Viso d’angelo o faccia tosta? Gabriel Garko (e non solo lui) non convince ancora
Viso d’angelo è il solito fotoromanzo per la tv dove Gabriel Garko serve solo per i suoi sguardi che per la recitazione
Gabriel Garko più che un attore è un marchio, un brand, la garanzia di un certo tipo di fiction, almeno per Canale 5, che con “Viso d’angelo” conferma le basse aspettative che si possono avere verso una fiction che fin dal primo episodio mostra limiti e difetti, con cui, appunto, Garko ormai va a braccetto.
Il regista Eros Puglielli aveva detto che la serie sarebbe stata un omaggio ai film di Dario Argento ed Hitchcock, un thriller con tanto di bollino rosso che avrebbe appassionato il pubblico. Ma “Viso d’angelo”, più che citare i maestri della suspence, è un rimando ai soliti fotoromanzi per la tv che Teodosio Losito, autore di questa serie, scrive ormai con uno schema che si ripete in ogni produzione.
I protagonisti con un “passato oscuro” ci sono, così come la morte di un personaggio ad inizio puntata, legato ad una storia sentimentale che porterà Angela (Cosima Coppola) ad entrare nel tunnel della droga. Oltre alle numerose scene a tinte rosa con tanto di sottofondo musicale strappalacrime, però, c’è anche un serial killer.
Gabriel Garko sexy in Viso d’angelo
Il Roberto Parisi di Garko, chiamato ad indagare, ride poco, ha le idee chiare, viene stimato da tutti perchè “ha studiato tre anni a Londra”. Ma soprattutto, è esperto più che in assassini nel fissare il vuoto cercando di trovare il bandolo della matassa. In questo, lo sguardo del bel Garko aiuta: ed è qui che l’attore cade nel tranello di fiction di questo tipo. Garko non viene chiamato per le sue capacità, non perchè non ne abbia (o non ne possa avere), ma perchè in fiction di questo tipo non c’è bisogno di saper recitare. C’è solo bisogno della sua faccia, più che del suo viso. Come nei fotoromanzi, conta solo la posa.
Sarà per questo che le interpretazioni del cast sembrano quasi superflue, come se i dialoghi fossero stati inseriti solo perchè si è in televisione, e gli attori si rendono conto di questo, dal momento che la recitazione non è uno dei punti forti della fiction. Ed evidentemente, non basta una non-forza narrativa come quella di un thriller di questo tipo.
E se non sono il cast e la storia a reggere il tutto, cosa può esserlo? Difficile trovare un punto di forza che sappia giustificare “Viso d’angelo”, che si rivela essere l’ennesima fiction da fotoromanzo dallo sforzo minimo.