Home Le Iene, speciale strage di Erba, Antonino Monteleone a Blogo: “Noi rigorosi e professionali. Franca Leosini mi ha deluso”

Le Iene, speciale strage di Erba, Antonino Monteleone a Blogo: “Noi rigorosi e professionali. Franca Leosini mi ha deluso”

L’inviato del programma di Italia 1, promosso a conduttore per una puntata speciale de Le Iene, risponde alle critiche (anche di Selvaggia Lucarelli)

pubblicato 29 Gennaio 2019 aggiornato 31 Agosto 2020 01:58

Stasera in prima serata su Italia 1 arriva ‘Le Iene presentano: Rosa e Olindo, due innocenti all’ergastolo?’, speciale dedicato alla strage di Erba. Alla conduzione Antonino Monteleone, l’inviato che da settembre si sta occupando per la trasmissione di Davide Parenti di uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi anni: l’11 dicembre 2006 vennero uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, fu ferito gravemente alla gola. Per la strage sono stati condannati in via definitiva i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa delle vittime.

In occasione di questo appuntamento speciale (regia Antonio Monti), verranno ripercorsi i momenti chiave della vicenda e tutte le anomalie finora emerse. Inoltre, verranno presentati nuove testimonianze clamorose (Chemcoum Ben Brahim, considerato irreperibile durante il processo) elementi e documenti fino a oggi mai mostrati in tv (come l’intercettazione mai ascoltata in tv di Pietro Castagna che cerca di procurarsi una nuova sim card). Blogo ha intervistato Monteleone, negli scorsi mesi criticato per quella che per taluni è un’operazione strumentale e revisionista.

La sensazione è che lo speciale de Le Iene sia un modo per contro-replicare a Franca Leosini che di recente – senza mai citare Le Iene – è tornata su Rai3 con una puntata speciale di Storie maledette dedicata proprio alla strage di Erba?

Franca Leosini è un mostro sacro del racconto della cronaca nera italiana. Il ritorno di Storie Maledette era programmato a marzo. Ma ha deciso di fare un ‘fuori programma’ sulla Strage di Erba cinque giorni dopo l’inizio della nostra pausa invernale (11 dicembre). L’ho seguito, da appassionato del suo modo di raccontare, e mi sarei aspettato qualcosa di più. Mi ha deluso. Lo spettatore che non aveva mai sentito parlare della strage di Erba, si sarà sentito spaesato.

Da dove nasce l’esigenza di approfondire un caso giudiziario chiuso con una sentenza definitiva e con tanto di confessione dei colpevoli?

Intanto sulla base di un fatto di attualità. E mi riferisco alla distruzione di alcuni reperti (tra gli altri un guanto di lattice; una tenda; un mazzo di chiavi; un telefono cellulare) che erano stati rinvenuti sulla scena del crimine e non erano stati analizzati. La difesa lo chiedeva da quando è arrivata la condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Al termine di un rimpallo di competenze molto sofisticato tra le Corti d’Appello di Brescia e Como, che è durato cinque anni, la Cassazione ha stabilito quello che in realtà la difesa chiedeva dall’inizio: analizzare i reperti in autonomia. Peccato che in quella stessa mattinata e nonostante un ordine contrario di un giudice, un cancelliere del Tribunale di Como è andato a distruggere metà di quei reperti. Un fatto molto singolare, tanto da spingere il ministro della Giustizia a inviare gli ispettori a Como.

Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano ha scritto che da parte tua a Le Iene c’è stata “un’imbarazzante apologia di Rosa e Olindo in buona parte scopiazzata dal documentario del Nove” e ti ha accusato di usare la tecnica “del cherry picking: chi sposa una tesi e cita solo le sole prove a sostegno ignorando quelle che la smontano”. Cosa le rispondi?

La strage di Erba è una vicenda drammatica e dolorosa che stiamo affrontando con professionalità e rigore. Non è una performance di Ballando con le stelle, quindi non mi sembra il caso di replicare.
Temo che confonda il cherry picking con la selezione giornalistica dei fatti rilevanti. Tipico di chi si improvvisa in questo mestiere.

Il sito di Vanity Fair ha scritto: “Le Iene assaltarono Pietro Castagna all’urlo di: “Si rende conto che ci sono degli innocenti in carcere?”. Hai esagerato?

Una completa falsità. Pubblicheremo integralmente quell’incontro, che è stato molto cordiale, iniziato e concluso con una stretta di mano. E quella domanda non è mai stata formulata. Faccio una domanda a te: arrossiranno i colleghi (Lucarelli compresa) che hanno scritto sotto dettatura un fatto senza fare un minimo di verifica come il mestiere impone?

Sotto dettatura da chi?

Sarei molto curioso di saperlo.

Quando hai iniziato ad occuparti della vicenda, hai provato a immaginare il dolore che avrebbe procurato (nuovamente) ai fratelli Castagna (che non hanno accettato l’invito)?

C’è un passaggio fondamentale del programma di domani nel quale diciamo che nessuno può puntare l’indice contro di loro. Ma ci sono dei fatti e dei documenti in relazione ai quali avremmo voluto il loro prezioso punto di vista in quanto vittime. Abbiamo invitato Pietro e Beppe a girare un’intervista nelle nostre sei puntate dell’inchiesta. Li ho invitati anche allo speciale di stasera, offrendogli il massimo del tempo e addirittura la possibilità di uno studio in diretta. La risposta è stata “ci pensiamo”. Ma da settembre a oggi abbiamo ricevuto tre diffide. E non una diffida a non citare i documenti che li riguardano, ma addirittura a parlare della strage! Aggiungo poi che quello del giornalista è un mestiere che non deve cercare consenso, non deve far piacere né dispiacere. Noi raccontiamo i fatti. E la spinta più forte che mi spinge a farlo è che c’è una serie di convinzioni collettive sulla Strage di Erba che sono vere e proprie leggende metropolitane dure da sciogliere. Credo anche che ci troviamo di fronte a un caso più unico che raro di vittime di un reato violento che di fronte a macroscopiche falle nelle indagini non hanno la curiosità di approfondire di cosa sono il frutto. Trovo anche inaccettabile l’empatia “selettiva”. C’è un razzismo strisciante che dice ad Azouz Marzouk: taci tu che sei stato espulso; sei un pregiudicato; sei stato nella corte di Lele Mora e Fabrizio Corona. Nessuno ricorda che all’epoca aveva 26 anni e che essere uno stronzo non ti priva del diritto di avere voce in capitolo ed esprimere un punto di vista: il bersaglio principale di quella mattanza erano sua moglie e suo figlio di due anni e mezzo.

Cosa rappresenta per la tua carriera questo speciale, in prima serata su Italia 1? Ti piacerebbe condurre Le Iene o preferiresti continuare solo come inviato?

Cerco che mi piacerebbe, ma la strada è lunga. Va detto anche che chi conduce Le Iene rimane un inviato e deve spingere la carretta come gli altri. Vedo colleghi con anni e anni di esperienza sbattersi come se fossero al primo giorno di lavoro. Una quotidiana lezione di umiltà. Condurre uno speciale mi ha molto entusiasmato ed ha entusiasmato tutta la squadra. Personalmente penso di essere un buon inviato all’interno di un’eccellente squadra di inviati. Abbiamo un mister, Davide Parenti, che ogni tanto prova un cambio di ruolo. Sperimenta, rischia. Questo è molto stimolante. E quando è così ogni incognita è stimolante. Finito lo speciale, continuo a spingere la carretta…

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