Home Nove Accordi & Disaccordi, Andrea Scanzi a Blogo: “Una stagione difficile e indimenticabile, ma mi piacerebbe avere meno veti dai politici. Il sogno? Un programma in stile Blitz”

Accordi & Disaccordi, Andrea Scanzi a Blogo: “Una stagione difficile e indimenticabile, ma mi piacerebbe avere meno veti dai politici. Il sogno? Un programma in stile Blitz”

Alla vigilia dell’ultima puntata facciamo il punto su una stagione complicata ma di successo del programma di Nove con una doppia intervista ai conduttori: il bilancio di Andrea Scanzi.

pubblicato 25 Giugno 2020 aggiornato 30 Agosto 2020 00:18

 

“Il mio bilancio su questa stagione di Accordi & Disaccordi? Molto positivo. In questi mesi, segnati da eventi enormi, le persone non solo si sono affezionate, ma hanno scelto di affidarsi a noi e di fidarsi di noi. È stata una stagione davvero ricca sul piano professionale e umano. Sono davvero fortunato”.

Così Andrea Scanzi sigilla questa lunga e difficile stagione di Accordi & Disaccordi, che si conclude domani, venerdì 26 giugno, alle 22.45 su Nove con un appuntamento che vede ospite Massimo Cacciari. Una stagione lunga e difficile, abbiamo detto, ma dagli ascolti record: la scorsa settimana si è arrivati a 700.000 telespettatori per il 3,8% di share in seconda serata, clou di un crescendo coinciso col periodo più difficile della storia recente, la diffusione della pandemia prima e il duro lockdown successivo, con le Fasi 2 e 3 a segnare una forma di ripresa che lascia più punti interrogativi che certezze.

Una stagione da ricordare e non solo per gli ascolti, quindi: in un contesto televisivo che ha visto l’intrattenimento spegnersi progressivamente e moltiplicarsi gli spazi informativi nel tentativo di raccontare qualcosa che sfuggiva ai canoni, Accordi & Disaccordi ha di fatto mantenuto ferma la propria idea di racconto. Abbiamo avuto modo di notarlo anche con Luca Sommi, altra voce del programma e altra ‘parte’ di questa doppia intervista che tiene uniti, sia pur a distanza, le due anime del programma, ricalcando un po’ la formula adottata negli ultimi mesi di questa stagione anomala, con Sommi in studio a Roma e Scanzi in collegamento da Arezzo. E proprio di questa edizione sui generis, degli escamotage anche curiosi necessari per andare in onda, del contesto tv attuale e della filosofia di un programma che ha saputo intercettare un pubblico alla ricerca di certezze in mesi di altalene, abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Andrea Scanzi, che ringraziamo per il tempo e anche per i sorrisi.

Accordi & Disaccordi è cresciuto nel tempo e negli ascolti: come dicevi, il pubblico si è affidato e si è fidato. Ma evidentemente c’è stato qualcosa di più in questa annata così particolare…

Non credo che il successo di questa ultima stagione dipenda da una bravura particolare, perché noi siamo sempre gli stessi e il programma ha continuato a essere quel che il pubblico aveva iniziato a conoscere. Negli ultimi due anni i telespettatori si sono un po’ abituati a venirci a trovare su Nove in seconda serata. Ma l’arrivo del virus ha spinto tutti noi, me incluso, a cercare persone che ci dessero delle indicazioni affidabili, persone e programmi meritevoli di fiducia. Il nostro è un format essenziale, quasi scarno, con poche persone che parlano, spiegano, informano, non si accavallano, sono garbati. Accordi & Disaccordi è una sorta di  microcosmo. E il pubblico avrà anche visto che anche Travaglio e Scanzi che di solito sono così irruenti qui hanno mantenuto stili più rifiniti: così si sono affidati e fidati di noi in uno dei momenti più difficili della nostra storia repubblicana. Un mix che ha permesso al nostro piccolo programma di avere più fortuna del solito.

Il tutto, però, è avvenuto in un contesto televisivo paradossalmente più competitivo del solito, vista la moltiplicazione di spazi di approfondimento e di informazione, la trasformazione dell’intrattenimento in copertura news, lo spegnimento progressivo dell’intrattenimento stesso per obblighi sanitari e opportunità di mercato. Nonostante questo il programma è cresciuto. E allora torniamo al cuore del format, quell’essenzialità della domanda, e ancor di più della ricerca della risposta, che resta il vostro core-business. come l’ha definito Sommi. Un aspetto che il più delle volte manca nell’approfondimento giornalistico di casa nostra.

Intanto ti ringrazio dell’analisi. In effetti è probabile che ci sia da considerare anche questo aspetto nel mix cui facevo riferimento prima: il nostro è un format semplice, facciamo domande chiare e garbate e il momento storico ha aiutato a focalizzare ancor meglio l’efficacia del format. Credo anche che c’entri anche la sintonia con Luca: siamo una strana coppia, ci somigliamo tantissimo ma al tempo stesso siamo anche molto diversi. Là dove lui ha più interesse a temi economici io punto magari più sugli aspetti più squisitamente politici, ma funziona. E poi non è vero che il format non è cambiato.

In che senso?

Beh, nelle primissime puntate gli ospiti erano due, con l’idea di mettere l’uno di fronte all’altro due persone antitetiche e provocarle un po’ per vedere ‘l’effetto che fa’. Da qui anche il titolo, che va detto è tutto merito di Luca. Ma era una cosa già vista, anche se in genere si tende ad avere anche due conduttori opposti, cosa che invece noi abbiamo scelto di non fare da subito. E a proposito di scelte, abbiamo rapidamente deciso di passare all’ospite unico, aspetto che paradossalmente ci ha aiutato anche perché è un’anomalia nel panorama tv italiano. Due conduttori che intervistano una sola persona è ‘stramba’ come cosa, ma ha funzionato.

Chiacchierando anche con Luca Sommi, si è ragionato sulla vostra capacità di intervistare quasi come su una partitura, ma ho capito che non concordate nulla e che procedete su una sorta di ‘canovaccio’ tarato sui topic di puntata introdotti dalle schede. Più che una partitura viene da dire che la vostra sia una conduzione ‘jazz’…

(Ride) Guarda, se ti facessi vedere la nostra scaletta ti metteresti le mani nei capelli. “Io di scalette così dementi non ne ho mai viste” mi dice sempre la mia compagna, anche lei giornalista e ben consapevole di come funziona ‘normalmente’ un programma tv. C’è alla base un feeling naturale con Luca: lasciami anche dire che fare Accordi & Disaccordi è come una serata tra amici, a casa, con Luca e Marco (Travaglio, ndr).

Nonostante sia come stare a casa, questa stagione ha messo tutti a dura prova: qual è stato il momento più difficile? E quale quello più soddisfacente da un punto di vista professionale?

In effetti il momento più difficile è coinciso con l’inizio del lockdown: col divieto di spostamento ci siamo resi conto davvero che saremmo stati chiusi in casa per mesi e con me ad Arezzo e Luca a Parma sarebbe stato davvero complicato portare avanti il programma con conduttori e ospiti tutti in collegamento. Sono seguiti giorni concitati di messaggi con la rete e la produzione, ma alla fine dobbiamo ringraziare Luca che si è sacrificato rimanendo a Roma in studio, con me in collegamento. E non ti dico in quali condizioni…

Beh, il lockdown ha sicuramente violato la sacralità domestica, gli spazi privati…

No, no, guarda ti interrompo subito (e sorride). La verità è che nei tre mesi di lockdown io ho fatto tutti i miei collegamenti dal bar di proprietà della moglie del mio cameraman, nella periferia di Arezzo. Te lo giuro (e continua a sorridere, divertito e ancora quasi stupito di quello che sono riusciti a fare per settimane). Una situazione bellissima e surreale registrare in questo bar piccino che vende anche tabacchi, con un monitor piccolo e lontanissimo, dal quale vedevo davvero poco. Anche per questo non mi sono neanche reso conto della commozione del premier Giuseppe Conte quando fu nostro ospite. Devo dire fu tutto bizzarro: bizzarro registrare da un bar di periferia dialogando magari in prima serata col Presidente del Consiglio e rendendosi conto solo a fine puntata della sua commozione… Una dimensione davvero strana, anche perché condurre un programma a distanza ti mette in una condizione intermedia che fa di te un po’ padrone di casa un po’ ospite in collegamento. Una circostanza da ‘interno ed esterno’ davvero straniante, ma in quei mesi è davvero successo di tutto.

Ecco, ricordo molto bene quella puntata: era il 1° aprile, avevate un prime time con ospite il Premier dal quale aspettavamo tutti nuove direttive su lockdown e decreti. Per un momento ho pensato che parlasse alla nazione proprio da Accordi & Disaccordi. Proprio perché si aveva la sensazione che tutto fosse possibile per un attimo ho pensato potesse accadere anche questo….

Devo dire che quell’intervista è proprio il momento per me più significativo di questa stagione. Il fatto che il Presidente del Consiglio abbia deciso di venire da noi in quei giorni drammatici è stata davvero una grande soddisfazione professionale, ma è stata anche una intervista che mi ha umanamente colpito. Rispetto alla tua ipotesi, diciamo che ci siamo andati molto vicino, ma poi il Premier ha giustamente ritenuto opportuno fare una conferenza stampa, peraltro da remoto perché non era possibile fare neanche quelle. Dati e misure li ha detti prima a noi nel corso della registrazione, ma i telespettatori hanno potuto vedere la puntata solo dopo la conferenza. Ma come ti dicevo è una puntata a cui sono molto legato: è vero che io e Luca non ci siamo accorti subito della sua commozione, ma è anche vero che se pure ce ne fossimo accorti subito non ci saremmo comportati diversamente. Io non sono quel tipo di conduttore o di conduttrice che insisterebbe sulle lacrime, e puoi facilmente immaginare a chi io mi stia riferendo, né lo è Luca. Nonostante tutto una domanda in più non l’avrei fatta. Ed è stato un momento davvero inatteso e potente.

Stagione dal parterre ricco, con nomi che in alcuni casi hanno assunto un valore ancora maggiore proprio per il contesto storico in cui ci siamo trovati.

Ti confesso che ho un ricordo buono di tutti gli ospiti che ho avuto in questi mesi. Persino di Matteo Salvini, che venne a dicembre 2018: è stato corretto e ha accettato anche certe domande sotto la cintura. Ma se ripenso agli ultimi tre mesi, devo dire che sono successe davvero cose molto toccanti, tra fuorionda in cerca di rassicurazione e confidenze preoccupate anche con persone con le quali in precedenza c’erano stati degli scontri. Eravamo tutti davvero terrorizzati e l’atteggiamento è stato quello di fare squadra, per poi magari tornare a litigare in tempi migliori. Ad Accordi & Disaccordi abbiamo fatto quello che avrebbe dovuto fare la politica: mentre la politica ha continuato a urlare da noi chi è venuto ha messo da parte le eventuali antipatie per me o per Marco per andare tutti verso una stessa direzione.

Si diceva del parterre di ospiti…

Da un punto di vista professionale ho di questi mesi davvero un bellissimo ricordo e non solo per Conte: Galli è stata una persona splendida, Calenda è sempre stato un ospite di altissimo livello anche umano anche se spesso non ne condivid le posizioni, lo stesso Di Maio sembrava veramente l’opposto del grillino pasdaran nel 2018 e non l’avevo mai visto così commosso e ‘bastonato’ come nella puntata realizzata negli scorsi mesi.

Il virus ha quindi diradato delle foschie per alcuni versi, ma per altri ha alimentato nuovi fenomeni sociali, comunicativi e se vuoi anche politici. Hai appena pubblicato un libro che ha per titolo “I cazzari del virus”: ecco, ma chi sono?

Intanto mi ci metto anche io perché la prima parte del libro è dedicata a tutti quelli che hanno sbagliato previsione. E anche io all’inizio ho sottovalutato il problema: non ho fatto l’aperitivo come Zingaretti ma ho sottovalutato la situazione. Del resto penso ci siano dei cazzari giustificabili, quelli che hanno sottovalutato l’epidemia mentre i medici e gli scienziati stessi ci tranquillizzavano: Burioni che da Fazio risponde che il pericolo da Coronavirus in Italia è pari a zero o l’OMS che spegne i timori indubbiamente sono fonti che tranquillizzano. I meno perdonabili sono quelli che hanno sbagliato da marzo in poi, come Salvini che voleva riaprire le chiese per Pasqua, Giorgia Meloni che  definisce criminale Conte, Renzi che voleva riaprire le scuole a inizio maggio. Insomma sono tutte quelle persone che hanno dato, temo, il peggio di sé stessi, politicamente parlando per carità, in un momento in cui invece dovevano fare la differenza. Ma sono tanti, eh: penso che Fontana e Gallera siano inarrivabili per quel che hanno fatto in Lombardia.

Si può pensare a un ‘cazzari del virus’ Fase 3? Oltre la soglia dei decreti, insomma?

La carrellata continuerebbe: penso a Salvini e alla figura da bischero fatta prima da Floris sul selfie senza mascherina alla scena indimenticabile delle ciliegie. Ma se avessimo voluto fare una puntata comica e trasformare per una sera Accordi & Disaccordi ne La Zanzara avremmo sicuramente invitato Pappalardo (sorride). Ogni tanto, per scherzare, lo propongo a Luca, ma a lui, solitamente sempre molto garbato, in questi casi parte proprio l’embolo (ride).

Chissà quindi che per la prima puntata della prossima stagione, tu non riesca a convincere Sommi a invitare Pappalardo (si ride). Ma a parte lui chi vorresti come primo ospite della prossima stagione?

Mi piacerebbe se tornasse Giuseppe Conte, per esempio. E se venisse Beppe Grillo, che non ha mai accettato il nostro invito, come del resto Renzi che anche quando era potente telefonava apposta per sincerarsi che nei programmi cui era invitato non ci fossi anche io. Anche Salvini ormai lo fa quando ‘contratta’ le ospitate a Otto e mezzo. Dopo “il cazzaro verde” me l’ha giurata, per cui non da noi non vengono neanche i salviniani. Ma vivo benissimo eh.

In effetti non sono pochi quelli che son venuti una sola volta, che non è mai venuto e c’è anche chi non ha mai neanche risposto agli inviti, come Matteo Renzi…

Vedi, a dir la verità mi piacerebbe che nella prossima stagione ci fossero meno veti nei nostri confronti. Sia chiaro, senza Renzi sopravvivo serenamente, ma devo dire che mi dispiace che questo atteggiamento continui anche ora che la formula del programma è ormai nota.  Accordi & Disaccordi è un programma difficile per un ospite ma non ce n’è mai stato uno che a fine puntata ci abbia guardato storto e ci abbia dato degli stronzi. Magari facciamo domande cattive, ma mai scorrette: per questo mi spiace che non solo i renziani non vengano, ma che neanche Zingaretti sia mai venuto e non si capisce perché. Ecco, mi spiace ci sia questa lunga lista, non a livello personale, ma per la rete, il programma e la redazione. Mi dispiace anche perché è sbagliato: sembra non capiscano che a venire ad Accordi & Disaccordi ci guadagnerebbero anche loro, ma è un passaggio che evidentemente non riescono a concepire.

Una stagione impegnativa e soddisfacente alle spalle, una prossima stagione di fatto già dietro la porta, visto che si chiude eccezionalmente a fine giugno e si potrebbe ripartire a inizio settembre. Ma c’è anche qualche altro progetto tv?

Diciamo che sto lavorando a un per la piattaforma Loft, quindi per ora riservato agli abbonati ma che potrebbe avere un futuro anche al di fuori: è un programma lontano dalla politica e dedicato al racconto di grandi personaggi del mondo della musica. E se funziona, chissà che non si riesca anche a portarlo altrove.

Un’apertura ad altri generi quindi?

Sì, ma guarda, ti confesso che non ho la fregola del programma televisivo tutto mio. Un po’ perché ce l’ho già con Luca e Marco e ne sono contento, un po’ perché io in televisione ci sto anche troppo eh e se il pubblico vuole sa che può trovarmi da Lilli (Gruber, Otto e Mezzo, ndr) e da Bianca (Berlinguer, #Cartabianca). E poi non ho questo grande mito della conduzione in solitaria, men che meno se si tratta di un programma politico: il massimo che posso fare politicamente è Accordi & Disaccordi.

Ma se invece ti proponessero qualcosa di diverso, che esula dalla politica o magari la tange solo?

Dunque, se un giorno mi dicessero di fare una cosa tipo “Che tempo che fa” o “Le invasioni barbariche”, insomma un programma di interviste che mi è sempre piaciuto fare e che facevo anche al tempo di Reputation per dire allora sì, mi piacerebbe. Un programma che alterna ospiti, generi, toni. Ecco, se proprio posso spingermi oltre, direi che mi piacerebbe fare è un programma stile Blitz di Gianni Minà…

Beh, stai evocando un programma che ha fatto epoca…

Se uno deve sognare (sorride)… Minà intervistava DeNiro, Mohamed Alì, De André, Gaber, aveva un parco umano meraviglioso…

… e come diceva Troisi “un’agendina” invidiabile, ricordando una celebre gag in Alta Società con Pino Daniele ospite d’onore.

(Sorride) Esatto! Quello è l’unico sogno che potrei avere per una conduzione tutta mia. Altrimenti quello che ho in televisione, a teatro, con i libri va più che bene. Non posso avere più di così, ecco:  sono fortunatissimo e spero che duri, ma è fin troppo quello che ho.

Una consapevolezza non da tutti. Chapeau.

Nove