa un post, non succede nulla, non sposta nulla, se lo faccio io sì, nel bene e nel male.

Torniamo a quando è esplosa la tua pagina Facebook.

Nel 2020 ho esagerato su Facebook, in alcuni casi. È vero. Forse perché avevo la fregola del ‘sono diventato più forte di Mentana e di tutti, che figo che sono, c’ho 100 mila persone live nelle dirette’. Quattro-cinque post a caxxo li ho fatti sicuramente. Ho esagerato, mi sono fatto prendere la mano. Quel video a cui fai riferimento è la cosa che più non rifarei nella mia vita lavorativa. È stato un video del caxxo. I primi venti minuti di quel video magari li potessi cancellare. Ero convinto che il covid fosse una esagerazione, in quei giorni lo dicevano anche la Gismondo e Burioni da Fazio, mi fidavo di questa gente, mi inerpicai in territori che non conoscevo e ho fatto un caxxata. Poi ho chiesto scusa. Tutto il resto lo rifarei, compresa la storia della mia vaccinazione. La frase ‘Mi dovrebbero ringraziare gli italiani’, detta in una diretta, mi è uscita male. Ma nel contenuto e nel gesto rifarei tutto, era tutto in regola. Per questo farò un centinaio di querele: ho preso una quantità di mer*a senza aver fatto nulla di illecito, senza alcuna colpa. Questo non lo perdonerò mai. Querelerò anche persone molto famose. Giornalisti e non solo. Politici e non solo. Ma io non sono bianco o nero. Lo sono stato nel 2020 su Facebook, ma in tv mai. E non lo sono adesso. Chi lo dice non mi legge e non mi guarda. Ma sai qual è la verità, Massimo?

Qual è?

Io sto sulle palle, così come a molti piaccio, perché ho successo. Non giriamoci intorno: io sono uno che ha successo, che non ha santi in paradiso, che dice quello che pensa, che ha avuto fortuna lavorativa senza alcuna spinta. Mi faccio tanti nemici e quando sembra che io abbia inciampato, arriva la crivellata da tutti. Quando raggiungi la vetta, stai sui cogli°ni; dal basso sperano che chi sta in alto prima o poi cada. Fa parte del gioco.

Dalla vicenda del vaccino hai imparato qualcosa?

Molto. A livello di comunicazione molte dirette non le dovevo fare. L’errore è stato quello. Due-tre dirette a caxxo non dovevo farle. E non dovevo fidarmi di alcune persone che pensavo fossero a me vicine e che invece – due o tre di loro – mi hanno spalato merd@. Non faccio nomi di chi ho querelato, non voglio nobilitarle, né rovinarmi il godimento nell’immaginare la scena in cui riceveranno la querela. Ma voglio farti i nomi di chi, a sorpresa, mi ha espresso vicinanza.

Tipo? 

Pupi Avati, Adriano Sofri, Marco Damilano, Paolo Mieli, Alessandro Giuli, il sindaco di Firenze Dario Nardella, Bobo Craxi, il prof. Andrea Crisanti, il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, Susanna Ceccardi della Lega, il sottosegretario Pierpaolo Sileri, Diego Dalla Palma, il dottor Matteo Bassetti, il quotidiano La Verità.

Il direttore del Fatto Quotidiano Travaglio ha scritto che non hai saltato la fila, ma hai “esagerato con la profluvie di parole usate per difendersi sui social e in tv“.

Una critica che ci sta. Ho sbagliato nella comunicazione, mi è arrivata una tale quantità di merd@ che non sono riuscito a gestirla. Mettiti nei panni di uno che si vaccina in piena regola, lo dice e due giorni dopo gli danno del furbetto, dello stronxo, del ladro, del criminale. Per due giorni non ho capito un caxxo. Marco è stato molto corretto: non ha parlato nei giorni caldi, si è espresso quando la situazione si era placata in una lettera che ha inviato prima a me per correttezza. È stato un signore, come sempre.