Home Notizie A testa alta – I martiti di Fiesole, Lavinia Guglielman a Tvblog: “È una pagina della nostra storia che non deve essere dimenticata”

A testa alta – I martiti di Fiesole, Lavinia Guglielman a Tvblog: “È una pagina della nostra storia che non deve essere dimenticata”

Lavinia Guglielman, tra i protagonisti del film tv di Raiuno in onda questa sera, racconta a Tvblog questa esperienza.

pubblicato 2 Giugno 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 07:20

Questa sera su Raiuno andrà in onda il film tv diretto da Maurizio Zaccaro A testa alta – I martiri di Fiesole, che racconta le gesta di tre eroici carabinieri che hanno scelto la morte per salvare dieci abitanti di Fiesole dalla furia tedesca, durante la seconda guerra mondiale. Siamo nell’estate del 1944 e cinque carabinieri che si trovano di stanza a Fiesole appoggiano la Resistenza. Tre di loro decidono di sacrificarsi per salvare la vita a dieci civili presi in ostaggio dai nazisti. La messa in onda del film tv non è casuale: oggi si festeggia infatti il bicentenario dell’Arma dei Carabinieri.

Noi di Tvblog abbiamo intervistato una delle protagonisti femminili della pellicola, Lavinia Guglielman, per farci raccontare le emozioni di questo set. Lavinia è nota al grande pubblico televisivo per aver impersonato nelle prime due stagione di Distretto di polizia Lavinia Scalise, la figlia del commissario interpretato da Isabella Ferrari, ma inizia a recitare quando è solo una bambina, quando viene scelta da Cristiana Comencini per affiancare Virna Lisi in Và dove ti porta il cuore.

Ti vedremo questa sera nel film tv A testa alta – I martiri di Fiesole. Cosa puoi raccontarci del tuo personaggio?

Interpreto Lisetta, una ragazza di vent’anni, una contadina muta che nutre dei sentimenti nei confronti di uno dei carabinieri protagonisti della storia, interpretato da Ettore Bassi. Partiamo intanto dal presupposto che il film è ambientato negli anni della seconda guerra mondiale e in quell’epoca la donna si comportava diversamente rispetto ai nostri giorni e aggiungiamo il fatto che la sua condizione di ragazza muta le fa utilizzare un altro linguaggio, quello degli occhi e del corpo, in modo molto più ingenuo, più puro, di quello a cui siamo abituati a vedere oggi.

I Martiri di Fiesole racconta una storia vera, accaduta come spiegavi poco fa negli anni della seconda guerra mondiale. Come ti sei preparata per questo ruolo, sei tornata sui libri di scuola?

Sì. Intanto preciso che è la prima volta che mi capita di interpretare qualcosa in costume. Poi c’è da dire che l’episodio dei Martiri di Fiesole è un episodio poco noto della nostra storia, che non viene fatto studiare a scuola, quindi ben venga la tv quando fa vedere anche queste cose, quando vuole parlare di cose importanti del nostro passato.

Quali sono gli aspetti del tuo personaggio che più ti hanno colpita?

Sicuramente la sua ingenuità disarmante e la sua inesperienza, lo sguardo pieno di speranza nel poter cambiare le cose. È un’eroina, poi si vedrà nel corso della storia, è un bel personaggio femminile, come se ne scrivono pochi nel nostro Paese. Infatti ne sono molto orgogliosa. Pur essendo una donna di altri tempi è comunque molto attuale, una ragazza da cui prendere esempio.

C’è qualcosa che ti accomuna a Lisetta, nonostante le evidenti differenze, a iniziare dall’epoca?

C’è molto di me in lei, anche perché io quando interpreto un personaggio cerco di portare tanto di mio, ovviamente adattandolo a ciò che il regista mi chiede. In questo caso, io ho di mio una base di ingenuità, che non è certo quella di Lisetta, ma ho cercato di esasperare in qualche modo. In questo mi sono fatta aiutare molto da Maurizio Zaccaro, nel cercare di comunicare quanto più possibile con gli occhi, con il linguaggio del corpo. Poi noi attori spesso non ci rendiamo conto di quanto possa essere fore questo tipo di comunicazione. È stata davvero una bella sfida, anche perché non capita spesso.

Hai nominato Maurizio Zaccaro e quindi prendo la palla al balzo per un’altra domanda. È la seconda volta che lavori con lui, quindi immagino sia sempre una grande soddisfazione essere riconfermata da un regista…

Sono passati tanti anni: la prima volta che ho lavorato con Maurizio era il 1998, in occasione del film Un uomo per bene, sulla storia di Enzo Tortora. Ero molto piccola, è passato tanto tempo e io sono cresciuta umanamente e professionalmente, però il fatto che lui abbia riposto la sua fiducia in me, abbia creduto in me, mi riempie di orgoglio. Vuol dire che ho lavorato bene con lui la prima volta e che ha stima di me come professionista.

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C’è qualcosa in particolare che ricorderai di questa esperienza?

Ho incontrato dei colleghi meravigliosi. Poi si instaura molto spesso un buon rapporto coi colleghi sul set, però spesso capita anche che oltre il set non si continui questo rapporto. In questo caso, invece, con alcuni degli attori ho mantenuto un bel rapporto di amicizia. Nel cast poi c’è anche Alessandro Sperduti, che interpretava mio fratello in Distretto di polizia, quindi mi sono sentita proprio a casa, nonostante sia stato un set molto duro perché è un film impegnativo.

Perché il pubblico dovrebbe seguire A testa alta?

Merita perché è una storia che fa provare delle forti emozioni a livello sentimentale, e poi è un modo per conoscere più a fondo gli eroi che abbiamo avuto nel nostro Paese, anche solo per conoscere una pagina della nostra storia che non deve essere dimenticata e che non deve accadere mai più.

Sei arrivata a fare questo mestiere per caso, quando eri solo una bambina. Che ricordi conservi di allora?

Intanto ricordo la soggezione all’inizio, accanto a una grande attrice come Virna Lisi, che nonostante fossi bambina conoscevo per averne visto i film. Lei però è stata fantastica con me, mi ha fatto un po’ da nonna sul set, e non solo per esigene di copione. Ricordoo la Comencini e quanta pazienza ha avuto con me. Mi ha visto nascere come attrice, mi ha “battezzata”. È un ricordo molto tenero, quello che ho quando mi guardo indietro.

Credi che si nasca con la propensione a fare questo lavoro o lo si può diventare con tanto studio e impegno?

Secondo me una base di talento naturale, una predisposizione, ci deve essere, ma non basta. Bisogna studiare tanto, coltivare il talento, perché ce ne sono tanti, ma non sempre hanno la pazienza e la dedizione. Ci vuole costanza, ci vuole sacrificio. È un lungo percorso.

Negli ultimi anni ti sei divisa tra cinema e televisione: hai una predilezione per uno o per l’altra?

L’importante è sempre fare le scelte giuste, fare delle cose belle. Queste ultime si possono fare al cinema o in televisione, quindi non ho una prefenza. Basta che si tratti di cose di qualità e che riescano a farmi crescere professionalmente.

Quale è l’esperienza professionale a cui sei più legata?

Distretto di polizia, perché ci ho lavorato per due anni. Ne conservo un ottimo ricordo, anche perché sono state le prime due stagioni, la prima serie che parlava della polizia e che ha poi dato vita a un genere. Mi ha fatto conoscere al grande pubblico e ho sentito davvero il loro affetto, che sento ancora oggi. Sarà poi che io sono cambiata poco in questi anni, ma le persone ancora mi riconoscono per strada.

Per chiudere e salutarci, c’è un ruolo che speri di interpretare presto, in tv o al cinema?

Mi piacerebbe interpretare una commedia, visto che mi hanno dato sempre ruoli drammatici. Io invece nella vita sono una persona dalla battuta sempre pronta, sono molto autoironica, mi prendo molto in giro e faccio ridere tutti. E questa è una cosa che forse per il mio aspetto un po’ serioso non viene vista. Io invece voglio sfatare questo mito e fare una bella commedia italiana come quelle che sappiamo fare noi.