Home Interviste Ubaldo Pantani a TvBlog: “Basta con l’ossessione di trucco e maschere, ora voglio mostrare la mia faccia”

Ubaldo Pantani a TvBlog: “Basta con l’ossessione di trucco e maschere, ora voglio mostrare la mia faccia”

Ubaldo Pantani si racconta a TvBlog: “Voglio continuare a fare i personaggi, ma liberandomi dall’ossessione del trucco”

16 Febbraio 2023 07:55

Andiamo dritti al punto: com’è possibile che Ubaldo Pantani non sia stato ancora arruolato come giudice fisso di uno dei tanti programmi tv che giocano su maschere, imitazioni e travestimenti?

Mi piacerebbe molto farlo e credo sarebbe interessante. La ragione per la quale questo non è ancora avvenuto non la conosco. Da anni collaboro con il gruppo di Carlo Conti, sin dai tempi de I migliori anni, mi ci trovo molto bene, è un rapporto di quasi esclusiva.

Ubaldo Pantani, allievo di Giorgio Albertazzi al Laboratorio d´Arti Sceniche di Volterra e da anni tra i più apprezzati comici-imitatori tv (tra i suoi personaggi più riusciti Lapo Elkann, Massimo Giletti, Max Allegri, Gigi Buffon, Paolo Del Debbio e Mario Giordano), si racconta a TvBlog a pochi giorni dal debutto in prima serata all’interno di Belve da martedì 21 febbraio e alla vigilia del suo tour teatrale, al via il 15 marzo.

Tv, anno 2023. Come se la passano gli imitatori?

Anni fa ho deciso di seguire la strada di Dario Ballantini: scomparire dietro un trucco ben fatto. L’ho fatto a Glob, a Mai dire e a Quelli che il calcio. In questi casi il rischio è di non essere riconosciuti. I personaggi tanto ti danno, tanto ti tolgono: ti succhiano l’anima, ti mangiano. I personaggi sono sempre più forti della tua faccia. Con gli anni e dopo tante cose fatte, siamo passati all’associazione del ‘Ah, lui è quello che faceva…‘. Oggi di imitatori con le maschere ce ne sono pochi, molti bypassano la fase del trucco, anche sui social. Ma io in quel campionato lì non posso giocare, perché la mia formazione è molto diversa.

E allora?

E allora o lavori in un programma tuo, come fa Crozza, stabilisci una interazione con il tuo pubblico e l’aspetto della mimetizzazione col trucco è secondario (il meccanismo è So’ Lillo, una volta ci assomigli di più, una volta di meno, non è importante, il pubblico sa chi sei) oppure – ed è più pericoloso – se scomparire dietro una maschera è considerata parte integrante dello show allora il trucco deve essere perfetto e serve un contenitore televisivo che ti protegga, come accade a Tale e quale show.

Ok, quindi lo show tutto tuo quando arriverà?

Mi fa piacere che mi venga chiesto, ma non posso rispondermi da solo, devono farlo gli altri. Se anche avessi una spiegazione, sarebbe imbarazzante e non carino dirla. Sono contento di quello che faccio, la mia più grande soddisfazione è raccogliere quanto ho seminato negli anni quando appaio con la mia faccia.

C’è stato un momento in cui uno show tutto tuo sembrava cosa fatta.

Sì, molti anni fa, avrei dovuto farlo su Rai4, allora diretta da Carlo Freccero. Ho ancora con me la scaletta della puntata zero, che poi non si fece. Ospiti gli Afterhours.

Un one man show resta la tua massima aspirazione?

Non è tanto lo show, quanto il percorso. Il mio sogno sarebbe emulare Nino Frassica. Non hai mai fatto uno show suo, eppure è Frassica. Citando l’autore Giovanni Benincasa, Frassica è una rubrica. Cioè Frassica è uno stile, ci sta bene ovunque. Ed è così perché alla carriera da comico ha affiancato anche altro, per esempio le serie tv. A me piacerebbe fare lo stesso, con il cinema. E diventare il Frassica dei personaggi. Sai qual è il mio vero sogno?

Prego.

Continuare a fare i personaggi, ma con la mia faccia. Cioè liberarmi dal giogo, ma non dal gioco. dei personaggi. Il gioco è dover somigliare ai personaggi, che è una cosa molto stressante. Non ne posso più, onestamente. L’ossessione del trucco e le tre ore di lavoro davanti allo specchio prima di andare in scena iniziano ad essere pesanti, per me. Il mio modello, oltre a Frassica, è Massimo Lopez.

L’imitazione alla quale sei più legato.

Lapo Elkann. Lo amo fare, mi diverte molto, ma allo stesso tempo mi imbarazza perché nel frattempo siamo diventati amici. Non bisognerebbe mai conoscere le persone che imiti! (ride, Ndr).

Qualche personaggio imitato ti ha fatto sapere di non aver gradito la tua perfomance?

Il miglior modo per affossare una imitazione è ignorarla. Chi non si fa sentire è perché non vuole darti soddisfazione.

L’imitazione che hai proposto e che non ti ha soddisfatto abbastanza?

Ce ne sono, ce ne sono. Direi Pioli, l’allenatore del Milan. Non ci ho lavorato abbastanza.

L’imitazione che vorresti fare, ma proprio non ci riesci?

Giuseppe Cruciani. Non mi viene.

Ipotizziamo Ubaldo Pantani ospite del Festival di Sanremo. Una sola esibizione a tua disposizione, porteresti in scena un personaggio del tutto nuovo per te o un tuo cavallo di battaglia?

Sanremo è un campionato a sé, ha delle logiche… un giorno parlerò…

Cioè?

Lo racconterò, un giorno. Per rispondere alla tua domanda, invece, diciamo che la soluzione ideale sarebbe una imitazione inedita e un grande classico.

Sarai nel cast di Belve di Francesca Fagnani, in prima serata su Rai2. 

Sì, è un programma che mi piace, sono contento di essere stato chiamato. Sto preparando delle cose, in ogni puntata farò un personaggio diverso e nuovo per me. Non posso dire di più, quando andrà in onda capirete perché.

Il 15 marzo inizia da Rosignano Marittimo (Livorno) Born in the Solvay, il tuo tour teatrale, scritto con Carlo Conti e Simone Tamburini, diretto da Gianluca Del Carlo e prodotto dalla LEG (i biglietti sono già in vendita su Ticketone). Poi Pisa (13 aprile), Pistoia (14 aprile), Firenze (15 aprile), Lucca (5 maggio) e Grosseto (6 maggio).

L’idea nasce quattro anni fa, prima del covid. Carlo Conti mi suggerì di fare uno spettacolo live, forse senza di lui non l’avrei fatto e mi sarei nascosto in un ennesimo progetto teatrale puro, come quelli che ho messo in scena in passato. E allora abbiamo scritto uno spettacolo comico. Quest’estate ho fatto una data, da metà marzo facciamo un tour in Toscana e poi da settembre in giro per il resto d’Italia. È un monologo in cui racconto il mio percorso: mio padre era operaio della Solvay, la mia adolescenza è stata surreale, una sorta di Truman Show che ha stimolato molto la mia fantasia. E racconto come il mio percorso, iniziato nella provincia toscana, sia come quello del sale, che viene estratto e trasportato sul mare e infine trasformato in bicarbonato. Da prodotto della natura a prodotto commerciale.

E dopo il teatro? 

Mi piacerebbe tornare a lavorare con la Gialappa’s Band.