Home Notizie Michele Santoro a Mario Monti: «Il servizio pubblico non può assomigliare ad una banca»

Michele Santoro a Mario Monti: «Il servizio pubblico non può assomigliare ad una banca»

Il giornalista nel corso della puntata di Servizio Pubblico del 3 maggio 2012 ironizza sulla candidatura di Minoli e parla del suo progetto e della meritocrazia.

pubblicato 3 Maggio 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 05:00


Nella puntata di Servizio Pubblico in onda, Michele Santoro ha fatto un monologo centrale per parlare della sua candidatura alla dirigenza della Rai insieme a Carlo Freccero presidente. E nel farlo, si è rivolto anche a Mario Monti ed ha ironizzato sulla candidatura di Giovanni Minoli, spiegando anche le ragioni prime della sua (auto)proposta.

Santoro e Freccero hanno portato i loro curricula perché vengano valutati da Mario Monti e da chi dovrà occuparsi (da domani) delle nomine per il nuovo cda Rai e l’hanno fatto, spiega Santoro

«per affermare un principio che dovrebbe sempre valere per le cariche pubbliche».

Ovvero, la necessità di avere competenze specifiche e di renderle palesi pubblicamente, per una valutazione meritocratica. Poi Santoro ha detto di essere rimasto sorpreso da quanto letto oggi sul Corriere della Sera:

«Questa mattina apro il Corriere della sera e trovo un articolo in perfetto stile anglosassone, come Totò, proprio, uguale, il quale articolo dice che Minoli ci ha anticipato e si è candidato per la dirigenza della Rai L’ha fatto bruciandoci, per cui, sempre secondo il Corriere della sera Minoli è arrivato primo, io e Freccero siamo arrivati, non si sa, forse non pervenuti, e il CorSera è riuscito a fare un megascoop, a carpire una notizia che era rimasta segreta».

Santoro ironizza, poi, sulla differenza di sfumatura: Minoli si è candidato, Santoro e Freccero si sono autocandidati. Quale sarebbe la differenza? Forse Minoli non si è candidato da solo?

Infine, il gionalista ha spiegato cosa vorrebbe dire a Monti.

«Ma caro Presidente del Consiglio, lei si rende conto che se noi vogliamo avviare la crescita abbiamo bisogno di una televisione che la crescita la anticipi? Perché la cultura deve venire prima. Noi siamo in un sistema liberale, non in Cina. Prima deve venire la cultura, dopo si produrrà un sistema economico più civile. E quale tipo di televisione lei si sente di fare?

Sviluppo economico vero vuol dire avere una televisione aperta a tanti punti di vista, non soltanto a quello che riproduce il pensiero dominante. Aperta anche a quelli più distanti dalle posizioni del governo.

E poi andandomene direi: lei come la vuole, questa televisione? Minoli, gassata o Freccerella? Oppure la vuole spread? Perché se la vuole spread, il servizio pubblico a tutto può assomigliare, tranne che ad una banca».