60 Anni di Rai – Pippo Baudo a TvBlog: Cara Rai, tanti auguri e ricordati chi sei
Passare in carrellata la carriera di Pippo Baudo è come ripassare, in una suggestiva crono sequenza la storia della Rai Radiotelevisione Italiana.
Quindi oggi, giorno del sessantesimo compleanno della televisione e della Rai (il 3 gennaio 1954 la Tv pubblica iniziava le trasmissioni televisive regolari, QUI lo speciale di Blogo) dare la parola a Pippo Baudo, equivale, in qualche modo, a dare la parola alla televisione. TvBlog gli ha chiesto di raccontare la sua lunga storia d’amore, separazioni comprese, con la Rai. Buona lettura.
-
Cara Rai auguri e ricordati chi sei
di Pippo Baudo
La Rai è il mio grande amore, alla Rai devo tutto. La televisione è arrivata nel Sud del nostro paese tre anni dopo il suo debutto. Appena arrivata quasi nessuno l’aveva in casa, allora ci trovavamo tutti in un bar, come già ho raccontato ai lettori di TvBlog e vedevamo le prime trasmissioni della televisione, ovvero Telematch con Enzo Tortora e Lascia o raddoppia con Mike Bongiorno. Ricordo benissimo che allungavamo quanto più possibile le consumazioni, per poter stare quanto più tempo davanti a quell’unico apparecchio televisivo.
Poi dopo laureato, decisi di partire per Roma, dove mi ricordo mi appostai davanti agli studi Rai, in attesa di fare un provino. Ricordo che in quell’occasione vidi uscire dagli studi il giornalista Piero Mazzarella ed il colonnello Bernacca, a cui mi rivolsi con grande rispetto. Feci in seguito il provino, dove c’erano come esaminatori, fra gli altri, i registi Antonello Falqui e Lino Procacci. Non mi ero preparato nulla e caso vuole che Falqui mi chiese di improvvisare la conduzione del Festival di Sanremo, si vede proprio che era destino. Falqui poi si stupì moltissimo della mia dizione, pensava che venendo dal Sud Italia dovessi per forza avere un accento meridionale. Gli dissi che ascoltavo moltissimo gli annunciatori radiofonici e che da loro avevo imparato a parlare senza accento.
Ricordo che quando uscii dallo studio, dopo aver sostenuto il provino, l’assistente di studio mi disse: Credo che ci rivedremo molto presto. Quella frase mi incoraggiò moltissimo ed infatti lui ebbe ragione. Dopo tre giorni mi chiamarono per condurre Guida degli emigranti e Primo piano. In quel periodo non avevo ancora deciso se intraprendere la carriera di giornalista televisivo o di conduttore, ma la svolta arrivò nel 1966 quando, come più volte ho raccontato, complice il mancato arrivo di una bobina del telefilm Rin Tin Tin, va in onda, come si direbbe ora, la puntata numero zero di Settevoci. Quel programma ebbe un grande successo, tanto che mi portò poi nel 1968 a condurre il mio primo Sanremo.
In quegli anni imperava nel sabato sera il grande varietà di Antonello Falqui ed i suoi Studio 1, ma uno degli appuntamenti più popolari era quello del sabato sera con Canzonissima. Dopo le edizioni degli anni ’60, ne cito una su tutte, quella con Walter Chiari, Paolo Panelli e Mina, arrivò nel 1970 l’edizione condotta da Corrado e Raffaella Carrà, ebbe un tale successo che furono confermati anche per l’anno dopo, cosa inusuale visto che la tendenza era di cambiare i conduttori ogni anno. Nel 1972 arriva per me Canzonissima che conduce con Loretta Goggi, con cui feci l’anno prima La freccia d’oro.
Ricordo alla prima puntata mi rivolsi alle telecamere e dissi al pubblico: “Scusate, devo dire una cosa ad una persona. Corrado scusami se sono qua, dammi per favore la benedizione”. Canzonissima la feci anche l’anno dopo, poi però ricordo che mi chiamò l’allora direttore della Rai Angelo Romanò, che mi disse: “Bisogna diminuire il successo di Canzonissima, abbattiamola. C’è troppo tifo”. Complice la crisi energetica e le domeniche a piedi di quegli anni, il programma fu spostato alla domenica pomeriggio. La lotteria si spostò a Milano dove facemmo Un colpo di fortuna, Chi? e Secondo voi, dove lanciai Beppe Grillo, che vidi la prima volta in un locale milanese: La bullona. In Secondo voi debuttò anche come autore Michele Guardì con suo cugino Enzo Di Pisa, allora due “avvocaticchi”.
Con Grillo feci poi anche Luna Park, il varietà del sabato sera dove feci debuttare Heather Parisi. Grillo era ed è, ora in altro campo, un grandissimo talento. Ricordo che a fianco di lui c’era un giovanissimo Antonio Ricci, ricordo che li ospitai a casa mia per tre mesi a Morlupo entrambi. In seguito volli affiancare a Beppe per i testi Luca Goldoni e Stefano Benni e devo dire che con il loro arrivo, il tasso artistico delle performance di Grillo salì molto. Nel 1979, come accadde con Canzonissima, mi trovai di nuovo a prendere il posto di Corrado, stavolta in Domenica in.
Quel rotocalco rimane a mio giudizio uno dei esempi più belli della televisione pubblica. Parlavamo ogni settimana, nel corso delle sei ore della domenica, di teatro, cinema, libri e spettacolo, con ospiti i protagonisti delle varie opere. Un esempio che ci copiarono pure all’estero, ricordo che la televisione francese fece un programma molto simile al nostro. Poi mi chiamò Emmanuele Milano, direttore di Rai1, che mi chiese di tornare a fare un grande spettacolo per il sabato sera, dove Canale5 nel frattempo aveva collocato una specie di Canzonissima, dal titolo Premiatissima, condotta da Johnny Dorelli. Tornammo quindi a riaccendere le luci del teatro delle Vittorie con i vari Fantastico. Ne ricordo uno su tutti, Fantastico 7, con Lorella Cuccarini, Alessandra Martines ed il trio Lopez Marchesini e Solenghi.
Ricordo che venne Lucio Dalla in quelle settimane, a farmi sentire “Caruso” che lui non voleva cantare. Ci accordammo che lui si sarebbe posizionato al centro del palcoscenico, con un unico fascio di luce, con le immagini in bianco e nero di Caruso che scorrevano alle sue spalle. Un’edizione quella davvero “fantastica”. Ogni settimana mettevamo in scena praticamente un musical, provando solo 4 giorni. Quel Fantastico fu anche quello della battuta sul “nazional popolare” dell’allora presidente Rai Enrico Manca. Molti mi chiedono se mi fossi messo d’accordo con Gigi Vesigna, allora direttore di Sorrisi e Canzoni, per quella domanda, quando mi chiedeva se mi fossi risentito della frase di Manca. In verità non ci eravamo messi d’accordo per niente. Fui molto offeso per quella frase dell’allora presidente Rai e per quella mia battuta in diretta pagai pesantemente, tanto che poi dovetti andarmene. Andai a Fininvest convinto di fare il direttore artistico delle reti di Berlusconi, anche se ben presto vidi che non ero ben accetto in quel ruolo dagli artisti storici del gruppo. Solo Mike fu gentile con me. Alla fine me ne andai, senza per altro avere alcuna certezza professionale per il mio futuro.
Ma la Rai era sempre dietro l’angolo e sul ritorno alla televisione pubblica c’è una piccola leggenda. Si dice che l’allora direttore generale Rai Biagio Agnes, in visita al suo paese per la commemorazione dei defunti, incontrò una signora, che gli disse che se non avesse fatto tornare in Rai Baudo, sarebbe morto a breve. Se questo fosse vero non lo so, sta di fatto che Agnes mi convocò e da lì a breve tornai in onda con Serata d’onore su Rai2. Ricordo la prima puntata, bellissima, con Adriano Celentano ed un allora poco conosciuto dal grande pubblico Jovanotti. Poi arrivarono Gran Premio, la prima accademia dello spettacolo, molto prima dell’arrivo di Amici di Maria De Filippi.
Quindi Numero Uno, il primo programma che ha messo in primo piano la gente comune, mostrando le loro professioni e mettendoli in gara fra di loro. Poi arrivò la direzione artistica con Letizia Moratti ed in quel periodo lanciai il preserale Luna Park, dove facevo gioco di squadra fra i conduttori Rai da Frizzi a Bonolis, passando per Milly Carlucci e Mara Venier. Poi ci fu un passaggio di nuovo a Mediaset, fino a tornare su Rai3 con Giorno per giorno prima e con Novecento poi, programma questo che è passato poi su Rai1. Nelle ultime due stagioni sono stato in onda con il Viaggio su Rai3, un programma questo che mi ha fatto scoprire, se ce ne fosse ancora bisogno, di quanto è bello il nostro paese.
Ora vorrei tornare su Rai1, in prima serata, con uno spettacolo che, un po’ come faceva la mia Domenica in di cui ho parlato, raccontasse e presentasse al pubblico della televisione lo spettacolo e la cultura a 360 gradi, con i suoi protagonisti. Ma di questo, evidentemente, torneremo a parlarne nella prossima stagione.
Oggi voglio fare tantissimi auguri alla Rai, la mia azienda, l’azienda che amo, che ho sempre amato e che amerò sempre. L’augurio più grande che posso farle, oggi, nel giorno del suo sessantesimo compleanno è quello di ricordarsi chi è, di ricordarsi cioè di essere la Rai.