Home Nove La Confessione, Peter Gomez a Blogo: “Mai un’intervista a Marco Travaglio. La differenza tra me e Costanzo? La P2”

La Confessione, Peter Gomez a Blogo: “Mai un’intervista a Marco Travaglio. La differenza tra me e Costanzo? La P2”

“La Confessione è un’intervista di un giornalista con etica e morale, non un interrogatorio e neanche uno spettacolo. Vorrei Marcello Dell’Utri ospite”

pubblicato 4 Ottobre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 07:40

Quando accetti di venire a La Confessione sai che, con garbo, ti verranno fatte tutte le domande. E anche le seconde domande, con altrettanto garbo. Magari la quarta no perché io non ti sto interrogando, ti sto intervistando. Non sono un pubblico ministero, sono un giornalista. È lo spettatore a dover giudicare la veridicità delle risposte“. Parola di Peter Gomez, direttore del sito del Fatto Quotidiano e conduttore di La Confessione, la cui nuova stagione, al via su Nove da domani, venerdì 5 ottobre, alle ore 23, partirà con l’intervista a Fabrizio Corona. Il dialogo con l’ex manager dei paparazzi durerà eccezionalmente quasi un’ora, occupando così l’intera trasmissione, solitamente divisa in due parti.

Il format rimane uguale, in alcune puntate l’intervista è unica. Per esempio nella prima a Fabrizio Corona. Sono convinto di avergli fatto un’intervista diverse da tutte le altre da lui rilasciate, un’intervista molto dark. Non sono entrato nelle solite questioni, per esempio, non ho mai nominato Belen! Abbiamo, invece, fatto un ragionamento sull’etica e sulla morale, un’intervista sugli anni di Berlusconi che lui ha rappresentato, un’intervista sul valore dell’esempio. Abbiamo parlato anche del rapporto col padre, Vittorio Corona, che è stato mio vicedirettore a La Voce. Non è un’intervista ad un pentito, ma ad una persona che non ha il coraggio di ammettere neanche a se stesso di essersi pentito di qualcosa. Ci ha dato anche alcune notizie. E la sua confessione finale lascia a bocca aperta.

Quali altri personaggi hai intervistato per le nuove puntate?

Lo scrittore e giornalista Massimo Fini, che racconterà un aspetto sorprendente del carattere di Oriana Fallaci a cui era molto legato. Spesso in una persona di talento si nasconde una persona con comportamenti privati sorprendenti. Ed ancora Giancarlo Magalli che ripercorrerà anche il momento in cui è stato imposto da un sondaggio come candidato alla Presidenza della Repubblica.

Il criterio con il quale scegli i personaggi da intervistare qual è?

L’idea è di realizzare un’intervista ragionata non sull’attualità a personaggi di successo nei vari campi della vita cercando di capirne il lato oscuro, la sofferenza, i compromessi, dando un quadro delle contraddizioni della società italiana. Non per giudicare nessuno – io sono un peccatore come gli altri, non commetto reati, ma peccati sì – ma per cercare di capire.

Come si fa un’intervista?

I giornalisti devono sapersi occupare delle cose che non conoscono perché così ci arrivano preparati. L’intervista va scritta, scalettata e immaginata. Non va mai lasciata al caso. No domande con risposte aperte perché 5 volte su 10 la risposta è interessante, ma altrettante l’intervistato ti può portare dove vuole lui.

Ti comporti in maniera differente se fai un’intervista tv o un’intervista scritta?

Rispetto alla tecnica, no. L’intervista la preparo, mi scrivo le domande o le parole chiave. La differenza è che in tv tagli esclusivamente per ragioni di spazio, in un’intervista scritta, pur dovendo rispettare il pensiero di chi parla, puoi renderla leggibile cambiando anche alcune parole.

È capitato che un personaggio abbia rifiutato il tuo invito perché critico nei confronti del Fatto Quotidiano del sui sito tu sei direttore?

No. È capitato che qualcuno mi abbia detto di no, ma non per questo motivo.

Quale personaggio vorresti intervistare?

Marcello Dell’Utri. Adesso è a casa per ragioni di salute. Mi piacerebbe intervistarlo non solo per le sue vicende giudiziarie, ma anche per quello che ha rappresentato rispetto a Berlusconi e per i rapporti tra la borghesia e la mafia.

Ci stai provando?

Abbiamo intenzione di provarci. Ci sono delle difficoltà dovute dalle sue condizioni di salute.

Hai mai pensato di derogare allo studio, andando tu dall’intervistato e non il contrario?

No. L’eccezione potremmo farla per chi è in carcere. Per il resto, alcune persone che sono a Milano e non possono spostarsi hanno dovuto dirmi di no, perché noi registriamo a Roma.

Sei un giornalista, non un conduttore. Cosa hai capito della televisione da quando fai La Confessione?

Che in tv la parola conta, ma l’immagine conta tanto di più. Il regista e chi si occupa delle luci hanno dato una immagine del programma, che non è niente di straordinario, buona, da seconda serata. Qualcosa di simile comincio a vederlo in tanti altri programmi quest’anno…

Stai dicendo che La confessione ha ispirato l’immagine di altri programmi tv?

Non dico questo, ma dico che c’è una tendenza e che quest’anno è aumentata.

Tipo?

Basti pensare alla differenza tra lo studio di Quarta Repubblica e quello di Matrix dell’anno scorso, entrambi condotti da Nicola Porro. Quello di Quarta Repubblica è molto più da Fox News… Da spettatore noto che c’è un tentativo di recuperare l’attenzione all’immagine.

Due domande su Marco Travaglio. La prima: qualche anno fa, quando scrivevate libri insieme, lui era molto più famoso di te. Ne hai mai sofferto?

No. Io odio essere popolare. Mi ha sempre dato fastidio il fatto di essere riconoscibile. Per anni ho fatto il giornalista investigativo e per farlo è spesso necessario che la gente non ti riconosca.

La seconda: lo intervisteresti a La confessione?

No, perché è tendenzialmente sbagliato intervistare chi è vicino o amico all’intervistatore. Soprattutto se l’intervista ha l’obiettivo di scavare nel lato oscuro del successo del personaggio.

Però, televisivamente funzionerebbe.

Sia chiaro: noi giornalisti abbiamo il dovere di vendere i giornali e di fare ascolti, ma non facciamo un lavoro come un altro in cui l’etica e la morale non c’entrano. Montanelli diceva che per avere un’intervista da Stalin ci sarebbe andato a letto e anche io per avere delle notizie ho superato molti limiti, ma a La Confessione l’intervista è intervista, senza nulla di concordato, non è uno spettacolo. Travaglio, se vuole, si fa intervistare da un altro, non da me.

Secondo molti, Maurizio Costanzo nelle sue interviste è un po’ un confessore che riesce a tirare fuori dall’intervistato cose come nessun altro. Il tuo stile è molto diverso dal suo, ma ti ispiri un po’ a lui per La Confessione?

No, no, no. Massima stima per come Costanzo ha fatto televisione, ma tra Costanzo e me ci sarà sempre una differenza: l’iscrizione alla loggia P2.

Bene. Ma hai un modello a cui vuoi avvicinarti con La Confessione?

Tanti, soprattutto stranieri. Uno in particolare, italiano: Enzo Biagi. Ma io, in confronto a lui, non sono niente. Non mi illudo, lui è Enzo Biagi, io solo Peter Gomez.

Nove