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Romani conferma: Beauty Contest al via fra poche settimane

Il Beauty Contest per l’assegnazione dei 5 multiplex per il digitale terrestre dovrebbe partire “fra poche settimane“, questo almeno quanto dichiarato dal Ministro Paolo Romani. Si continuano ad accumulare ritardi nel tentativo di trovare appigli che consentano di non far partecipare Sky Italia, ma dopo la pioggia di quesiti e ricorsi il governo sembra essersi

pubblicato 10 Marzo 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 08:03


Il Beauty Contest per l’assegnazione dei 5 multiplex per il digitale terrestre dovrebbe partire “fra poche settimane“, questo almeno quanto dichiarato dal Ministro Paolo Romani. Si continuano ad accumulare ritardi nel tentativo di trovare appigli che consentano di non far partecipare Sky Italia, ma dopo la pioggia di quesiti e ricorsi il governo sembra essersi arreso, anche se non pare ci sia tutta questa fretta di avviare il “concorso di bellezza” (letteralmente).

Si staranno inventando qualcosa da inserire nel bando? Che so, il divieto di partecipazione per le aziende che hanno nomi di tre lettere che cominciano per “S” e finiscono per “y”? Tutto è possibile. Intanto il tema del beauty contest si intreccia con quello dell’asta per le frequenze della banda larga mobile. I 2.4 miliardi di euro che lo Stato ha già dato per incassati potrebbero non arrivare dopo l’opposizione del Ministero della Difesa che non sembra intenzionata a liberare gratuitamente le frequenze sui 2.6 GHz.

Le Forze Armate vogliono un indennizzo, viceversa continueranno ad occupare quella porzione di etere. Un bel problema perché così restano disponibili “soltanto” i canali dal 61 al 69 degli 800 MHz tolti alle tv locali, poco spazio per pretendere dagli operatori delle TLC i due miliardi e mezzo di euro che servono per tenere in piedi i conti pubblici. La domanda, ovvia, sul perché non si possa “compensare” andando a chiedere soldi alle tv che intendono partecipare al beauty contest trova la pronta risposta di Romani.

Secondo il ministro è tutta colpa dell’Europa che ci ha “imposto” la cessione gratuita delle frequenze per le tv. Non è esattamente così. Vero, 16 paesi su 19 hanno scelto questo metodo, gratuito, per dare banda trasmissiva ai network tv dopo lo switch-off. Quello che Romani non dice è che il più sostanzioso impedimento all’apertura di un’asta viene dal fatto che la distribuzione del dividendo digitale è obbligata da una vecchia procedura d’infrazione aperta della UE sulla Legge Gasparri.

A Bruxelles non avevano gradito il passaggio automatico che ha visto assegnare ai due incumbent Rai e Mediaset ben 5 multiplex a fronte delle teoriche 3 frequenze nazionali dell’analogico. Un’assegnazione per di più sostanzialmente gratuita. L’Europa ci impone di consentire l’accesso ad altri operatori (e ha per questo revocato gli obblighi antitrust di Sky), sarebbe quindi certamente paradossale chiedere a questi nuovi soggetti di pagare un sostanzioso indennizzo che i vecchi operatori non hanno dovuto versare. L’avremmo potuto fare? La risposta è sì, ma il parlamento bocciò una proposta dell’On. Gentiloni che andava in questa direzione e si limitò a ratificare le raccomandazioni dell’AgCom.

Inoltre dei 5 multiplex del dividendo soltanto 3 saranno riservati a società diverse da Rai e Mediaset, a questo punto diventa chiaro che se l’Europa riteneva sproporzionate le 10 frequenze per Mamma Bisciona RaiSet alla fine del beauty contest il colosso duopolistico avrà addirittura 12 Mux a disposizione. Non il risultato auspicato e auspicabile.

E’ necessario ricordare, per chiarezza, che secondo la normativa italiana vigente (un regalone del Governo D’Alema che risale al 1999) i concessionari di frequenze televisive sono obbligati a versare soltanto l’1% del fatturato allo Stato contro il 4-5% della media europea. Insomma, il gioco è truccato sin dal principio e l’Europa non ha gli strumenti e pare nemmeno la volontà per aiutare l’Italia ad uscire da una spirale anti-concorrenziale che favorisce i soliti noti.