Home Notizie Gianni Ippoliti: l’orgoglio di stare nelle retrovie

Gianni Ippoliti: l’orgoglio di stare nelle retrovie

Gianni Ippoliti è una di quelle identità misteriose e indefinite dello scenario televisivo. Lui c’è, comunque vada, ma senza mai un’utilità ben precisa. Più che una scelta, la sua è la reazione obbligata di chi non può fare altrimenti. Eppure, ne vorrebbe e ne potrebbe fare di cose visto che l’intelligenza e la preparazione in

8 Maggio 2007 21:48

gianni ippoliti Gianni Ippoliti è una di quelle identità misteriose e indefinite dello scenario televisivo. Lui c’è, comunque vada, ma senza mai un’utilità ben precisa. Più che una scelta, la sua è la reazione obbligata di chi non può fare altrimenti. Eppure, ne vorrebbe e ne potrebbe fare di cose visto che l’intelligenza e la preparazione in materia televisiva non gli mancano.
E’ così che, intervistato dall’ottimo Andrea Scarpa su Vanity Fair, ribadisce di non voler lamentarsi, perchè comunque si è divertito per almeno dieci anni facendo la tv come voleva lui. Ora le cose sono cambiate e, anzichè essere titolare di uno show tutto suo, si limita a curare una rubrica di rassegna stampa televisiva all’interno di Mattina in famiglia:

“Grazie a Guardì lavoro. Ho trovato l’unico spazio dove, in Rai, posso fare le mie piccole cose. Tranne la mattina, i telegiornali e lo sport, in azienda si è appaltato tutto. La Rai è già stata privatizzata. Bisogna prendere atto che è finita un’epoca e niente è come prima. In tv, oggi, dominano i format. Qualcuno deve produrli, ovviamente all’esterno dell’azienda, così girano molti più soldi e più potere. Pare che la Rai abbia undicimila dipendenti che non fanno praticamente nulla”.

Eppure, Ippoliti dice di avere un sacco di idee da parte, visto che ha riempito l’armadio di cassette con decine di numeri zero:

“Se io ho una buona idea che si potrebbe addirittura produrre in Rai, a basso costo, non interesserà mai nessuno proprio per il discorso di cui sopra. Quel sistema ormai è legge. Meno male che ho avuto la fortuna di aver fatto Tv con i direttori veri, quelli che la sapevano fare sul serio. Quelli come Angelo Guglielmi di Raitre o Roberto Giovalli di Italia1. Li chiamavi, ci parlavi e, se il progetto piaceva, si faceva”.

A parte il male del secolo televisivo, che è quello dei programmi importati dall’estero, Ippoliti insinua che c’è chi ha visto decuplicato il proprio cachet esclusivamente per motivi politici. Per questo, in confronto, lavorare in un programma per famiglie gli sembra un miracolo: uno spazio che all’inizio doveva essere di tre minuti ora, a volte, arriva a ventitré. E, diciamo la verità, la sua satira nei confronti di certe riviste del settore è davvero insuperabile, a partire dalla sagacia mostrata nel dissacrare i consigli di cucina con il fornello spento o i finti scoop gonfiati sino all’inverosimile. E’ davvero un peccato che non basti, visto che lui fa tutto da solo con costi pressoché nulli mentre qualcun altro, a suo dire, si circonda di un esercito di autori inutili, se non per dividersi la torta e pesare economicamente sui bilanci:

“Che cosa posso fare? Per me c’è spazio solo all’interno di programmi già strutturati. Infatti ogni tanto vado da Simona Ventura a Quelli che il calcio, al Grande Talk su Sat2000, da Massimo Giletti a Domenica In. Non sono e non voglio essere legato a nessun carro”.

La delusione arriva dinanzi all’ingratitudine di certi vecchi amici. Ippoliti, infatti, si dichiara scontento di non essere stato neanche citato da Luca Laurenti nella sua autobiografia, quando è stato proprio lui a portarlo a Cologno Monzese la prima volta. Idem nel caso di Isabella Ferrari, che debuttò nel programma che faceva al seguito del Giro di Italia del 1979 per poi andare da Boncompagni.
Dunque, rifacendo un po’ i conti e sorvolando sulla recente carriera da opinionista esperto del mezzo, com’è nato televisivamente parlando Gianni Ippoliti? Ebbene, a metà degli anni Settanta a Roma scriveva per un giornale di mondanità e un paio di volte lo fotograforono al Jackie O’ con personaggi famosi come Rosa Fumetto o Grace Jones. Visto che nessuno sapeva chi fosse, sui rotocalchi rosa scrissero che era un misterioso playboy. Lo notò Stefania Rotolo, che gli chiese di portare i personaggi famosi come ospiti del suo Piccolo Slam. Lo fece e aspetta ancora dalla Rai di essere pagato per quel lavoro. La sua parabola professionale è poi proseguita con il programma Provini, da cui passarono personaggi poi diventati famosi, e Non è mai troppo tardi, senza dimenticare le irresistibili clip da inviato per il Festival di Sanremo. Ora che la vita in discoteca è solo un vecchio ricordo, Ippoliti combatte con le proposte di partecipazione ai reality: ha rifiutato di andare all’Isola dei famosi perchè si era già impegnato con Ballando con le stelle, dove sarebbe stato preso con l’intento ben preciso di fare polemica. Cosa che, ci tiene a sottolineare, non è mai avvenuta.
Dopotutto, ora a è contento, perchè dopo essersela spassata in gioventù da militante della tivvù, ha trovato da adulto un equilibrio nelle retrovie. Ciò non toglie che Ippoliti rappresenti un monumento della tv di stato, di cui conosce vita morte e miracoli molto più di certi suoi colleghi iperpresenzialisti o immeritatamente sotto contratto. Quelli come lui la passione per la televisione te la fanno arrivare dritta al cuore (e di questi tempi è dote assai rara).