Home Il mio nemico, Luigi Pelazza a Blogo: “Racconto l’Isis su Sky rischiando la vita”

Il mio nemico, Luigi Pelazza a Blogo: “Racconto l’Isis su Sky rischiando la vita”

“Hanno sparato al mio interprete e mi sono ritrovato di fronte ad un militare morto. Ho vissuto tanti attimi di paura, ma appena rientrato in Italia già mi mancava la Libia”

pubblicato 10 Giugno 2018 aggiornato 1 Settembre 2020 00:06

Questo lavoro mi ha insegnato tante cose, mi ha fatto vivere esperienze forti: un militare era ricoverato in ospedale dopo essere stato ferito, quando ha saputo che l’esercito avrebbe attaccato l’Isis si è presentato al fronte con la flebo ancora attaccata al braccio. Mi sono ritrovato anche di fronte ad un militare morto, ucciso mentre attraversava un cortile dopo essere stato ferito alla mano.

Luigi Pelazza non nasconde le sensazioni forti vissute realizzando Il mio nemico, la docu-serie in onda su Sky Atlantic (stasera la seconda delle tre puntate, a partire dalle ore 23.15) prodotta da Showlab. Un racconto embedded degli scontri tra i terroristi islamici e il governo regolare libico, che nel luglio 2017 hanno portato alla liberazione della città di Bengasi, in Cirenaica, dopo tre anni di combattimenti.

L’idea mi è venuta nel 2016 per capire chi erano quelli dell’Isis, cosa pensavano e se anche dall’Italia partivano i foreign fighters. Ho trovato un ragazzo musulmano, Moahmed, e l’ho portato nelle moschee di Milano per capire se da quelle moschee fosse partito con l’Isis in qualche Paese in guerra. Dopo due mesi di attività con microcamere abbiamo accertato che mai nessuno da queste moschee era partito, però abbiamo trovato contatti con foreign fighters partiti dalla Tunisia verso la Libia. A quel punto abbiamo mandato il nostro contatto a Tunisi dove ha incontrato un ragazzo che era stato in Libia: non era un combattente, ma si occupava di realizzare filmati per la propaganda dell’Isis. L’ho incontrato e gli ho chiesto di fare l’infiltrato. Ha accettato. Per mesi ha filmato la vita quotidiana di una milizia jihadista.

Lo stesso Pelazza, storico inviato de Le Iene, si è recato sul fronte per raccontare dall’interno la guerriglia in Libia:

Sono stato in Libia per 40 giorni in due mesi, per un massimo di 20 giorni consecutivi. La prima cosa che ho fatto appena rientrato in Italia? La verità è che dopo un giorno dal rientro ho detto ‘cazzo, mi manca la Libia’. Era una droga per me.

In apertura della prima puntata della docu-serie, andata in onda domenica scorsa, affermi “Ho modificato alcuni particolari, ma tutto quello che vedrete è vero”.

L’ho fatto per tutelare i due informatori. Particolari tipo il nome, la voce, le sue abitudini. Ma tutto quello che si vede dell’Isis, invece, non è stato toccato: sono immagini reali e vere.

È mai stato in pericolo?

Il primo informatore è un ragazzo sveglio che però non aveva mai fatto il mio lavoro. Gli ho fatto un corso. Gli ho detto che per prima cosa doveva entrare in confidenza con l’imam, anche senza registrare le conversazioni. Non è mai stato esposto a rischi, anche perché quella era la fase preliminare.

E tu in Libia hai rischiato qualcosa?

Abbiamo rischiato la vita, sì. Quando siano andati nella parte libica a raccontare i militari al fronte abbiamo vissuto con loro. Combattevano uomo-uomo a dieci metri di distanza. Hanno sparato al mio interprete. Abbiamo capito che da nessuna delle due parti ci sono milizie preparate alla guerra, ma gente alla quale viene messa in mano un fucile e mandata alla sbaraglio. Insomma, abbiamo vissuto tanti attimi di paura, ma la voglia di raccontare sporcandoci le mani ha prevalso

Cosa vedremo in particolare nella seconda puntata?

Nella seconda puntata, la più forte delle tre, c’è lo sviluppo di quanto visto nella prima: raccontiamo la vita mia al fronte e quella dell’infiltrato facendo capire chi è stato l’Isis in Libia. La terza puntata, in onda domenica prossima, lascerà spazio ad una continuazione. Ma non posso anticiparne i dettagli. Posso dire che dopo la terza puntata ci sarebbe la necessità di andare a capire alcuni soggetti visti nella storia che fine hanno fatto e come vivono oggi.

Il mio nemico va in onda su Sky e non a Le Iene. Perché?

È capitato. Quando ho incontrato Sky stavo pensando a questo progetto e ne ho parlato. Si sono dimostrati interessati e siamo andati avanti, senza neanche che io interpellassi Le Iene.

Va in onda su Sky Atlantic, canale che di solito ospita le serie tv. Il mio nemico non sarebbe stato più adatto a Sky Tg24?

Sky lo ha inserito nel contenitore Il racconto del reale (l’ appuntamento settimanale di Sky in onda ogni domenica su Sky Atlantic, inaugurato nel novembre 2016, che ha già ospitato inchieste e documentari su migranti, stragi nel Mediterraneo, boom delle armi per difesa personale in Italia, vita nelle periferie italiane e temi legati al costume, Ndr). Mi è piaciuto, anche perché questo mi ha permesso di avere il tempo necessario, circa 40 minuti, per raccontare ciò che ha visto l’infiltrato. Il racconto del reale è il contenitore adatto per il mio docu-film.

Hai un modello di riferimento per i docu-film e per le tue inchieste televisive?

No. Sono stato sei anni nell’arma, ho fatto l’investigatore. Mi piace capire, entrare dentro le storie, indagare.

Sarai alle Iene anche nella prossima stagione?

Sì, certo.

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