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Disturba e diventerai famoso

Su La Repubblica di qualche giorno si intitolava così un’interessante retrospettiva sulla nuova figura del guastatore di professione. L’autore dell’articolo Vittorio Zucconi ha incentrato la sua disamina sugli antagonismi politici imperversanti negli Stati Uniti, dove il disturbatore ha un nome ben preciso: heckler. Ovvero chiunque tenda un agguato in manifestazioni pubbliche con contestazioni plateali, frecciate

pubblicato 14 Aprile 2007 aggiornato 6 Settembre 2020 07:49

Su La Repubblica di qualche giorno si intitolava così un’interessante retrospettiva sulla nuova figura del guastatore di professione.
L’autore dell’articolo Vittorio Zucconi ha incentrato la sua disamina sugli antagonismi politici imperversanti negli Stati Uniti, dove il disturbatore ha un nome ben preciso: heckler.
Ovvero chiunque tenda un agguato in manifestazioni pubbliche con contestazioni plateali, frecciate velenose, brusche interruzioni, all’insegna del contradditorio perentorio e della voce fuori campo che dal buio della sala o dall’anonimato della folla è alla ricerca dei suoi cinque minuti di celebrità.
Lo heckling, espressione ottocentesca che viene dall’industria tessile dello juta a Dundee in Scozia dove nelle filande un operaio leggeva ad alta voce i comunicati del padrone accompagnato dagli sberleffi dei compagni, è diventata a sua volta industria, rete di professionisti, forma di arte minore destinata a spostarsi dal piano istituzionale delle conferenze al territorio selvaggio della rete, dove l’aculeo velenoso e l’attacco ad personam costituiscono una routine sempre più allarmante.
Se il blog è di questi tempi terra fertile per trolls e seccature di ogni genere, la televisione non è da meno e rivendica per prima il primato dell’incursione di ufficio.
E’ da questo presupposto che Matrix, nel consueto appuntamento metatelevisivo del venerdì che ne costituisce l’intuizione più azzeccata in termini identitari, ha incentrato il proprio mirino di inchiesta su inbucati e guastafeste del tubo catodico.
Protagonisti incontrastati della storia dei disturbatori catodici, i sempreverdi e sempre diversi Alessandro Cocco e Gabriele Paolini.
Il primo costituisce il più degno esempio di esibizionista innocuo, animato dall’implacabile desiderio di comparire in tv per il puro gusto di esserci e alimentare la propria sete di collezionisimo.
In più, nel personaggio in questione c’è una sorta di ambizione all’eternità, ovvero la volontà di fissare la propria immagine affinchè i singoli fotogrammi della sua vita indicativi del tempo che passa siano immortalati per sempre dall’obiettivo.
Cocco, come tutti lo chiamiamo, è entrato nel guinness dei primati per il record di partecipazioni nel pubblico dei programmi tv, che ammonta a più di 20.000 presenzialismi. Tutti i conduttori gli sono affezionati e se ne contendono la visita nelle proprie trasmissioni in qualità di portafortuna.
Ben altro trattamento è quello riservato a Gabriele Paolini, che fa irruzione nei collegamenti in diretta dei tg nazionali per il solo gusto di creare scompiglio, lanciare offese verso le più importanti istituzioni politiche e religiose e sensibilizzare l’opinione pubblica all’uso del preservativo in un contesto non propriamente appropriato.
Eppure, nonostante le ripetute querele intentategli dalle reti generaliste tra cui l’ultima ricevuta proprio dalla Rai, viene ripetutamente scagionato da ogni accusa, per il fatto che si limiterebbe ad esprimere la propria libertà di opinione senza arrecare danni concreti.
In fondo, il sospetto che Paolini serva a movimentare certi momenti morti facendo impennare l’ascolto con la sua apparizione in video ne ha inficiato il suo reale perseguimento legale e persino Emilio Fede, una delle vittime predestinate, pare vivere gli alterchi in tempo reale con un pizzico di compiacimento divertito.
Lo stesso Gianni Ippoliti, uno dei disturbatori più accreditati della tv con tanto di tesserino, ha deciso di ingaggiare Paolini qualche anno fa, per dei servizi destinati a Tg2 costume e società speciale Sanremo. Considerato che i più associano le sue epifanie a degli eventi in tempo reale, l’idea di applicarne l’uso a delle trasferte in differita non poteva che rivelarsi genialmente provocatoria.
Ma, a proposito di fuori programma a tavolino, che hanno innegabilmente anticipato il dualismo realtà-finzione dei reality, c’è una rivelazione che scuote gli animi alla visione di Matrix. Leone Di Lernia non è mai stato un figurante per caso.
In tutti gli anni che lo abbiamo visto aleggiare sullo sfondo dei collegamenti di Quelli che il Calcio, rigorosamente nelle partite di Inter e Milan, era pagato per farlo visto che ha sempre odiato il calcio. E la sua finta imperturbabilità che lo vedeva semplicemente ripreso, ma mai coinvolto nelle dinamiche del programma domenicale, era il frutto di una vera e propria operazione commerciale.
Per la serie, compari in video per dare più visibilità alla tua immagine e vendere più dischi (con la complicità dello stesso Fabio Fazio che ha insistito per confermarne la presenza fissa nello show… seppur nell’ombra).
Tutt’altra storia è quella di Paolo Calabresi, il trasformista più audace della tv che arriva a inscenare scambi di persona e finti contratti con artisti internazionali di cui riveste i panni al momento delle stesse ospitate ufficiali (vedi il Galà della Pubblicità in cui ha fatto credere di essere Marilyn Manson facendo annunciare la propria partecipazione da un ignaro battage pubblicitario).
Dopotutto, è la tv bellezza… qualcuno deve pur divertirsi a smontarla, ora con arte ora con una megalomania scontata e decisamente deprecabile.

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