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GFF 2013, Renzo Arbore a TvBlog: “La tv di oggi impoverisce il pubblico. Sanremo? Non è la mia platea”. E su Grillo e politica…

“Si obbedisce ciecamente alle leggi dell’Auditel, ma bisogna coltivare talenti e programmi che sperimentano, come quello di Marcorè”. Un servizio pubblico dovrebbe guardare alle arti e non alle ‘protezioni’, dice Arbore. E alla classe politica chiede ‘solo’ una cosa: affidabilità.

pubblicato 27 Luglio 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 16:07

Ha innovato il linguaggio della radio e della tv italiana, ha fatto della ‘contaminazione’ una firma, sia nella musica che nei media, ha saputo coniugare popolarità e genio à la Amici Miei (“Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione“), ha fatto dell’improvvisazione una ‘disciplina’ da studiare nelle università (lui, che ha ricevuto da Umberto Eco una Laurea in ‘Golardia’), ha creato nuovi spazi nei palinsesti, ha individuato nuovi target, ha fatto della tv un’arte: beh, se non si è capito nutro per Renzo Arbore una vera e propria venerazione. E mi sa che non sono la sola, visto il successo de L’Altra – La tv di Renzo Arbore, il ciclo di appuntamenti della seconda serata del sabato di Rai 1 che torna a settembre con 10 nuove puntate. Senza contare il ciclico ritorno delle repliche di Quelli della Notte e Indietro Tutta (chi di voi over 30 non ha urlato almeno una volta “Volante 1 a Volante 2”).

La tv italiana ha ‘fame’ di Renzo Arbore, ora in onda di domenica pomeriggio con le repliche de Il Caso Sanremo, trasmissione del 1990 tra le più ‘misconosciute’, ma anche tra le più belle del suo repertorio, con Lino Banfi e Michele Mirabella nel ruolo di avvocati e Arbore di éresidente di una Corte chiamata a processare il Festival. Come dimenticare il collegio difensivo presieduto dall’avvocato Passalacqua (Banfi), affiancato dai colleghi Pessotto e Murmulea, a completare il celebre verso di “A Marechiaro” esempio di citazioni ‘dotte e popolari’ disseminate nei suoi testi.

Abbiamo avuto lo straordinario onore di incontrarlo al Giffoni Film Festival 2013, ma questa volta in una situazione un po’ più ‘garibaldina’ del solito: mi scuso per la non perfetta qualità delle immagini, ma l’importante sono i contenuti, no?

A chi chiedere, dunque, lumi su cosa debba cambiare nel linguaggio tv di oggi se non al Maestro?

“Devono trovare nuovi talenti e non ci possono essere sempre gli stessi format. Tutti a inseguire l’Auditel il giorno dopo. Non si sperimenta, non si fanno cose nuove. Si obbedisce ciecamente, e immediatamente, alle leggi dell’Auditel. Non è possibile che non si dia una seconda possibilità a un programma come quello di Neri Marcorè”.

Arbore si riferisce ovviamente a NeriPoppins:

“Ecco, quando qualcuno fa un programma interessante come Marcoré, coltivatelo. Fategli fare la seconda serie. Il servizio pubblico dovrebbe fare, non dico una tv artistica, perché è un parolone… anche se io mi fregio di averla fatta alla faccia di quelli che non la fanno più”.

Probabilmente il pubblico si è assuefatto:

“Oggi la tv è fatta per una massa che non è esigente, che si accontenta di poco… Bisogna guardare al mondo dell’arte e se c’è un regista o un dirigente che ha una vocazione artistica utilizzatelo, anche se non ha protezioni politiche”.

Lui che ha saputo fondere Benigni e Rossellini (Isabella), Andy Luotto e Pazzaglia, che ha trattato la comicità come una jam session, facendo dell’improvvisazione tipica del Jazz la ‘struttura’ narrativa dei suoi show, ha calcato anche il palco di Sanremo con un pezzo rimasto nell’immaginario collettivo come “Il clarinetto”. Tornerebbe a Sanremo 2014 se Fazio lo invitasse?

“Mi hanno chiesto di presentare Sanremo tante volte e una volta pur di non presentare dissi a Ravera che sarei andato a cantare. Così feci e nacque “Il clarinetto”. Ma Sanremo non è la mia platea, è tutto così amplificato. Io sono sempre partito da cose piccole che poi crescono, quello invece è un carrozzone in cui è difficile sperimentare. Fazio lo ha fatto egregiamente, io coltivo altri spazi: ho inventato la seconda serata, la domenica pomeriggio… “.

Lui che non ha eredi (“Me lo chiedono sempre ma un erede io non ce l’ho: non c’è nessuno che abbia fatto la radio come l’ho fatta io, la tv come l’ho fatta io, che giri il mondo con L’Orchestra Italiana, che suoni il clarinetto, la chitarrina e anche il pianoforte” dice tra il serio e il faceto in conferenza stampa), non manca però di lanciare più di una ‘frecciatina’ alla politica.

E allora la terza domanda, certo esulando dai temi consueti di TvBlog, l’ho fatta su un suo ideale governo, pensando magari a un’utopica lista di ministri, con – chissà – Benigni agli Esteri o Frassica agli Interni.

Ma il Maestro, perché tale è, risponde serio. Lui che ha attraversato il Dopoguerra, gli anni del Boom e della Guerra Fredda, che nella Rai della DC e del PSI portò L’Altra Domenica, che ha vissuto la Contestazione, gli anni di Piombo, il Riflusso, ora sembra davvero insofferente mei confronti di una classe politica ‘condannata’ dalla fisiognomica (“Ma le avete viste le facce che hanno“) alla quale chiede solo una cosa, l’affidabilità.

“In passato i governi erano fatti di persone che avevano a cuore la rinascita del Paese non la propria carriera personale. Ora ciasuno pensa al proprio tornaconto e qualcuno lo ha ‘individuato’, come Grillo, anche se non aderisco al suo movimento, per chiarire. Dovremmo guardare più ai modelli della democrazia americana e penso a un governo che si basi su una parola che in Italia è quasi sconosciuta: affidabilità”.

Lo vediamo nell’estratto in basso.

In conclusione un incoraggiamento, non un semplice saluto, a TvBlog:

“Il saluto è quello di intensificare la propria attività: seguo TvBlog e la rete è una benedizione del cielo. E spero che le cose che ho detto a TvBlog vengano ascoltate anche da chi la rete la bazzica poco perché le ho dette con grande sincerità”.

Io vi confesso una cosa: né gli occhi di Marco Bocci, né lo sguardo di Dario Argento mi hanno emozionato come l’incontro con Arbore. Sarei rimasta a parlare con lui per ore (non lui con me, sicuramente), ma è stato un piacere enorme. E lo ringrazio, per tutto.