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Roberto Gavelli, ex autore di Zelig: “Alla tv mancano le sit-com, la capacità di improvvisare e la seconda serata”

L’ex autore di Zelig Roberto Gavelli spiega a Tvblog cosa manca alla comicità televisiva: “Non c’è più la capacità di improvvisare”.

9 Luglio 2012 10:51

Roberto Gavelli, ex autore di Zelig Off, Mai dire Grande Fratello e figli (“La famiglia Bernardoni”), Tribbù e Camera Cafè, da poco più di due anni è responsabile del blog Ananasblog, diventato nel tempo un punto di riferimento nel mondo del cabaret. Dopo Beppe Tosco, Daniele Raco, Fabio Bonifacci e Enrico Beruschi, anche Gavelli entra a far parte del nostro viaggio nella comicità televisiva.

Roberto, c’è abbastanza comicità secondo te in televisione?

Non solo ce n’è abbastanza, ma ce n’è troppa. Esiste un’abbuffata, una sovraesposizione di comicità televisiva, legata sia alle prime serate interminabili, sia alla serializzazione. Ciò significa sfruttare al massimo ciò che si presume funzioni in tv.

E in questo panorama, come si inseriscono le corazzate Zelig e Colorado?

“Il vero problema è il monopolio Mediaset: questi due programmi dominano il mercato e stabiliscono cosa faccia ridere o no. La mancanza di concorrenza genera, a lungo andare, cattiva qualità: è inevitabile.
Non è che Zelig rappresenti il bene o il male: dipende da quello che fa. Se prendesse una pausa di riflessione e si rinnovasse, sarebbe un bene, ma uno Zelig che si ripetesse all’infinito diventerebbe un male. La stessa cosa vale per Colorado, uno Zelig ancora più smaccatamente commerciale, in cui ogni cosa è leggermente fatta peggio”.

Perché in Italia non ci sono gli stand-up comedian all’americana?

“Per colpa della “paranoia televisiva”. Nel tentativo ossessivo di rendere televisiva la comicità, c’è la paura che chi fa un monologo di quel tipo possa far “scappare” i telespettatori. Lo stand-up comedian se non vuole essere emarginato deve avere qualcosa che lo caratterizzi come personaggio (per esempio una giacca buffa). Quei comici che si guadagnano da vivere in giro per l’Italia usando solo la loro presenza scenica, un microfono e la luce che li illumina, sono visti con sospetto”.

Cos’è la paranoia televisiva?

“È quello stato mentale per cui, se ti viene un’idea, subito pensi “Questa idea è televisiva o no?”. Quasi tutti i comici ne sono vittime. E così finiscono per perdere tutta la loro spontaneità. La stessa cosa vale per gli autori e i capoprogetto, tutti ossessionati dalla paranoia televisiva: un gramelot che significa tutto e il contrario di tutto. Per esempio, per dire che non sei idoneo ti dicono che sei “troppo teatrale”, che non vuol dire nulla”.

Cosa manca alla comicità televisiva attuale?

“Proprio per il monopolio esistente, manca la “biodiversità”: per esempio l’improvvisazione. Tutti i capolavori di Renzo Arbore (Quelli della notte, Indietro Tutta) erano basati sull’improvvisazione, quella in cui il capocomico detta i tempi e si crea una specie di jazz della parola. Mancano da morire le sit-com e mancano trasmissioni degne della tradizione di Avanzi e Mai dire gol. E poi manca la seconda serata in generale”.