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MOSTRA DI VENEZIA FRA CINEMA E TV: le televisioni sciupano il cinema?

Scrivo sotto l’impressione dell’accoglienza negativa del film “Quando la notte” di Cristina Comencini negli ultimi giorni della Mostra. Alle orecchie e agli occhi porto l’eco di una cosa che mi viene da dentro da tempo. Non voglio fare nomi di autori o titoli di film. Mettere sul banco degli accusati le tv pubbliche e private

pubblicato 7 Settembre 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 03:51


Scrivo sotto l’impressione dell’accoglienza negativa del film “Quando la notte” di Cristina Comencini negli ultimi giorni della Mostra. Alle orecchie e agli occhi porto l’eco di una cosa che mi viene da dentro da tempo.

Non voglio fare nomi di autori o titoli di film. Mettere sul banco degli accusati le tv pubbliche e private non m’interessa. Siamo abituati ad attaccarle per un riflesso condizionato, La vecchia e nuova tv paga alti pedaggi alla realtà di diffidenza che la circonda.

Uno di questi pedaggi che pesa molto, moltissimo, riguarda il soccorso rosso o non rosso, l’ambulanza, la carrozella- fate voi- che le tv fanno al cinema un pò per bisogno e un pò per non morire.

Le televisioni non amano il cinema. La Rai si decise a produrlo quando produttori e registi, erano a corto di finanziamenti, hanno bussato alla porta di Viale Mazzini, al Palazzo del cavallo morente. Poi con gli anni la Rai è diventata la teca, mi si passi il termine, per giovani e meno giovani registi, dal ragazzo Bertolucci al Fellini, De Sica, etc. A cui hanno fatto seguito altri illustri, e meritevoli, autori. Però.

Ad un certo punto, su questa linea di teca, le scelte hanno avuto la cadenza, la prudenza, l’evidenza “dannata” di una trasformazione di registi anche noti e bravi in impolverati “beni culturali”. Non bisogna dimenticare che, senza la Rai, il cinema italiano sarebbe ridotto al lumicino ancor più di quanto non lo sia.
Sono cose che si sanno. La situazione di Mediaset è diversa. Nel senso che ha cominciato negli anni Ottanta a produrre commedie, commediole, farse, farsacce. ma anche film curati e divertenti, con l’intento di vivere delle sue radici: ossia restare nell’intrattenimento e sfruttarlo fino in fondo con attori comici (di valore talvolta) e di soubrette o soubrettone (gnocche sì- che brutta parola che mi tocca usare- ma con la testa, in alcuni casi).

In seguito Mediaset ha alzato le sue ambizioni, per fare concorrenza alla Rai, e acquistare una credibilità artistico-culturale.
Un esempio? Eccolo, recente: il film “Baaria”, un buon prodotto, di Giuseppe Tornatore, regista capace e desideroso di esistere nel successo. Alla Mostra non venne accolto con oggettività. Si sapeva che Mediaset puntava al Leone d’oro: il premier Berlusconi accompagnò il film al Lido. Ecco uno dei motivi per cui l’accoglienza non fu nè obiettiva nè misurata, le prevenzioni a Venezia funzionano come il veleno.

Come concludere dopo questa carrellata? Così.

A mio parere. Dopo la visione del film della Comencini- brava scrittrice, autrice di teatro, regista- penso che gli addetti ai lavori in Rai a Mediaset debbano riflettere su una parola che nel cinema ha avuto ed ha un peso: ” posizionamento”. Ovvero studio, analisi, indirizzo del progetto scelto e realizzato: a chi si rivolge, dove viene presentato per la prima volta, come lo si lancia.

Ma non basta. Le due grandi emittenti devono fare una seria riflessione sulle scelte da compiere. Il cinema non è più quello che c’era, se c’è ancora.
Il cinema ha bisogno di teste pensanti. Il cinema muore se chi ne ha le responsabilità, all’interno delle emittenti, è un dirigente scaricato nella sezione cinema o si è avvizzito lì dentro; o un capo che ama posti prestigiosi e fare il pavone; o un raccomandato; o un fedelissimo voluto dalla politica che pensa di fare, mi scuso per la ripetizione. politica con i film.

Se si va avanti così i film e il cinema saranno vecchi arnesi da raccolta differenziata ma nè da premi nè da conquista del pubblico (sia della tv che quello delle sale).
Il mio è un urlo del coyote in una notte nera o comunque nebbiosa come una valanga.

Italo Moscati