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Robert Durst, un fuori onda nel documentario della Hbo fa arrestare l’uomo accusato di tre omicidi

Robert Durst è stato arrestato con l’accusa di omicidio poche ore prima di un fuori onda di un documentario della Hbo in cui ammetterebbe il reato

pubblicato 17 Marzo 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 17:16

“Che diavolo ho fatto? Li ho uccisi tutti io”. Con questa terribile frase si è concluso, domenica sera, “The Jinx: The Life and Deaths of Robert Durst”, documentario in sei puntate andato in onda sulla Hbo, diretto da Andrew Jarecki e con al centro le accuse di omicidio rivolte a Robert Durst, milionario ereditiere di una catena immobiliare.

Il programma voleva semplicemente raccontare le vicende di cronaca in cui si è ritrovato Durst, personaggio che nel corso della sua esistenza è stato accusato di omicidio per tre volte, ammettendo di aver ucciso un uomo una volta. Il documentario, invece, ha avuto una sorprendente confessione dell’uomo, che -non è chiaro se consapevolmente o no-, avrebbe ammesso ad alta voce di aver commesso i tre omicidi di cui è sospettato.

La presunta confessione è avvenuta poco dopo aver girato l’ultima puntata del documentario: alzandosi per andare in bagno, Durst si dimentica di togliere il microfono, che non viene spento dalla produzione. In questo modo, il regista riesce a sentire la confessione sopra riportata.

Non sembrerebbe un caso se sabato scorso Durst è stato arrestato in un hotel di New Orleans con l’accusa di omicidio di primo grado nei confronti dell’amica Susan Berman, figlia di un boss mafioso uccisa con un colpo di pistola nel 2000 e per cui l’uomo era stato sospettato colpevole.

Ma Durst aveva già avuto guai in passato quando, nel 1982, sparì sua moglie, Kathie McCormack, il cui corpo non è mai stato ritrovato: anche in quel caso, Durst fu accusato di avere a che fare con la sparizione della donna, ma le accuse rimasero tali.

L’unico omicidio che Durst ha confessato è stato quello di Morris Black, avvenuto nel 2001 in Texas. Durst si trovava in un’abitazione vestito da donna, per sfuggire alla pressione dei media che lo stavano tenendo d’occhio per il caso Berman. L’uomo ha ammesso di aver ucciso Black, vicino di casa, e di averne smembrato il corpo, ma per legittima difesa, una linea che fu sufficiente per la Corte per rilasciarlo.

La svolta alle indagini avviene, appunto, poche ore prima della messa in onda del finale del documentario, quando la polizia entra in possesso di nuove prove contro Durst: sebbene non sia menzionata la registrazione fuori onda e sia citata solo una lettera scritta alla Berman e che sembra firmata da Durst, la registrazione potrebbe essere stata risolutiva nel convincere le forze dell’ordine ad arrestare l’uomo.

Che si tratti di un caso o della volontà dello stesso Durst di fare questa presunta confessione non è certo: quello che risalta, in questa vicenda, è come da un documentario realizzato senza alcun intento di voler riaprire delle indagini si sia arrivati ad una conclusione del genere. Il lavoro giornalistico, quando svolto senza morbosità ma con la curiosità che la ricerca della verità provoca in chi lo pratica, può portare anche a questi risultati, per quanto inquietanti possano essere le rivelazioni che si scopre di avere da un fuori onda.