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Alessandra Bertin: “Bellissimi ricordi di Via Zanardi 33. Un errore presentarla come la risposta italiana a Friends”

Alessandra Bertin: “Sul set di Via Zanardi 33 si stava molto bene. Mi dispiacque quando mi dissero che non ci sarebbe stata la seconda stagione. Nessun rimpianto della tv, non era il mio sogno”

7 Aprile 2024 09:33

Prima la tv per ragazzi, poi l’avventura in quella che – almeno nelle intenzioni – sarebbe dovuta essere la risposta italiana a Friends, fenomeno mondiale dell’epoca. Ma il destino di Via Zanardi 33, sitcom andata in onda tra il gennaio e il maggio 2001, non fu ugualmente fortunato, con i ventiquattro episodi prodotti per Italia 1 che non videro mai un seguito.

Tra le protagoniste spiccava anche Alessandra Bertin, nei panni della stravagante Francesca, detta ‘Fra’. Al suo fianco un lungo elenco di attori che negli anni a venire avrebbero fatto parecchia strada, come Elio Germano, Dino Abbrescia, Antonia Liskova, Enrico Silvestrin, Ginevra Colonna e Sarah Felberbaum.

Partecipai al casting e andò molto bene”, racconta Alessandra a TvBlog. “Avevo buone sensazioni e, in effetti, poco dopo mi informarono che mi avevano scelto per la realizzazione della puntata pilota. Fui l’unica ad essere confermata per la sitcom vera e propria che, una volta acquistata da Mediaset, subì uno stravolgimento completo sul fronte del cast e della regia”.

Classe 1976, la Bertin è laureata in Filosofia. In seguito, ha conseguito un master in counseling in orientamento psico-filosofico. Senza dimenticare anche un triennio di perfezionamento per l’insegnamento dello Yoga: “Non esercito la professione, ma ho portato avanti anche questa specializzazione perché mi mancava la parte corporea – spiega – è questa la mia passione, la tv non è mai stata il mio sogno”.

L’avvicinamento al mondo dello spettacolo, pertanto, avvenne per necessità. “Le prime esperienze furono nel campo della pubblicità. Uno dei primi spot fu quello della Nastro Azzurro. Per essere indipendente dalla mia famiglia e pagarmi le spese mi inserii in quel settore, dato che si sarebbero potute presentare delle occasioni. Nel frattempo lavoravo come commessa part-time in un Blockbuster e davo ripetizioni di latino e greco. Cose normali che si fanno da ragazzi”.

Come arrivasti a Disney Channel?

Cercavano nuovi presentatori e andai ai provini. Ma quando arrivai trovai tantissima gente. ‘Non mi prenderanno mai’, pensai. E me ne andai via. Destino volle che qualche mese dopo mi telefonarono dicendomi che mancava ancora una ragazza all’appello e che la direttrice di allora l’avrebbe voluta simile alla cassiera del Blockbuster in cui lei andava regolarmente a noleggiare i film. Quella cassiera ero io. Quindi si ricordarono che il mio nome era presente nel loro archivio e mi ricontattarono.

Un colpo di fortuna.

Esattamente. Svolgemmo due mesi di training, completamente pagati. Presi molto più di quanto avrei percepito nella videoteca in un anno intero. A quel punto ci fu la scrematura e passammo gradualmente da 5 maschi e 5 femmine ai 2 e 2 definitivi. Oltre a me, la squadra era formata da Alvin, Marcello Martini e Valentina Veronese.

Fu un bel trampolino.

Disney Channel andava in onda sul satellite, eravamo un canale di nicchia, che però aveva i suoi riferimenti tra i giovani. Al di là della rete, andavamo in tour nelle piazze italiane. Fu una scuola pazzesca, formativa. Nessuno di noi sapeva fare tv, ci insegnarono a stare di fronte alle telecamere, a gestire dei live di tre ore. Facemmo corsi di dizione e di teatro. Avevamo appena 19 anni e fu un’esperienza totalizzante.

Parallelamente continuavi a studiare.

Sì. Non mollai mai l’Università. Il giorno stavo in televisione, di notte e al mattino studiavo. Al contrario, dovetti lasciare il pattinaggio sul ghiaccio che praticavo a livello agonistico. Dovevo allenarmi tre volte a settimana, svegliandomi alle 5 del mattino. Non potevo più continuare.

Nel 2000 arrivò Via Zanardi 33.

Quando mi presero per il ruolo di Fra mi tirai indietro. Non ero più convinta, poi ci ripensai, consigliata dal primo regista che mi aveva provinato. Girammo a Roma, negli studi della Tiburtina. I ciak durarono quattro mesi, da settembre a dicembre. Andammo più lunghi rispetto ai tempi previsti.

Il palese accostamento a Friends vi aiutò o fu controproducente?

Probabilmente presentare Via Zanardi 33 come la versione italiana di Friends non fu una scelta vincente. Significò mettersi a confronto con qualcosa di enorme, che aveva fatto la storia di quel genere televisivo.

Che clima si respirava sul set?

Positivo, si stava molto bene. Mi dispiacque quando mi dissero che non ci sarebbe stata la seconda stagione. Ero una milanese trapiantata nella Capitale ed ero prontissima a ripetere l’esperienza. Purtroppo non ci fu un bis.

Era prevedibile, visto l’insuccesso.

Dalla prima serata la spostarono subito in seconda. Gli ascolti, se non sbaglio, migliorarono un pochino. Ma decisivo fu il cambio ai vertici che si verificò in quel periodo. Alla nuova direzione Via Zanardi non piaceva.

Sei una delle poche a non rinnegare quella sitcom.

La ricordo con leggerezza. Non per il prodotto in sé, ma per ciò che ha rappresentato in un momento della mia vita. Nell’ambito di una carriera da attore non è esattamente qualcosa da celebrare, tuttavia da un punto di vista umano per me è stato un capitolo divertente, vissuto col sorriso in faccia. Sono contenta di averla fatta e ringrazio chi mi convinse a non tirarmi indietro. Fu un modo per scoprire Roma, ci misero a disposizione un appartamento che condivisi con Antonia (Liskova, ndr). Furono mesi bellissimi.

Dopo cosa accadde?

Proseguii per qualche mese a Disney Channel. Successivamente presentai Fluido, programma dell’allora nascente La7. Con me c’erano Chiara Tortorella e, di nuovo, Alvin e Marcello Martini. Registravamo da Riccione, dove ci stabilimmo per due mesi. Una favola.

Poi arrivò All Music. Qui incrociasti Alessandro Cattelan.

Lavoravamo assieme quotidianamente, in maniera assidua. Non sono sorpresa dal suo successo. E’ una persona con potenzialità, passione e talento. Ormai non ci sentiamo più, ma ci seguiamo sui social. Le nostre vite hanno preso strade differenti.

Quella di All Music fu la tua ultima esperienza sul piccolo schermo. Come mai?

Per una serie di ragioni. Innanzitutto, come spiegavo prima, la televisione non era il mio sogno, tanto che contestualmente mi ero laureata e avevo cominciato ad insegnare all’Università come assistente alla cattedra di Storia della Filosofia Medievale. Il secondo motivo è che, attorno ai 30 anni, scoppiò la grande crisi nel sistema televisivo. Ad All Music era in atto un ricambio con volti più giovani e pure quella realtà a breve si sarebbe andata a spegnere. Non c’erano più offerte interessanti. L’unica che mi allettava, una fiction sulle dipendenze per la quale ero stata scelta, naufragò. Un peccato, perché quel progetto mi piaceva moltissimo.

Dunque uscisti di scena, senza troppi rimpianti.

Non ero interessata alle comparsate, non ne valeva la pena. Non mi andava di tenere botta alla crisi del settore con lavori che non mi piacevano. Allora dissi ‘stop’, me ne andai in America a studiare l’inglese e quando tornai cercai un lavoro che contenesse le mie passioni, ossia la scrittura o la dimensione del colloquio, della relazione. Sono affamata di relazioni.

Cosa fai oggi?

Da vent’anni lavoro nelle aziende. Nei primi quindici sono stata una cacciatrice di teste, mentre da due anni e mezzo sono una manager all’interno della direzione del personale in una multinazionale. Inoltre, nel 2010 ho aperto uno studio di consulenza filosofica a Milano.

Hai pubblicato anche dei libri.

Scrivo saggi di stampo filosofico. Nel 2019 uscì ‘Da Dio, da solo’, una raccolta di pensieri e riflessioni nata dall’ascolto di centinaia di persone in una saletta colloqui aziendale. Spunti e domande per portare consapevolezza al proprio interno. A breve ne pubblicherò un altro.

Nessuna nostalgia della vita precedente?

Professionalmente parlando no. Ho un compagno, due figli e sono davvero felice della scelta fatta. Mi manca invece quella capacità di divertirsi, di stare assieme, di essere leggeri, di essere uniti per raggiungere lo stesso obiettivo. I miei migliori amici appartengono a quel mondo lì. L’esperienza a Disney Channel fu fortissima, vivemmo in simbiosi. Possiamo non sentirci per mesi, ma il legame resta. Con Alvin siamo come fratelli.