Home Notizie Mario Tozzi a Blogo: “La divulgazione in tv senza prendersi sul serio, la nuova edizione di Fuori luogo, la (non) rivalità con gli Angela”

Mario Tozzi a Blogo: “La divulgazione in tv senza prendersi sul serio, la nuova edizione di Fuori luogo, la (non) rivalità con gli Angela”

“Quando la tv pubblica mi chiama in un contesto in cui viene colto solo l’aspetto morboso e folkloristico di una vicenda mi sento fuori luogo. Infatti ho dosato le mie ospitate. Gaia? Oggi sarebbe improponibile”

pubblicato 11 Luglio 2016 aggiornato 2 Novembre 2020 09:59

Torna questa sera su Rai 1 Fuori Luogo, il programma di viaggio e divulgazione scientifica condotto dal geologo Mario Tozzi e giunto alla seconda edizione (nel 2015 la prima, nel 2014 due puntate speciali). Otto appuntamenti, ogni lunedì, alle 23.35, per conoscere, esplorare e indagare quei luoghi dell’Italia dove l’impatto della modernità ha messo in crisi equilibri antichi, civiltà tradizionali e spesso anche la salute del territorio.

Blogo ha intervistato il conduttore, oggi Primo Ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Cosa vedremo nella nuova stagione di Fuori luogo?

Vedremo come la storia della Terra ha condizionato la storia degli uomini e come gli uomini hanno reagito trasformando a loro volto il territorio. È un programma di approfondimento, non di semplice descrizione dell’Italia – vedo che ce ne sono tanti programmi che lo fanno. Fuori luogo non fa vedere le bellezze e basta, ma cerca di farsi delle domande, di farne scaturire altre ancora e di dare qualche risposta.

La prima delle otto puntate è dedicata a Milano.

Sì, poi, in ordine geografico avremo il Delta del Po, Venezia, la Toscana e Firenze in particolare, l’Irpinia, la Sicilia e l’Agro-pontino.

Gianni Rivera sarà ospite della prima puntata.

Sì, perché rappresenta la Milano degli anni ’50 e 60′ che in parte raccontiamo in quanto lanciata al titolo di capitale industriale d’Italia anche come ricaduta delle Coppe dei Campioni vinte dal Milan. Rivera, pur essendo di Alessandria e non di Milano, ci sembrava interpretasse in maniera significativa questo ruolo… ci ha raccontato anche il motivo per cui abbiamo tutti tremato al momento del gol del 4-3 contro la Germania ai mondiali del 1970 in Spagna. Quel gol apparse a tutti un miracolo, ma in realtà era calcolato: al momento del tiro ci fu un cambiamento!

E nelle altre puntate chi ci sarà?

Quasi in ogni puntata ci sarà un personaggio non necessariamente così conosciuto, ma significativo di quel luogo, che abbia da raccontare storie perché le ha vissute in prima persona. Per esempio nell’ultima puntata, quella dedicata al 50esimo anniversario dell’alluvione di Firenze, ci sarà David Riondino, uno degli angeli del fango. E poi in un’altra Valerio Massimo Manfredi, da padano, racconterà il vecchio Po.

Rispetto alla scorsa edizione di Fuori luogo avete apportato particolari modifiche e aggiustamenti?

Nella forma sì. Raccontare il viaggio è una delle cose più complicate: in ogni puntata partiamo dalla sede della Società Geografica Italiana a Roma e abbiamo pensato di usare un montaggio serrato con particolari di me che mi muovo un po’ come nel film Kung fu Panda. In effetti noi lo chiamiamo ‘effetto Kung Fu Panda’, nel senso che lo schermo viene tripartito in diagonale, con i triangoli che si muovono in maniera indipendente l’uno dall’altro. E poi se l’anno scorso facevamo degli esperimenti scientifici nei luoghi dove stavamo e che spesso erano anche isolati, quest’anno invece abbiamo scelto di farli nei posti dove ci sono le persone. Alcuni programmi hanno le ricette di cucina in piazze, noi la ricetta di scienza. E la gente partecipa, dà pareri, si incuriosisce. Per il resto il viaggio è fatto sempre con mezzi pubblici: quasi mai aereo, ma in treno, pullman, in bicicletta, a piedi o in barca.

La cosa più difficile nella realizzazione di Fuori luogo qual è?

È un programma auto-prodotto, facciamo tutto noi, ci mettiamo parecchio per girare una puntata. E il problema è che abbiamo davvero troppo materiale, potremmo fare due ore, invece ne dobbiamo fare una. Quindi la cosa più difficile è decidere cosa lasciare fuori, è il lavoro di sintesi sulle cose da mostrare: la nostra idea è di mostrare anche un punto di vista non convenzionale.

La destinazione naturale del format è la seconda serata o lei preferirebbe andare in prime time?

Il format nasce come un programma di seconda serata, che regge anche molto bene nelle repliche del sabato e della domenica mattina. Qualche volta ha fatto ascolti davvero lusinghieri, in un’occasione anche più del Papa (ride, Ndr). Tranne in due occasioni, è stato il programma di seconda serata più visto di tutta la tv. A parte questo, che fa piacere, non è detto che non ci facciano fare qualche esperimento in prima serata…

Dando un’occhiata alla sua carriera televisiva, mi pare evidente che lei abbia sempre cercato di contaminare la divulgazione scientifica con l’intrattenimento, talvolta con partecipazioni votate al mero cazzeggio.

Sì, con il Trio Medusa…

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Certo, ma io pensavo anche al programma di Paola Cortellesi.

Ah, sì, l’inviato cialtrone del reality Il Cantiere.

Ecco. È stato un percorso naturale o studiato su basi scientifiche?

È stato un percorso naturale, perché risponde al fatto che non mi piace prendermi sul serio. Nelle tre edizioni de La Gaia scienza fatte con il Trio Medusa ci siamo così tanto divertiti che ancora oggi, ogni mese, vado a Radio Deejay. Inoltre ho degli autori con cui lavoro da sempre, come Cristoforo Gorno e Giovanna Ciorciolini, con una inclinazione alla presa in giro e allo scherzo. Anche in Fuori luogo, pur non esagerando come in Atlantide dove addirittura cantavo, fischietto le mie canzoncine. A Milano, per esempio Cochi e Renato! Non mi dispiace alleggerire. Credo che l’intrattenimento scientifico e l’approfondimento culturale non vadano disgiunti. Mescoliamo cose alte e meno alte, per esempio per l’Agro Pontino citiamo Pasolini a proposito di Sabaudia e lo mischiamo a Tiziano Ferro. Lo facciamo non soltanto e non tanto per acchiappare più persone, ma perché ritengo che la conoscenza di un posto avvenga attraverso diversi canali di vario spessore.

Lei risulta tra gli assistiti dell’agenzia Sosia e Pistoia, la stessa di attori e star del mondo dello spettacolo. C’è mai stato un momento in cui il personaggio televisivo Tozzi ha penalizzato o rischiato di farlo il geologo?

La parte geologica, scientifica, di conoscenza del territorio è sempre entrata nei miei programmi. Non faccio solo televisione, ma per potermi dedicare alla divulgazione ho dovuto compiere delle scelte: la mia ricerca scientifica oggi è molto di base, è ferma, ho scelto di fare un part time al Consiglio Nazionale delle Ricerche dove sono primo ricercatore proprio per dedicarmi a questo. Non so se questa questione sia stata penalizzante. Per me non lo è stata.

L’immagine del personaggio televisivo rischia di offuscare agli occhi del grande pubblico quella dello scienziato?

Questo non è mai accaduto. Quando avviene una catastrofe – e nel nostro Paese ne avvengono diverse – con pochissima difficoltà mi chiamano a raccontare di quell’evento luttuoso e a spiegarne le ragioni, senza che qualcuno abbia da ridire perché ‘eh, ma tu ridevi col Trio Medusa’. Non è mai successo. Da Porta a Porta a Unomattina, fino a La Vita in diretta nessuno ha contestato la credibilità della mia storia professionale. E io, comunque, continuo a studiare. Solo l’ottimo Aldo Grasso si domanda come faccia a stare sempre in televisione mentre faccio il ricercatore: in realtà io faccio 8 puntate all’anno. Ci sono molti ricercatori che stanno in televisione più di me…

Nel 2014 Grasso la definì “irascibile”…

Sì, altre volte ‘ideologo’, ‘nervoso’. È diventata ormai una questione personale. Quest’anno festeggio 20 anni di televisione. Ho iniziato nel 1996 a Geo&Geo dove conducevo uno spazio quasi giornaliero sulle scienze della Terra. Quando nel 2000 cominciai a condurre Gaia – Il pianeta che vive lui scrisse un articolo positivo ‘ecco un modo nuovo di divulgare, diverso da quello degli Angela, con competenza e leggerezza”. Io ho continuato a fare sempre la stessa cosa, a lui non piace più, non so perché. Ce ne faremo tutti una ragione (ride, Ndr).

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Scusandomi per il gioco di parole – immagino – abusato, le chiedo: si è mai sentito ‘fuori luogo’ nella tv italiana?

Sì, un sacco di volte. Per esempio mi sono sentito fuori luogo quando la tv pubblica mi ha chiamato in un contesto in cui veniva colto solo l’aspetto morboso e folkloristico di una vicenda. Sono rimasto lì perché è educato finire quando sei invitato, ma avrei preferito ripensarci. Infatti ho dosato molto le mie apparizioni, non in tutti i casi è giusto andare. Con i programmi invece no, non mi sono sentito fuori luogo. Vedo che non c’è molto spazio in più per la divulgazione tipo quella di Gaia, che era un programma innovativo e che oggi non sarebbe più proponibile per via dei costi e per il fatto che ormai i documentari uno se li trova sui canali satellitari. Sento però che c’è un po’ mancanza di queste cose qui che a me piacerebbe ancora fare, magari rivisitate. Fuori luogo nasce anche perché è un programma che, se visto con una certa attenzione, risulta straniante: si parla di Milano senza parlare del Duomo (ride, Ndr).

Con Piero e Alberto Angela c’è rivalità?

No, c’è un ottimo rapporto.

Non avete mai pensato di lavorare insieme in un progetto televisivo?

L’idea non sarebbe male. Piero io lo chiamo il mahatma, se non c’era lui oggi non ci sarebbe stato nessuno divulgatore in Italia. Con lui ci vediamo spesso in conferenze e presentazioni di libri, lo onoro e lo riverisco quanto debbo. Con Alberto c’è un rapporto di consuetudine: Gaia e Ulisse nacquero lo stesso anno. Non abbiamo mai pensato di fare qualcosa insieme perché gli stili sono molto diversi. Alberto ha uno stile tradizionale, classico, lo invidio molto. Ha aplomb, io sono più passionale. Chissà, magari potrebbe essere una miscela carina…

A fine 2015 ha lasciato i social…

Sì, che meraviglia, sto benissimo. Io Facebook l’avevo preso sul serio, ogni volta foto, considerazioni… ma certe volte non avevo proprio niente da dire e da scrivere. Dice: ‘Eh, ma senza Facebook non trovi i tuoi vecchi compagni di liceo’. Rispondo: ‘Eh, ma ci sarà un motivo per cui non voglio trovarli!’.