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Blob fa 25 anni, Ghezzi: “Il suo compito? Andare verso la grande bruttezza…”

“…contrapposto alla vomitevole ondata delle Grandi Bellezze da Fazio”. Quando si dice ‘spirito di scuderia’.

pubblicato 19 Aprile 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 05:27

Blob ha compiuto 25 anni lo scorso 17 aprile ed ha festeggiato con una puntata speciale (video) che ripercorso questo quarto di secolo tra politica e costume, storia ed eventi minimi. Il Giornale ha intervistato Enrico Ghezzi, ideatore del programma con Marco Giusti e ora suo unico ‘referente’.

Un anniversario importante, che permette di fare un bilancio non solo del programma, ma anche delle mutate condizioni politico-culturali di contesto.

«Volendolo definire, Blob è l’anonimato o l’autorialismo diffuso. Ogni visionario, a casa, avrebbe voglia di essere lui, l’autore. Noi di Blob siamo la scimmia a molte teste. Alla nascita, Blob era un tizzone ardente, dal punto di vista politico: mostrava la faccia nascosta della a-legalità di Craxi. Che, infatti, voleva chiuderci. Anche se era un nostro fedele spettatore»

ricorda Ghezzi, che ha poi trovato in Berlusconi un nuovo ‘antagonista’ per il suo racconto:

«Per noi Berlusconi è il Colosseo. Un monumento, un resto decisivo dal quale attingere in continuazione. Affascinante come Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi. Negli ultimi anni c’è stata una perdita d’intensità, man mano che Berlusconi spariva. Il suo linguaggio facciale è irresistibile. Poi parla veloce, ma ha molte esitazioni. Ho montato un Blob di tre ore su di lui. Peccato se la sia presa quando abbiamo schiacciato la sua immagine, facendolo diventare una lineetta».

Ma di certo non sono più i tempi in cui un montaggio alternato scatenava interrogazioni parlamentari e querele per diffamazione:

«(Il successo di Blob è legato a) un’autonomia editoriale straordinaria, certo. Che da 15 anni non c’è più. Quand’è nata la trasmissione, la politica prendeva il controllo di tutto e noi volevamo scardinare questo. Oggi, però, il vuoto politico non ci giova. E siamo penalizzati dalla par condicio, proprio nel venticinquennale».

Ma quali sono gli ingredienti per un perfetto ‘blob’?

«Da una parte dev’esserci l’elemento comico per dentiere, volgare e plebeo. (…) Dall’altra, un valore politico. Come per il vino a calo nelle osterie: deve venire giù una certa quantità. Soprattutto dev’esserci l’intensità. Ciò che ti fa alzare la testa e fissare un punto, mentre l’attenzione elabora».

E ammette di avere uno spezzone preferito (inserito nel Blob del venticinquennale):

«Quello in cui la senatrice Marinucci, in piena campagna politica, si ferma e dice: ?’La rifacciamo??.’ La conduttrice, pronta: ?’Ma onorevole, siamo in diretta!’?».

Certo è che la scuola genovese ha contribuito tra la metà degli anni ’80 e i primi ’90 a svecchiare il linguaggio tv con programmi che continuano ad andare in onda. Il pensiero corre ad Antonio Ricci e alla sua Striscia la Notizia, che – a detta di Ghezzi – “ci ha messo degli anni a diventare un tg tristemente ?alternativo?, ma non troppo“.

Se sia un complimento non è dato capirlo (a occhio direi di no), ma Ghezzi addolcisce l’affondo definendo Ricci “battutista geniale” e riconoscendo “una vicinanza ideologica, anche se ritengo politicamente più affine Drive In, così pop e americano, montato in velocità“. E dire che i due avrebbero dovuto realizzare nel 1988 un programma intitolato Luogo comune di cui non si è saputo più niente. E se fosse Giass?

‘Ipotesi’ a parte, l’augurio di Ghezzi a Blob per il suo compleanno probabilmente non piacerà troppo al direttore di Rai 3 Andrea Vianello, sempre molto attento allo spirito di squadra:

«(auguro a Blob) di continuare a far bene il suo lavoro teorico-politico, contrapposto alla vomitevole ondata delle Grandi Bellezze da Fazio, con la sua ideologia della bellezza somministrata, eugenetica. Il nostro compito storico va verso le ?piccole bruttezze?».

Beh, tra liguri non se le mandano a dire. In fondo l’Italia resta quella dei campanili, delle fazioni, delle contrade, degli orticelli, delle ideologia e dei pulpiti. E da che pulpiti talvolta arrivano le prediche…

 

 

Via | Il Giornale