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Summertime, Federico Moccia a Blogo: “Ecco cosa lo unisce a Tre metri sopra il cielo”

Cosa pensa Federico Moccia di Summertime, la serie Netflix liberamente ispirata a Tre Metri Sopra il Cielo? Glielo abbiamo chiesto, senza sapere che avesse collaborato al teen drama disponibile dal 29 aprile. “Il mio ruolo? Ho semplicemente osservato. Non ho avuto voce in capitolo sulla linea narrativa scelta, nata da un rapporto produttivo tra Cattleya

pubblicato 30 Aprile 2020 aggiornato 30 Agosto 2020 02:33

Cosa pensa Federico Moccia di Summertime, la serie Netflix liberamente ispirata a Tre Metri Sopra il Cielo? Glielo abbiamo chiesto, senza sapere che avesse collaborato al teen drama disponibile dal 29 aprile. “Il mio ruolo? Ho semplicemente osservato. Non ho avuto voce in capitolo sulla linea narrativa scelta, nata da un rapporto produttivo tra Cattleya e Netflix, ma il lavoro è stato talmente giusto… Io mi sono limitato a dare delle sensazioni e delle indicazioni sulla sceneggiatura. Il risultato è un prodotto di grande impatto iconico con un’ottima fotografia e una bella musica. Questa serie racconta tutti con delle tinte emozionali forti“, racconta a Tvblog.

Cosa ha pensato quando le hanno comunicato la decisione di volersi ispirare a Tre Metri Sopra il Cielo?

“Ho pensato che fosse una scelta molto giusta per raccontare una nuova storia, che potesse avere una fruizione internazionale. Credo che sia giusto riproporre delle sfaccettature simili ma diverse della storia di Tre Metri Sopra il Cielo. Stavolta c’è addirittura una Babi di colore. La contrapposizione stavolta non è razziale, perché non avrebbe senso parlarne nel 2020, quanto sull’estrazione diversa dei due protagonisti. Ci sono tanti elementi cambiati ma simili nella dinamica. Quel che rimane è la voglia di raccontare un grande amore”.

A parte la storia d’amore, quali altre sono le affinità con Tre Metri Sopra il Cielo? C’è chi non ne ha trovate molte.

“In maniera quasi subliminale, è l’atmosfera simile. Questo tipo di serie è legata alle persone che hanno profondamente letto i miei libri e che ritrovano in questo racconto i sapori più ancestrali, più lontani, di quei libri“.

Mi ha colpito il fatto che Summertime fosse vietato ai minori di 14 anni.

“(sorride, ndr) Ha colpito anche me, si vede che ci sono delle regole che fanno parte del meccanismo”.

Il successo di Tre metri sopra il cielo continua anche oggi, a 28 anni dalla sua prima uscita. Com’è possibile?

“Ancora oggi mi arrivano le foto de figli dei miei amici, che a undici o dodici anni anni leggono Tre Metri Sopra il Cielo. Sembra che questo libro non conosca la fine. E’ uno di quei long seller, che di generazione in generazione racconta la prima volta dell’innamorarsi, dello scontro tra i genitori, del dolore e della solitudine. Insomma, racconta tutto quello che quando si è così giovani si prova per la prima volta. Mi fa piacere, è come se fosse un passepartout per il primo amore”.

All’epoca c’erano stati dei contatti per fare una serie tv ispirata a quel libro?

“Se n’era parlato tantissimo tempo fa con il mondo Mediaset. Mi sarebbe piaciuto raccontare questa storia anche a livello di fiction perché racconta uno spaccato italiano di famiglie, figli, contrapposizioni, dolori, amarezze. Se si tornasse alle origini di questi tre volumi – Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te e Tre volte te – si racconterebbe uno spaccato interessante di due grandi famiglie. Con gli attori giusti, sarebbe perfetto per una grande fiction di Canale 5”.

Da Summertime a Skam, c’è un ritorno prepotente dei teen drama all’italiana. Che ne pensi?

“Mi piacerebbe inventare ex-novo una nuova serie per raccontare come sono cambiati i millenials con delle profondità che ancora non sono state raccontate. Il mondo degli adolescenti è cambiato con la telefonia, i social, l’amore diverso. Ci sono talmente tante cose nuove da poter raccontare…”.

C’è mai stato o c’è ancora uno snobismo nei confronti delle storie adolescenziali?

“Secondo me è una snobismo legato a una poca intelligenza. Gli adulti pensano che un giovane non abbia la capacità di soffrire, di emozionarsi. Questo è un errore grandissimo. Anzi, è quando si è così giovani che si hanno quelle non mezze misure, che si è veramente estremi, che si è sensibili. Crescendo si perde quella capacità di essere assoluti, che è la bellezza del bianco e del nero privo di chiaroscuri. Nel teen drama si vede la forza più bella, quella che ti fa capire la sensazione dell’eco fragoroso del dolore di un giovane, rispetto all’adulto che è avvezzo ai dolori della vita”.

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