Home Rai 1 Mission, Croce Rossa preoccupata: “Rischia di trasformare tragedie umanitarie in fiction”

Mission, Croce Rossa preoccupata: “Rischia di trasformare tragedie umanitarie in fiction”

Per la CRI non c’è solo il rischio di spettacolarizzazione delle tragedie, ma anche quello di delegittimare il lavoro degli operatori umanitari.

pubblicato 1 Ottobre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 13:45

Le rassicurazioni del direttore di Rai1, Giancarlo Leone, evidentemente non bastano. Continuano le polemiche intorno a Mission, il programma che andrà in onda sulla rete ammiraglia della tv pubblica il 4 e l’11 dicembre prossimi. Stavolta ad esprimere critiche preventive rispetto a quello che ha tutte le sembianze di un docu-reality sono state la Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e la Croce Rossa Italiana. In un comunicato congiunto le due organizzazioni hanno manifestato “profonda preoccupazione”. A firmare la lettera sono Bekele Geleta, Segretario Generale FICR, e Francesco Rocca, Presidente Nazionale CRI:

L’obiettivo dichiarato di questo programma è di documentare l’esperienza di celebrità italiane che vivono la vita di operatori umanitari nei campi profughi in diversi paesi africani. La nostra posizione è che un reality show, un formato ben noto per spettacolarizzare i problemi piuttosto che riflettere sulle loro cause e sulle soluzioni possibili, rischi di trasformare le tragedie umanitarie in fiction, la sofferenza in intrattenimento, la dignità umana in gioco. Anche se l’obiettivo dell’iniziativa è quello di creare consapevolezza, il rischio che ciò diventi un’opportunità per aumentare gli ascolti tv a spese della dignità delle persone è semplicemente troppo alto, in maniera inaccettabile.

Ma il rischio non è soltanto quello della spettacolarizzazione dei drammi che si vivono nei campi profughi. C’è anche il pericolo di delegittimare il lavoro degli operatori e di bloccare il processo di inclusione sociale nelle comunità ospitanti dei migranti.

Crediamo anche che avere personaggi famosi che interpretano il ruolo di operatori umanitari potrebbe non riuscire a dare una visione precisa e corretta del lavoro umanitario come un’attività altamente professionale, che richiede competenze tecniche e specifiche, dando la visione semplicistica di qualcosa che può essere fatta da chiunque. Uno show in cui i partecipanti sono chiamati a ricoprire i ruoli di operatori umanitari potrebbe comportare il rafforzamento di vecchi stereotipi e ampliare la distanza tra il soccorritore e il soccorso, mostrando il lavoratore umanitario pieno di risorse che da un lato tende la mano per aiutare, dall’altro il beneficiario vulnerabile che la riceve.

Il comunicato continua spiegando che “un approccio che non descrive con precisione le questioni umanitarie nella
loro complessità, come le migrazioni, è probabile che perpetui gli stereotipi esistenti e inneschi un fallimento nel cambiamento delle mentalità.

La chiosa è un vero e proprio appello, che va oltre il caso Mission, scoppiato in piena agosto grazie alle rimostranze di alcune associazioni non governative:

Pertanto noi della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ci appelliamo a tutti i media nazionali e internazionali affinché contribuiscano attivamente ad affrontare la difficile condizione delle persone vulnerabili, compresi i migranti, incoraggiando un dialogo più profondo e più critico per quanto riguarda le questioni umanitarie. Un dialogo che abbracci i fenomeni nella loro complessità e che vada oltre l’emergenza, la crisi e le potenziali minacce che le tematiche umanitarie presentano, per aumentare la consapevolezza delle opportunità e dei vantaggi che implicano. Un dialogo che conservi la dignità delle persone, senza pietà o commiserazione. Un dialogo che ripensi il proprio linguaggio e vada oltre le etichette di migranti, rifugiati, sfollati, clandestini e dia voce a ciascuno di loro come persone che hanno una dignità, competenze, conoscenze, esperienze, sogni e speranze per il futuro. Un dialogo che li ritragga non più come beneficiari e destinatari passivi di aiuti umanitari, ma che guardi a loro come nostri altri sé, in qualità di partner che hanno diritto ad una esistenza dignitosa e possono rappresentare un prezioso contributo alle loro nuove comunità ospitanti, ovunque si trovino.

Rai 1