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Ballarò, Francesca Fagnani a Blogo: “Il mestiere dell’inviata è faticoso, non si può fare per tutta la vita”

L’intervista di Blogo a Francesca Fagnani, inviata di Ballarò.

pubblicato 15 Giugno 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 23:45

Inauguriamo oggi “Tv e l’altra cronaca/politica“, rubrica di contenuti inediti del palinsesto estivo di TvBlog dedicata al mondo dei talk show di approfondimento giornalistico su cronaca e politica. Si tratta, nello specifico, di interviste agli inviati dei suddetti programmi per cercare di capirne un po’ di più su questa professione, spesso erroneamente considerata di ‘secondo piano’ rispetto ai giornalisti tradizionali o ai conduttori in studio. Si tratta invece di un ruolo essenziale per l’economia dei programmi di informazione, spesso anche pericoloso se i reportage e i servizi sono d’inchiesta.

Prima ‘ospite’ di questa rubrica – che potrete leggere su Tvblog ogni mercoledì – è Francesca Fagnani, giornalista ed inviata di Ballarò, talk show politico del martedì condotto da Massimo Giannini su Rai3. Ma prima per lei una lunga gavetta, da La storia siamo noi con Giovanni Minoli ad Anno Zero e Servizio Pubblico con Michele Santoro. Tanti i reportage realizzati finora: dall’intervista a Panama al latitante Lavitola ad un’inchiesta sui Casamonica (per Servizio Pubblico), dal documentario-inchiesta su soldi e pedofilia in Vaticano “Giallo Vaticano” (realizzato per Servizio Pubblico Più) ai reportage per Ballarò sulle periferie di Roma (Tor Bella Monaca, Ponte di Nona), sui clan operanti sul territorio della Capitale e sui quartieri difficili di Napoli (l’inferno del Rione Sanità e lo spaccio nel Rione Traiano).

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Come hai iniziato a muovere i primi passi in questo lavoro, in particolare quello di inviata?

Mi ritengo fortunata perché sin dall’inizio ho avuto l’opportunità di lavorare con mostri sacri della TV: prima con Giovanni Minoli e poi con Michele Santoro. Due grandissime scuole. Mi hanno insegnato tutto e soprattutto la passione per la TV.

Cosa aggiungeresti o toglieresti a un programma di cronaca e politica se fossi autrice?

La cronaca è un genere ampio, nobile e molto maltrattato perché è venuto meno il suo linguaggio specifico: il racconto. Mi piacerebbe vedere più reportage e meno temi tormentoni spalmati ovunque e su tutte le reti.

Quali sono per te le tre regole da seguire per essere un buon inviato?

Raccontare i fatti, illuminare l’umanità che questi fatti investono e, se sei bravo o ti dice bene, trovare e dare una notizia in più.

C’è un limite che non deve essere varcato?

Il rispetto della vita delle persone, soprattutto quelle non note.

Quanto è importante la sintonia con il conduttore del talk?

Molto, ma è più importante essere in sintonia con l’impostazione del programma.

Quanto margine di libertà/autonomia ha un inviato?

Per quel che mi riguarda, sono sempre stata libera e autonoma nel fare il mio racconto, che poi può non piacere, ma questa è un’altra storia.

Come ci si regola se un inviato dissente rispetto a una scelta editoriale? Com’è gestito il dissenso?

Si dissente. Mica siamo in Corea del Nord?!

Questo tipo di lavoro porta spesso a stare lontani da casa: quanto è difficile conciliare carriera e vita privata?

È faticoso. Non si può fare l’inviato per tutta la vita.

Che consiglio daresti a un giovane che vuole intraprendere questo lavoro?

Studiare tanto, prepararsi, sviluppare uno sguardo personale sul mondo che lo circonda e tenersi lontano dal pensiero unico.

Come si gestisce al meglio un problema tecnico del collegamento?

Dichiarandolo. A questo proposito, qualcuno a me caro ha quasi inventato il genere tv del “disguido tecnico”.

L’inviato deve mantenersi equidistante o può lasciar trapelare il proprio punto di vista?

Il rispetto della verità dei fatti è obbligatorio, ma poi come si fa a non avere un proprio punto di vista? Se così non fosse i servizi sarebbero tutti uguali.

C’è un’inchiesta o un argomento che ti ha particolarmente coinvolto, per esperienze personali o lavorative?

Un documentario dal titolo “Giallo Vaticano”, realizzato per il programma Servizio Pubblico. Ho affrontato il tema della pedofilia nella Chiesa. Ho raccolto interviste di vittime e carnefici. È stato tremendo.

C’è competizione (interna ed esterna Rai/Mediaset) tra inviati?

Eeeh, certo..

Hai lavorato in alcuni dei principali talk show di approfondimento politico, come Servizio Pubblico: Che ricordo hai di quell’esperienza? E di Michele Santoro?

La mia gratitudine nei confronti di Michele Santoro è per sempre. Non è solo un grande creatore e innovatore dei linguaggi televisivi (quanti talk hanno mutuato da lui idee, stile, servizi, scenografia?), ma Michele ha la generosità del maestro. Ho imparato tanto.

Per Servizio Pubblico hai curato molti reportage d’inchiesta e lo stesso fai attualmente per Ballarò. In tv il telespettatore vede solo il risultato finale, cioè il servizio. Cosa significa oggi essere un’inviata d’inchiesta e cosa non si vede da casa del vostro lavoro?

Fare inchieste e reportage è molto impegnativo. Bisogna trovare le notizie, verificarle, trovare le fonti, proteggerle, rendere la notizia racconto televisivo, attraverso le interviste, le riprese e il montaggio. Si pensi al lavoro che c’è dietro ad ogni puntata di Report.

Per Ballarò hai fatto inchieste sulla criminalità nel Rione Sanità di Napoli, a Roma hai raccontato le mafie che hanno messo le mani sulla capitale e lo spaccio di Tor Bella Monaca: c’è stato un momento o degli episodi in cui hai avuto paura durante la realizzazione del servizio?

Raccontare le piazze di spaccio di Rione Traiano la notte non è stata una passeggiata di salute. La realtà di Napoli non è abbastanza centrale né in tv né sui giornali,eppure il numero dei morti ammazzati nell’ultimo anno è impressionante. Si ha la tendenza a considerarla una questione locale e invece non è così. I fiumi di droga spacciati a Roma provengono principalmente dalla camorra, che pulisce i soldi sporchi nei ristoranti e negozi del centro di Roma. Napoli è qui. Ma la domanda era un’altra. Sì, mi è capitato di trovarmi in situazioni difficili, ma “chi per quei mari va, quei pesci piglia”. Mica si può pretendere che i criminali siano felici di essere raccontati come tali.

Il talk show, come genere televisivo, è in crisi?

Prima i talk politici erano pochi e si riusciva a creare un appuntamento con il pubblico. Poi c’è stata la frammentazione dell’offerta ma la compagnia di giro dei politici che vanno in tv è sempre la stessa. È chiaro che l’effetto è un impoverimento o banalizzazione della proposta televisiva.

Ballarò è davvero a rischio chiusura?

Non lo so, non credo..

Perché, secondo te, Ballarò sta virando anche su argomenti meno politici come cibo e alimentazione, acqua, omeopatia?

Come si è visto nelle ultime amministrative, i dati dell’affluenza alle urne sono bassi, segno che la politica coinvolge meno. Per questo si è cercato di trovare anche altri argomenti.

Il gossip e la tua storia con Enrico Mentana hanno condizionato il tuo lavoro?

Nel mio lavoro, che svolgo da più di 15 anni, vengo giudicata nel bene o nel male per quello che faccio, non certo per i miei affetti.

La stagione tv volge al termine, Ballarò chiude il 5 luglio: quali sono i tuoi progetti lavorativi per l’autunno?

Vedremo..

Che cosa sogni di diventare? E nel tuo lavoro cosa vorresti fare che ancora non hai fatto? Ti piacerebbe condurre?

La cosa più bella da fare è sempre quella che si sta facendo.