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Lorella Zanardo e “Il Corpo delle Donne” al Festival di Perugia

Il Corpo delle Donne, il documentario di Lorella Zanardo, di cui abbiamo già parlato in passato, protagonista al Festival del Giornalismo di Perugia. L’autrice di quello che Enrico Ghezzi ha definito “un saggio visivo“, realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi, è tornata a parlare delle modalità di rappresentazione delle donne della tv pubblica e

pubblicato 23 Aprile 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 16:24


Il Corpo delle Donne, il documentario di Lorella Zanardo, di cui abbiamo già parlato in passato, protagonista al Festival del Giornalismo di Perugia. L’autrice di quello che Enrico Ghezzi ha definito “un saggio visivo“, realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi, è tornata a parlare delle modalità di rappresentazione delle donne della tv pubblica e privata. La Zanardo ha provato a costruire i 25 minuti del filmato per lanciare un interrogativo provocatorio “è giusto che la televisione umili le donne attraverso l’esposizione del corpo femminile“?

Grazie alla rete, in 11 mesi, è stato visto da 1.3 mln di persone. Un’altra conferma del fatto che, in questo momento in cui c’è “l’urgenza di far riflettere“, internet permette di far circolare velocemente (e praticamente a costo zero) le idee. Certo, l’autrice non dimentica di citare L’Infedele di Gad Lerner che durante la sua piccola crociata contro il velinismo, ha ospitato Il Corpo delle Donne su La 7. Con un pizzico di cattiveria non si può non dire che senza tv, anche se di nicchia, certi numeri sarebbero stati molto più complessi da raggiungere.

La selezione di 400 ore di intrattenimento televisivo hanno permesso di evidenziare lo straripante utilizzo di quelle che la Zanardo definisce le “grechine“, belle e giovani ragazze che finiscono per essere delle “cornicette“, mute, in video per il tempo necessario a mostrare le proprie grazie. Quanti hanno già visto Il Corpo delle Donne (a quanti non l’avessero fatto ne consigliamo la visione) hanno ben presente di quali siano le umiliazioni a cui le donne vengano costantemente sottoposte in tv.

L’autrice ci tiene a non essere etichettata come femminista, non che ci sia nulla di male, ma lei sceglie di porre la questione su un altro piano: perché negli altri paesi europei, come evidenziato dal rapporto del Censis “Donne e media in Europa”, non vengono mostrate certe immagini?

Il paradosso è che in un paese “non libero”, con il Vaticano in casa, sia consentito fare in televisione ciò che non è consentito fare per strada. Se io mi denudassi qui, di fronte a voi, il pubblico protesterebbe e alla fine il servizio d’ordine mi allontanerebbe. Perché in televisione lo potrei fare? Solo per un motivo economico, perché il corpo “vende”.

La Zanardo, realisticamente, non crede sia facile cambiare questa situazione, ma insieme rifiuta categoricamente la finta soluzione, “che tanto piace ad una certa intellighenzia di sinistra“, di “spegnere la tv”. Per questo sta iniziando a lavorare sui giovani con il progetto formativo “Nuovi occhi per la tv“, all’interno di molte scuole italiane. Obiettivo insegnare ai ragazzi a guardare la televisione senza demonizzarla, ma di farlo avendo a disposizione strumenti critici nuovi che rendano gli spettatori consapevoli del messaggio, specialmente quando questo è degradante e umiliante per la donna.

Significativo il racconto di un’altra delle ospiti del panel, Megan Williams, freelance canadese da 10 anni in Italia, che conferma quanto facilmente immaginabile e condivide le sue preoccupazioni di genitrice:

Quando arrivi in questo paese la prima cosa che ti colpisce è proprio la TV. Accendere il piccolo schermo e rimanere sorprese dalla quantità di donne nude, silenziose, inserite fuori contesto. Anche io per tanti anni ho scelto di “spegnere la tv”, è questo il primo istinto, ma quando le mie figlie sono cresciute mi sono resa conto di non potermi più isolare, finendo per abbandonarle di fronte allo schermo. L’effetto che provoca guardare Il Corpo delle Donne è di angoscia, ma angoscia consapevole. Sono cose che di cui ci accorgiamo tutti, ma che abituati a questa televisione non riusciamo ad esprimere compiutamente.