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Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2011

Roberto Benigni – Festival di Sanremo 2011 Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2011: l’aveva annunciato Morandi nel corso del primo Question Time di questo Festival, e ora è il suo momento, proprio nel corso della terza serata, quella dedicata all’Unità d’Italia. Si esibisce di fronte al direttore della RAI Mauro Masi, di fronte al

pubblicato 17 Febbraio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 08:36


Roberto Benigni – Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011
Roberto Benigni - Festival di Sanremo 2011

Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2011: l’aveva annunciato Morandi nel corso del primo Question Time di questo Festival, e ora è il suo momento, proprio nel corso della terza serata, quella dedicata all’Unità d’Italia. Si esibisce di fronte al direttore della RAI Mauro Masi, di fronte al Ministro della Difesa, Ignazio La Russa e di fronte al Ministro per la Gioventù Giorgia Meloni.

Benigni dovrebbe fare l’esegesi dell’inno di Mameli, nel frattempo però rivisita la storia d’Italia, con continui parallelismi fra l’antichità e la modernità. Per esempio, Cavour, il secondo statista più grande di 150 anni di storia d’Italia, che poi ebbe uno scandaletto, lo beccarono con la nipote di Metternich.
E poi, l’eroe dei due mondi: Garibaldi, non Marchionne.
E Silvio Pellico e “Le mie prigioni”.

La visione di Benigni sulla satira: La base della democrazia è prendere in giro il potere. Come non condividere?

E poi esalta l’Italia. Quella di una volta, se non altro, con una visione un po’ romantica dell’Unità d’Italia, se vogliamo, ma con un sano patriottismo che non degeneri mai nella malattia del nazionalismo. “L’Italia è il primo paese dove nasce prima la cultura e poi la nazione”. E ancora: “Un paese che non proclama con forza i propri valori e le proprie virtù è pronto per l’oppressione”. Dopo una breve introduzione con qualche battuta, il monologo di Benigni diventa un’appassionatissima, innamorata lezione di storia: cita uomini e donne che hanno fatto grande un’Italia passata: “eran pronti a morire veramente, perché noi vivessimo”; invita a godere della felicità, quella che non è cara, quella che non si compra con il denaro: “e se la felicità si dimentica di voi, voi non dimenticatevi della felicità”. E poi deve chiudere, perché è andato veramente lungo. Ma lo si sarebbe stato ad ascoltare per ore.

E la chiusura è potentissima. Benigni canta l’inno di Mameli, a cappella. Standing ovation, tutti impiedi. Tutti. Anche la prima fila. Chi potrà dire qualcosa, oggi, contro Benigni? Nessuno.


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