Home Sanremo 2015 – Lo spirito (santo) del Festival e far finta che “Felicità”

Sanremo 2015 – Lo spirito (santo) del Festival e far finta che “Felicità”

Dallo spot neocatecumenale alla reunion di Al Bano e Romina, alla comicità che non fa ridere: la puntata di un varietà che scorre veloce in un Ariston piccino e senza pretese

pubblicato 11 Febbraio 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 18:43

Non si può proprio dire che Sanremo 2015 non abbia ritmo. Questo proprio no. Però, che il Festival di Conti dovesse trasformarsi in uno spot per un percorso neocatecumenale, francamente, non me lo sarei proprio aspettato. Papà Anania, sul palco dell’Ariston con i suoi sedici figli e sua moglie, ringrazia tutta la trinità cattolica in ordine sparso, senza dimenticare mai la provvidenza (e lo fa ripetutamente). L’Ariston rumoreggia, ma solo perché quello non si chiama spirito santo – risatine –, mica perché qualcuno sia veramente turbato dall’invadenza religiosa decontestualizzata.

Sarà contento chi voleva polemizzare in anteprima per la presenza a Sanremo di Conchita Wurst. Pari e patta, penserà. Stili di vita diversi, dirà qualcun altro, tutti ugualmente rappresentati. Peccato che è improbabile che Conchita Wurst si palesi come testimonial delle proprie scelte di vita, pubblicizzandole e ringraziando qualche entità superiore per le medesime. Ed è altrettanto improbabile che venga proposta dal conduttore al pubblico come un qualsivoglia modello di vita.

Insomma, il tributo pagato alla religione lascia l’amaro in bocca: la scalinata dell’Ariston è troppo corta per sopportare .

Il contraltare di questo momento tremendo è la reunion di Al Bano e Romina (manco fossero i Sex Pistols). Qualche romantico miope ci vedrà, magari, una scintilla del vecchio amore. Ma sul palco dell’Ariston sembrava di assistere a quei momenti imbarazzanti che tutti i figli di divorziati conoscono molto bene e che vengono goffamente mascherati con pantomime proto-conciliatorie (Carlo Conti che dice bacio bacio ne è l’equivalente).

Chiedete a qualche figlio di divorziato, se non lo siete: quando lei che sembra portar rancore ma guarda teneramente lui; quando lui che tutto sommato è in imbarazzo e se la cava con un paio di battute, che gli escono molto più grevi di quanto non vorrebbe. Ecco. Sono dinamiche – vere o meno, questa è stata la mia sensazione – proprio troppo per essere tollerate nell’intimità della coppia scoppiata, figurarsi davanti a milioni di telespettatori.

Le battute di Al Bano, non ce ne voglia, non fanno ridere – il cantante era molto più a suo agio nel dopofestival di Raimondo. Ma d’altra parte ad Al Bano non è richiesto far ridere. E così, proviamo a dimenticare la parte parlata e teniamoci, come ricordo, la sala stampa che si leva a cantar “Felicità”, come mezza Italia.

Forse è il destino del Paese, quello di far finta d’esser felice.

Quanto a far ridere, dovrebbe pensarci, invece, Alessandro Siani. stante la definizione di ospite comico. E invece, a scapito delle risatine che esplodevano qua e là, ecco il nulla cosmico trasformato in monologo comico. Ci si indigna per la battuta di Siani sul bambino sovrappeso: be’, a questa indignazione bisognerebbe far la tara. Perché la questdone è semplice: un comico, per far ridere, non ha bisogno di sfottere la fisicità. Tantomeno dovrebbe farlo con quella di un bambino. Poi arriva il Tweet (riparatore?) dal profilo ufficiale del Festival Rai a parlar di un “amico del comico”: qualcuno dice che potrebbe trattarsi di un bimbo attore. Non lo so e francamente non lo voglio sapere: mi importa poco.

Preparata o meno, la gag, quel che importa è che la comicità non ha bisogno di sfottere la fisicità di un singolo (tantomeno di un bambino). La comicità è dura, cattiva, graffiante, offende tutti, non fa prigionieri, fa male e f arrabbiare. Quella di Siani, invece, non mi ha fatto proprio ridere. Nemmeno provandoci con impegno. E il finalino sull’amore sembra uno dei testi di un paroliere sanremese inaridito.

Però, signore e signori: non si può dire che il Festival non abbia avuto ritmo, questo proprio no.

Scaletta serrata, si parte presto col primo cantante (quella roba di backstage messa lì come anteprima facciamo finta di non averla mai vista, ok?), si macinano minuti e minuti di blocchi su blocchi con velocità. Ma non c’è la voglia di fare il grande show. C’è la voglia di fare il Sanremo per famiglie: lo sapevamo, si sapeva, è stato dichiarato. Si gioca al ribasso

La regia e le luci fanno sembrare l’Ariston più piccolo di quel che è, senza respiro. In definitiva, la dimensione è quella di un varietà: sotto tono, pacato, senza perturbazioni.

Il risultato è che si passa sopra ad argomenti leggeri o meno leggeri come se niente fosse: l’ebola vale quanto sedici figli o la storiella di Emma.

Ah, già, Emma. Arisa. Rocio. Donne del Festival quasi invisibili e a tratti imbarazzanti (ricordano un po’ la cara vecchia conduzione dei figli di. Tutto bene quando Emma e Arisa duettano, il resto è un trapianto baudiano a cuore aperto destinato a crisi di rigetto).

Conti elegantissimo, superprofessionale, dal punto di vista della conduzione quasi impeccabile, pensa a portare a casa il risultato, come porta a casa puntate su puntate di varietà, macinando successi di numero.

Insomma, la struttura è tale per cui non puoi nemmeno metterti a fare la critica stroncante in tutto e per tutto, perché il prodotto c’è. Solo, è un programma televisivo. Non un grande show, come si diceva.

Tuttavia, dovessi fare una scommessa sul risultato – perché qui non aspettiamo l’Auditel per dire se un Festival è bello o brutto –, punterei tutto sul successo: Leone e Conti in conferenza stampa avevano abbassato l’asticella delle pretese Auditel. Questa strategia al ribasso, per famiglie, potrebbe anche sbancare il Casin(o) di Sanremo, con l’aiuto dello spirito (non quello santo. Quello lasciamolo alle prediche) del Festival. E di quello di “Tale e quale show” e de “I migliori anni”.

Per fortuna poi arriva il Dopofestival, sul web, per pochi corsari, a dire in pochi minuti tutto quello che nella prima serata del Festival non si poteva (né si voleva).

Sulle canzoni ho già detto quasi tutto il giorno del preascolto e confermato dopo le prove generali. Ieri sera ho scelto, al momento di votare, Di Michele-Coruzzi, Chiara, Annalisa e Malika Ayane. Prese 3 su 4 secondo il gusto emerso dalla classifica.

Tiriamo avanti, e facciamo finta che “Felicità”.

Amici di Maria De Filippi