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Tendenze di Fine Stagione

Premessa doverosa. Il fatto che TvBlog raccolga sempre più spesso l’interesse degli addetti ai lavori, che spesso si propongono anche per scrivere e regalarci qualche chicca è per il sottoscritto e per tutto lo staff motivo di orgoglio, e speriamo che anche per voi lettori la cosa sia gradita. Detto ciò, vi propongo con estrema

8 Novembre 2006 13:24

Premessa doverosa. Il fatto che TvBlog raccolga sempre più spesso l’interesse degli addetti ai lavori, che spesso si propongono anche per scrivere e regalarci qualche chicca è per il sottoscritto e per tutto lo staff motivo di orgoglio, e speriamo che anche per voi lettori la cosa sia gradita. Detto ciò, vi propongo con estrema gioia un post molto tecnico ma allo stesso tempo davvero interessante. Lo firma Pea (ovviamente, un nickname), che si occupa di strategie di palinsesto e ascolti (argomenti che da sempre suscitano grande interesse nei nostri lettori, come testimonia l’interesse per la rubrica Auditel, ormai appannaggio del nostro Share), dove si analizzano tendenze di ascolti e si confrontano la tv generalista con SKY. Buona lettura.

Tabella L’andamento di questo inizio di stagione è senza dubbio anomalo. Per la prima volta, le tv generaliste faticano a raggiungere in prime time la soglia del 25%, a favore delle tv satellitari che stanno ampliando il loro bacino d’utenza. L’ascolto, insomma, è sempre più frammentato e a nessuno è dato raggiungere le platee oceaniche di qualche anno fa.

Ad esempio, nel 2004 i programmi che nell’intero giorno hanno superato il 30% di media sono stati 49, mentre nel 2005 soltanto 33.
Se prendiamo come riferimento le stagioni tv il trend non cambia: nel 2004-2005 sono stati 42, nel 2005-2006 sono stati 33.

Sky, infatti, continua la sua crescita. 280.000 telespettatori di media dalle 21:00 alle 23:30 per le Satellitari rispetto a settembre 2005: passa da 1 milione 200mila telespettatori a 1 milione 480mila. I target che hanno guadagnato di più (anche se crescono un po’ tutti): bambini, giovani e cinquantenni, prevalentemente laureati. Le fasce orarie in sui Sky cresce maggiormente sono: intero giorno, mattutina, pomeridiana, ma soprattutto il prime time e la seconda serata. In queste ultime fasce raddoppia il suo pubblico in numeri assoluti. (Cliccare sulla tabella per ingrandirla)

Sicuramente causa ed effetto della crescita delle Altre reti è stata anche la programmazione selvaggia a cui si è assistito in questo inizio di stagione. Rai e Mediaset, per fronteggiare i risultati non proprio eccezionali dei loro programmi, hanno cominciato infatti a modificare quasi quotidianamente i loro palinsesti, andando a scontrarsi con il fondamento base della tv generalista che è la fidelizzazione del pubblico.
E le conseguenze non hanno tardato a manifestarsi. Ad esempio, Distretto di polizia 6 è andato in onda in quasi tutti i giorni della settimana, determinando un andamento degli ascolti decisamente insolito, con perdite di share, da un giorno ad un altro, di quasi 10 punti. Un altro caso emblematico è rappresentato da Wild West, le cui tre puntate andate in onda sono state programmate tutte in giorni diversi (la domenica, il lunedì e il martedì, fino poi alla chiusura).

Un altro effetto della crisi delle reti generaliste è la tendenza a ricorrere sempre più frequentemente ad espedienti come la suddivisione in parti di un programma per recuperare punti di share, eliminando dalla media degli ascolti il break pubblicitario.
Di scorporamenti è tappezzata oggi l’intera programmazione giornaliera, con programmi “spezzettati” anche nelle fasce mattutina e pomeridiana. Ad esempio, prendiamo Occhio alla spesa. Pur durando solo 50 minuti, il programma condotto da Alessandro Di Pietro è suddiviso in due parti. In questo modo, nel conteggio della media del programma viene scorporato l’unico break che va in onda dentro il programma, anche se i risultati della trasmissione continuano a essere tutt’altro che brillanti.
Neanche un professionista come Maurizio Costanzo riesce a resistere alla tentazione dello scorporamento. I risultati non proprio esaltanti ottenuti dalla sua nuova trasmissione Buon pomeriggio, hanno indotto i vertici Mediaset a suddividere il contenitore, dopo la prima settimana di programmazione, in due parti. Peccato, però, che lo scorporamento di un break non riesce a bloccare l’inesorabile calo dei risultati registrato nelle ultime settimane.
In access prime time, anche lo sfortunato Mercante in fiera su Italia1 le sta provando tutte per cercare di risollevare il vertiginoso calo di ascolti registrato dall’inizio di questa stagione. Ma quando il flop è così evidente, neanche lo scorporamento riesce nel miracolo. Dopo aver registrato nella prima settimana di programmazione una media disastrosa dell’8,01% di share, a Italia1 hanno pensato bene di scorporare la prima parte del gioco che soffriva la sovrapposizione con i Tg di RaiUno e Canale5. I risultati, però, sono cambiati di pochissimo, peggiorando: solo il 5,92% la media della prima parte e il 7,60% la media della seconda.

Il cambiamento in atto dei gusti del pubblico è dimostrato anche dalla crisi di alcuni generi che, fino alla scorsa stagione, erano considerati roccaforti della tv generalista, ad esempio la fiction italiana.
La stagione, infatti, è subito iniziata con due flop: Giorni da leone 2 (ferma al 12% e sospesa dopo solo una puntata) e L’ultima frontiera (solo il 19,28%). Ma anche Joe Petrosino ha registrato un andamento anomalo, avendo ottenuto il risultato migliore nella prima puntata, anziché nella seconda (come solitamente avviene).
La disaffezione del pubblico nei confronti di questo genere è provato anche dai risultati sorprendenti che stanno ottenendo le serie americane, come se la crisi fosse riconducibile prevalentemente ad un disinteresse per il prodotto italiano. Dr. House, NCIS e CSI stanno ottenendo infatti ottimi ascolti (per non parlare di Lost il lunedì su Fox, che sfiora i 500.000 telespettatori).

Un altro genere in difficoltà è sicuramente il reality. La causa degli insuccessi è per lo più riconducibile ad una profusione di questa tipologia di programmi, per cui il pubblico non è in grado di seguirli tutti.
Quindi, più che parlare di crisi di genere, dobbiamo dire che il pubblico ha imparato a scegliere. Se si annoia va sul satellite o fruisce media alternativi.
Ad essere in crisi è semmai il reality come è stato declinato finora e bisogna orientarsi su altri modi di fare intrattenimento, anticipando i gusti del pubblico. Non è più sufficiente vedere un vip che si cimenta in una specialità o che litiga con i propri colleghi… il pubblico ha voglia di guardare qualcosa di diverso.
Pea