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Il bambino cattivo, Pupi Avati ci ricorda che anche la fiction può avere un’utilità sociale

Il bambino cattivo è una fiction che tratta un argomento difficile senza essere noiosa, con una storia reale che riesce ad emozionare il pubblico e riuscendo, grazie a dialoghi azzeccati, a diventare un film-tv utile a far conoscere un fenomeno diffuso

pubblicato 20 Novembre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 11:38

Ogni tanto la Rai si ricorda che nel servizio pubblico anche la fiction dovrebbe avere la sua parte: questa sera, con “Il bambino cattivo”, il pubblico ha potuto assistere ad un racconto che non li ha portati in tempi antichi, felici sobborghi o lussuose ville, ma ha potuto seguire un racconto vero, legato all’attualità con una forza insolita per la nostra fiction.

Pupi Avati, alla regia del film-tv, ha portato sul piccolo schermo una storia che immerge la propria tensione nelle notizie che purtroppo sono nell’aria della vita quotidiana: due genitori che litigano e che separandosi coinvolgono il loro figlio, strumento e non più persona. La famiglia, su Raiuno, non diventa più centro di racconti che entro il termine della prima serata portano al lieto fine.

Forse è questa la scelta che ha reso “Il bambino cattivo” un film-tv vero e non intriso di ipocrisie su temi apparentemente vicini ai telespettatori. Offrire una storia il cui finale non lascia del tutto sereni, che lasci una sensazione di incompiuto e che faccia spegnere la tv con delle domande non è, purtroppo, una cosa da sempre nella nostra televisione.

Avati, nonostante qualche semplicità di troppo nella sceneggiatura nella prima parte, sceglie di lasciare stare l’elemento di sorpresa per andare dritto al punto. Ed ha deciso di affidarsi con coraggio alla voce del bambino protagonista, attraverso i cui pensieri il film-tv trova la sua potenza narrativa. Quando pensa “Non mi faranno piangere”, la fiction raggiunge il suo obiettivo: quello di dare uno schiaffo fortissimo agli adulti, contro cui Avati si scaglia sottolineandone l’arroganza e la debolezza.

La seconda parte del film-tv, poi, ingrana anche nei dialoghi, catturando un realismo che fa emozionare e riflettere, soprattutto nell’approccio della coppia che vorrebbe prendersi cura del protagonista. Così, “Il bambino cattivo” diventa una fiction di impegno sociale che fondendo emozioni e lezioni colpisce nell’animo di un pubblico troppo spesso abituato a racconti distanti.

“Il bambino cattivo” ci insegna che le storie che la fiction italiana ci può raccontare non devono per forza essere così lontane nei tempi e nei luoghi: la società può essere protagonista in tv, e questa sera ne abbiamo avuto un esempio.


Il bambino cattivo