Home Serie Tv Taodue, Pietro Valsecchi a Blogo: “Da Mediaset massima libertà creativa, cambiato il contesto economico. Checco Zalone in una serie tv? Ha ancora tanto da dire al cinema”

Taodue, Pietro Valsecchi a Blogo: “Da Mediaset massima libertà creativa, cambiato il contesto economico. Checco Zalone in una serie tv? Ha ancora tanto da dire al cinema”

Il fondatore della Taodue Pietro Valsecchi ha raccontato a Blogo la nascita della sua casa di produzione, la scelta di lavorare per la televisione e le difficoltà di fare fiction, ma ha anche parlato dei suoi successi televisivi e cinematografici

pubblicato 18 Giugno 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 23:33

Il nostro viaggio nel mondo dei produttori di fiction italiane prosegue con un’altra casa di produzione molto importante, ovvero la Taodue: fondata nel 1991 da Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt, dopo essersi dedicata per qualche anno alla produzione cinematografica si è buttata nella realizzazione di fiction e film-tv, diventando una delle aziende più prolifiche della tv italiana e proponendo titoli diventati cult, come Distretto di Polizia, Ultimo e Squadra antimafia.

Blogo ha contattato Pietro Valsecchi, artefice di tutte le idee della Taodue, per parlare di come sia partita la sua esperienza nel mondo della produzione, passando per le difficoltà del produrre per la televisione fino all’acquisizione della sua casa di produzione da parte di Mediaset negli anni 2000.

Ma abbiamo anche parlato del suo lavoro al cinema, del legame con Checco Zalone e di Romanzo Siciliano, fiction ora in onda su Canale 5, al centro di alcuni spostamenti di palinsesto.

Taodue è nata da lei e da sua moglie, Camilla Nesbitt, nel 1991. Cosa ricorda dei primi anni di attività?

“Una grande energia che nasceva dall’amore di entrambi per il cinema, il grande cinema italiano che aveva saputo nei decenni precedenti raccontare l’Italia in tutte i suoi aspetti e le sue realtà, comprese quelle più scomode.”

La produzione di Taodue nei suoi primi anni è stata esclusivamente cinematografica, ed improntata principalmente ad un cinema attento a tematiche attuali e sociali, proprio come gran parte delle fiction che avete iniziato a produrre successivamente. Cosa vi ha spinto ad iniziare a produrre anche per la televisione?

“Come dicevo prima, abbiamo iniziato a fare cinema per seguire le orme di autori come Rosi, Petri ecc. che avevano fatto dell’impegno civile e del racconto della realtà la loro missione artistica e politica; tuttavia a metà degli anni ’90 il cinema italiano era mutato profondamente e questo tipo di cinema non era più pensabile per il grande schermo perché non c’era più un sistema complessivo in grado di investire e distribuire film di questo tipo. E contemporaneamente il pubblico stesso non cercava più al cinema queste storie; l’unico modo per continuare a raccontare ad un pubblico vasto ed eterogeneo quello che sentivo come necessario, era quello di provare a farlo in Tv e con Ultimo, nell’ormai lontano ’97 ho avuto la conferma che la gente aveva ancora un grande desiderio di conoscere le pagine più scottanti della nostra cronaca e le figure più eroiche che le hanno vissute.”

Quali sono le difficoltà che può incontrare un produttore televisivo nel realizzare una fiction?

“Il passo decisivo è quello della scelta del soggetto, dell’argomento da affrontare. Da lì poi bisogna riuscire a costruire l’architrave del racconto, la sua struttura narrativa e insieme a dare credibilità e forza ai personaggi. Poi naturalmente, è fondamentale scegliere al meglio regia e cast, che saranno quelli che daranno immagini e corpi alle idee.”

Negli anni Duemila, Taodue è entrata nel gruppo Mediaset: questo vi ha influenzato nella lavorazione delle fiction o avete sempre avuto libertà in ciò che avete proposto all’azienda?

“Abbiamo sempre avuto e abbiamo tuttora la massima libertà creativa da parte del gruppo; quello che è cambiato nel corso degli anni e in particolare negli ultimi 4/5 è stato il contesto economico/distributivo nel quale noi e Mediaset abbiamo dovuto lavorare. Con la crisi economica generale e la moltiplicazione dei canali, sono diminuite notevolmente le entrate pubblicitarie e quindi è stato necessario adeguare la strategia produttiva, abbassando i costi di produzione, riducendo i formati a 80 minuti (con conseguente riduzione delle share) e sospendendo la produzione di miniserie evento come quelle cha avevano caratterizzato la produzione Taodue negli anni 2000. Quindi il mutamento di linea è stato imposto da condizioni, per così dire, esterne, di scenario.”

E’ mai stato contattato, anche prima dell’acquisizione di Mediaset, dalla Rai o da altri gruppi per lavorare con loro?

“Ero stato contattato dalla Rai quando era direttore generale Celli che mi aveva proposto di realizzare delle serie per loro. Più tardi ci sono stati dei contatti con grandi major che volevano acquisire la Taodue, ma io ho accettato la proposta di Mediaset e ne sono molto contento. È stata una scelta vincente per entrambi, sia culturalmente che economicamente e ora a distanza di quasi 10 anni, possiamo dire che anche per Mediaset quello che all’inizio era sembrato un impegno economico rilevante si è rivelato un investimento redditizio, completamente ripagato in questi anni.”

Al cinema, Taodue è regina delle commedie, grazie ai “Soliti Idioti” e soprattutto a Checco Zalone, mentre in tv siete più vicini a temi di attualità e polizieschi. Da produttore, come decide se un soggetto sia più adatto al piccolo o al grande schermo? Nel caso del libro di Giacomo Mazzariol (“Mio fratello rincorre i dinosauri”) di cui avete acquistato i diritti per un film, cosa vi ha spinto a farne una pellicola e non un film-tv?

“Partiamo dal presupposto che portare al cinema la gente è sempre più complicato e per farlo bisogna avere storie e personaggi veramente unici che garantiscano un’emozione, una risata, qualcosa che non si può trovare in tv o sul web. Quindi per scegliere i titoli da portare sul grande schermo devo essere sicuro che ci sia una grande potenzialità dietro, a meno che, ed è il caso che cita del libro di Mazzariol, si tratti di film più ‘piccoli’, direi quasi esperimenti che servono anche per testare talenti, linguaggi, temi diversi ecc.”

A proposito di Checco Zalone, avere un fuoriclasse come lui è una gran fortuna: ma gli hai mai proposto di pensare ad una fiction?

“Checco è una grande fortuna per tutti, per noi che ci lavoriamo, per il pubblico che lo ama, per il cinema italiano nel suo complesso. Ha ancora tanto da dare al cinema perciò possiamo dire che un Commissario Zalone televisivo non è proprio alle porte!”

Ogni fiction di Taodue inizia con “Soggetto di serie di Pietro Valsecchi”, il che indica la sua particolare attenzione anche creativa a cosa produce. Come nascono le sue idee, e come fa a capire quali siano gli autori ed attori adatti a portarla in tv?

“Il modello produttivo della Taodue è quello che in America è incentrato sullo showrunner: in altre parole io ho la responsabilità e la gestione di tutta la macchina ideativa e produttiva. Perciò quando trovo una storia o una biografia che mi appassionano, un sogno che voglio trasformare in materia televisiva, mi metto a lavorare con il gruppo di giovani sceneggiatori che lavorano stabilmente in Taodue e che mi aiutano a dare corpo ai miei progetti: una vera e propria officina che porta avanti i nuovi prodotti e li trasforma in serialità.”

Taodue ha anche realizzato delle co-produzioni internazionali, come Karol-Un uomo diventato Papa e Karol-Un Papa rimasto uomo. Quanto cambia il processo di lavorazione ad una fiction quando entrano in gioco altri produttori?

“L’unica vera difficoltà in questo tipo di progetti è concordare nel modo migliore possibile le condizioni economiche della partecipazione per evitare di rimetterci soldi. Per quanto riguarda la parte creativa, come dicevo prima, se l’idea è forte e il team di lavoro è di valore, la produzione avrà sicuramente uno sviluppo adeguato.”

Alcune delle vostre miniserie, come Uno Bianca ed Il delitto di via Poma, hanno suscitato molte polemiche prima ancora di andare in onda: tenete conto delle critiche nelle fiction che affrontano temi di attualità come questi?

“Intanto non accomunerei questi due progetti: Uno Bianca è stato un grande successo, distribuita anche negli USA, mentre Via Poma è stato un progetto con una risonanza minore. In ogni caso, io ascolto sempre le critiche, ma solo se sono ben circostanziate, non se, come purtroppo accade talvolta, sono poco più che chiacchiere da bar, espresse spesso da persone che non conoscono a fondo l’argomento.”

Avete anche provato a produrre serie tv più leggere, come Benvenuti a tavola, ed altre più mistery, come Il tredicesimo apostolo ed Il Bosco. Queste, però, non sono riuscite ad avere lo stesso successo di pubblico di altre vostre fiction crime: come se lo spiega?

“Non sono d’accordo sulla vostra premessa: sia Il tredicesimo Apostolo I che Benvenuti a tavola 1 che il Bosco hanno avuto degli ottimi risultati (il Bosco è stata la serie di Canale 5 con l’ascolto medio più alto del 2015). È stato più complesso sviluppare le seconde stagioni anche perché, con modalità diverse, si tratta di serie molto impegnative produttivamente ed economicamente da realizzare e come dicevo prima, negli ultimi anni si sono privilegiati formati più lunghi e meno costosi.”

Vi siete dati anche al reality, con La Scimmia, che non ha ottenuto un grande successo di pubblico: cosa non è andato bene?

“È stato un esperimento, fondato su un’idea che trovo ancora molto interessante (e so che ci sono altre reti che nella prossima stagione manderanno in onda format ispirati alla stessa idea). Ma quando si sperimenta è inevitabile mettere in conto anche un possibile insuccesso, sarebbe irrealistico pensare di poter fare solo successi.”

Distretto di Polizia ha reinventato il modo di fare fiction in Italia. E’ rimasto deluso della decisione di cancellarlo?

“Distretto ha segnato tutta la fiction successiva in Italia, è stata una bellissima avventura per tutti, ma arrivati alla 11esima serie era davvero arrivato il momento di uno stop.”

In America vanno di moda i revival di tante serie tv del passato: a lei piacerebbe riportare in tv Distretto, magari anche con una semplice miniserie-evento?

“Ho troppe idee di prodotti nuovi per pensare a riprendere prodotti del passato. Mi interessa di più invece esplorare delle potenzialità inespresse di personaggi di grande successo come Rosy Abate (Giulia Michelini, ndr) che sarà protagonista di una serie che andrà sul set a breve.”

Uno dei “misteri” di Distretto è la fine di Mauro Belli (Ricky Memphis): ora ci può dire se sia stata mai davvero stata vostra intenzione farlo ricomparire nella serie?

“Sto affrontando il terzo grado di giudizio per la sparizione di Mauro Belli che ancora non è stato ritrovato…”

Parlando di Squadra antimafia, le farei una domanda che ho fatto anche a Luca e Matilde Bernabei: quando si ha a che fare con una serie tv in onda molti anni, si inizia a pensare a come farla finire, per chiudere le storyline e garantire un finale soddisfacente?

“Io penso alle mie serie come a delle strutture potenzialmente aperte, per cui non chiudo mai definitivamente i percorsi dei miei personaggi.”

Passiamo al presente: Romanzo Siciliano unisce due temi apparentemente distanti tra loro, come la lotta alla mafia e l’indagine scientifica. Cosa spera di aver passato al pubblico con questa serie?

“In realtà l’idea era di presentare un nuovo personaggio, meno adrenalinico e più riflessivo, all’interno di un contesto come quello della Sicilia, alle prese, come si vede nella serie, non solo con la mafia.”

Romanzo Siciliano ha avuto una collocazione in palinsesto un po’ tormentata: prima il lunedì, poi la domenica, infine il martedì estivo contro gli Europei. Immagino che questo non vi abbia fatto gran piacere: avete avuto spiegazioni da Canale 5?

“Guardi, le anticipo che questi spostamenti non sono ancora finiti. Le ultime puntate verranno ancora spostate (la prossima settimana la fiction andrà in onda ancora di martedì, mentre da quella successiva si dovrebbe spostare al mercoledì, ndr). E’ stata una sperimentazione fatta da Canale 5 per verificare sul campo se e quanto la fedeltà e la pazienza degli spettatori sarebbero durate a fronte di tanti cambiamenti. Hanno deciso di dare a Romanzo Siciliano questo compito e ora, immagino, nelle stanze dei bottoni staranno studiando i risultati.”

In generale, Mediaset (fatta qualche eccezione, tra cui Squadra antimafia) non riesce ad avere fiction che riescano ad ottenere buoni ascolti, restando sotto i tre milioni di telespettatori: secondo lei, dove sta il problema?

“Da una parte si è probabilmente insistito troppo su una serialità diluita in troppe puntate, rinunciando a quei prodotti evento come le miniserie, che in un contesto di concorrenza frammentata sono invece necessari per illuminare la rete. Dopo di che sugli ascolti bisogna anche valutare al meglio i contesti: per noi fare 4 milioni di spettatori rappresenta un risultato sufficiente, altri quando arrivano a un milione esultano per il boom di ascolti.”

Qual è il futuro per Taodue?

“Un grande futuro dietro le spalle se mi passa la battuta: abbiamo una grande forza che nasce dall’esperienza e dalla nostra voglia di continuare ad emozionare e ad emozionarci noi stessi. Per questo oltre a continuare in un impegno costante nella serialità destinata a Canale 5, stiamo lavorando attivamente con partner stranieri per portare tutta la nostra capacità produttiva al servizio di progetti destinati al mercato internazionale: con l’Inghilterra, dove stiamo sviluppando una miniserie-evento thriller/Mistery intitolata ‘Il segreto di Michelangelo’, con la Francia dove abbiamo aperto diverse ipotesi di nuovi progetti e anche con gli Stati Uniti. Quindi siamo pronti a ripartire con molti stimoli nuovi, mettendo sempre al centro la passione e la qualità. E se vorrete sapere di più su quello che bolle in pentola, vi aspetto per la conferenza stampa che terrò mercoledì 22 alle 11,30.”