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Roma Fiction Fest – Visti per voi – Amiche mie – Anna e i cinque

Dopo le parole entusiastiche che ho speso nei confronti di Romanzo Criminale, è giunto il momento di tornare con i piedi per terra. E lo dico, credetemi, senza entusiasmo. Perché – anche in questo caso la premessa è necessaria – vorrei parlar bene della fiction italiana. Vorrei, ma certe volte è davvero complicato.Intendiamoci, di Amiche

pubblicato 10 Luglio 2008 aggiornato 6 Settembre 2020 03:48

Dopo le parole entusiastiche che ho speso nei confronti di Romanzo Criminale, è giunto il momento di tornare con i piedi per terra. E lo dico, credetemi, senza entusiasmo. Perché – anche in questo caso la premessa è necessaria – vorrei parlar bene della fiction italiana. Vorrei, ma certe volte è davvero complicato.

Intendiamoci, di Amiche Mie si è visto solo un trailer (8 minuti. Personalmente ritengo siano sufficienti per farsi un’idea di quel che ci si può aspettare da una serie). Non è un brutto prodotto, ci mancherebbe altro. Probabilmente potrebbe anche andare bene in termini di ascolti. Il cast è interessante: Margherita Buy, Cecilia Dazzi, Luisa Ranieri, Elena Sofia Ricci. I registi, Paolo Genovese & Luca Miniero, sono bravi. Cristiana Farina, produttrice creativa è in gamba – e meriterà un discorso a parte la sua richiesta ai produttori: date credito agli autori italiani -.

Però. Però c’è almeno un però. E’ nel concept, nell’idea stessa di questa serie: quattro splendide quarantenni che si ritrovano single e si rimettono in gioco. E possiamo sbandierare finché si vuole il fatto che è un’idea originale e non un format. Benissimo Ma è anche un balzo nel passato, un viaggio a ritroso di 10 anni, un dejavù, un già visto, rivisto, stravisto, almeno per chi ama e studia la lunga serialità estera. Poi, ci sono altri però, ci sono i miei dubbi sul mood un po’ troppo sopra le righe – come sempre, ormai, nella comedy all’italiana -, supportato da questa fotografia bella ma immotivatamente pop. Insomma, no, per quel che mi riguarda non ci siamo. Eppure, le carte in regola per fare bene c’erano tutte, almeno la sufficienza era a portata di mano. Laddove, la sufficienza è il livello minimo che ci proviene dagli States.


E – la cattiveria avanza – mi vedo costretto a bocciare anche Anna e i cinque. Che probabilmente andrà bene, che probabilmente è per famiglie e bla bla. Ma la sufficienza è ben lontana. Tanto per cominciare, siamo di fronte a un format spagnolo, un riadattamento, com’è prassi, come se non si potesse creare, in Italia. Come se non ci fossero idee.

Poi, la splendida Sabrina Ferilli spogliarellista in un night dove non mostra neanche il seno – un night, quindi, concepibile nelle fantasie degli anni ’50 forse. O forse nemmeno – è ai limiti dell’incredibile.

Certo, dovrebbe essere la favola di tutti, questo Anna e i cinque. Certo, sarà un po’ Pretty Woman, un po’ italietta, un po’ edificante. Ma la visione dei primi minuti della prima puntata – che pure, ci si augura, era un rough cut privo di correzione colore e missaggio audio – genera una sensazione di torpore a stento alleviata dalla recitazione. Comedy. E quindi, come nel caso di Amiche mie, sopra le righe. Ma qui, davvero troppo sopra le righe.

Poi la storia prosegue, Sabrina, che recita nei panni di Anna Modigliani (nome d’arte, Nina Monamour, ahimé), diventa istitutrice dei cinque figli di Ferdinando Ferrari (il bel Pierre Cosso). Serve andare oltre?

Monica Vullo, regista, funziona meglio fuori dal panorama comedy, Pierre Cosso è lì, come un John Wayne senza cappello, Raul Cremona non fa che alimentare quella sensazione surreale che ci può anche stare. Se non fosse tutto troppo.