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Web Tv: l’AgCom limita i danni del Decreto Romani

Una tassa insostenibile, regolamentazione parificata alle tv tradizionali e una ridda burocratica con annessi lacci e lacciuoli. Questo prevedeva il Decreto Romani per le Web Tv: uno scenario che avrebbe, di fatto, chiuso qualsiasi possibilità di creare e gestire “micro tv” su Internet. L’AgCom ieri ha disinnescato questa autentica bomba ad orologeria: L’AgCom ha approvato

pubblicato 26 Novembre 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 10:48


Una tassa insostenibile, regolamentazione parificata alle tv tradizionali e una ridda burocratica con annessi lacci e lacciuoli. Questo prevedeva il Decreto Romani per le Web Tv: uno scenario che avrebbe, di fatto, chiuso qualsiasi possibilità di creare e gestire “micro tv” su Internet. L’AgCom ieri ha disinnescato questa autentica bomba ad orologeria:

L’AgCom ha approvato i regolamenti relativi ai servizi audiovisivi lineari e a richiesta diffusi via Internet, apportando una drastica semplificazione. I regolamenti si applicheranno solo ai soggetti professionisti con ricavi radiofonici e televisivi superiori a 100mila euro annui. Non e’ previsto alcun regime di autorizzazione, ma gli operatori potranno valersi di un meccanismo di silenzio-assenso. Escluso il pagamento di canoni annuali, ma solo un contributo una tantum di 500 euro per i servizi tv e di 250 euro per quelli radiofonici. Nessun vincolo burocratico per tutti gli altri soggetti operanti sulla rete.

La Femi, Federazione Italiana delle Micro Web Tv che aveva lanciato l’allarme, festeggia una vittoria storica. Soltanto i soggetti con ricavi superiori ai 100 mila euro annui saranno sottoposti alla tassazione, tutti gli altri potranno continuare ad operare sulla rete senza sottostare ad obblighi che in alcuni casi erano semplicemente paradossali per la rete internet, come il “rispetto delle fasce protette per i minori“, un controsenso rispetto al concetto stesso di video on demand.

Si può dunque esultare, ma da qui a stare veramente tranquilli ce ne corre. Il regolamento prevede comunque che anche siti come YouTube, cioè con video creati dagli utenti, saranno soggetti alle norme se è individuabile una responsabilità editoriale da parte del portale e se questo si pone in concorrenza con le tv tradizionali.

Un meccanismo complesso e discrezionale (e per questo pericoloso) che finisce comunque per equiparare i “filmati” su internet alla tv trasmessa via etere. In rete le reazioni sono le più disparate. Alessandro Gilioli, parla senza mezzi termini di:

E’ un altro, ennesimo, tentacolo del conflitto d’interessi, declinato in una norma che strozza l’innovazione del Paese al solo scopo di garantire e perpetuare la rendita di posizione di un’azienda privata, quella del premier.

Questo provvedimento, anche nella nuova formulazione, rende la vita più semplice a Mediaset che, con un atteggiamento di chiusura che ha pochi precedenti nel resto del mondo (e nessuno fra le altre tv italiane), è impegnata da anni in una sanguinosa guerra contro YouTube che punta a valorizzare il proprio portale video ritenendo qualsiasi altro tipo di diffusione delle trasmissioni RTI una violazione del copyright.