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Dr. House e il Male di vivere

Non c’è che dire. Dr. House lascia di sale. In onda ogni venerdì alle 21:05 su Italia 1, House – Medical Division ti chiede di guardare le cose, le persone, le malattie, i personaggi. Ti chiede di guardarle ed esaminarle. Come ogni prodotto televisivo richiede la tua attenzione, ma lo fa con pazienza, senza facili

di maxrenn
4 Luglio 2005 06:10

Non c’è che dire. Dr. House lascia di sale.
In onda ogni venerdì alle 21:05 su Italia 1, House – Medical Division ti chiede di guardare le cose, le persone, le malattie, i personaggi. Ti chiede di guardarle ed esaminarle. Come ogni prodotto televisivo richiede la tua attenzione, ma lo fa con pazienza, senza facili scorciatoie.
Appena la vostra guardia sarà un po’ calata, non appena la vostra fiducia raggiungerà la pienezza, eccolo là.
Gregory House vi inchioda, senza mezzi termini.

Questo, in un modo o nell’altro, è un caso di Nuova Carne.

Il genere è quantomai definibile. Si tratta di un classico medical-drama e, di conseguenza, della lotta tra la vita e la morte, della battaglia dell’uomo contro il male, di quanto quest’uomo possa farsi carico del ruolo di demiurgo.
Ovviamente – niente paura – c’è pure una bella dose di rapporti interpersonali, di contrasti, di flirt e amori possibili. Ma questo fa parte del baraccone (meraviglioso) della serialità, ed è carne secca.

La novità è tutta nel personaggio.
Interpretato molto bene dall’attore inglese Hugh Laurie, il dr. House è un uomo segnato nel fisico e nell’animo, è specializzato in malattie infettive ed è un luminare sgualcito, barba trascurata, abbigliamento altrettanto trascurato, appeal sociale al limite della maleducazione.


Ma dietro questa apparenza da genio e sregolatezza tutta stereotipata si cela la complessità dell’uomo insicuro.
Quello che dovrebbe essere un appiglio certo per i suoi collaboratori, in realtà è un essere claudicante che indossa vestiti da poco ma scarpe hi-tech.
Colui che combatte in prima linea, da vero eroe, il Male che uccide l’umanità, in realtà è terrorizzato dal dolore, dalla sofferenza, s’imbottisce di antidolorifici ed evita (per paura) di incontrare i suoi pazienti che odorano di quell’unica cosa che forse si teme più della morte: la malattia.
E questo è un dato importante e, come questi, ve ne sono altri, diversi, di diverse forme. Tutti piccoli particolari che ci suggeriscono chi o cosa è veramente il nostro protagonista.

Il mistero, un mistero non del tutto nuovo, questa volta si nasconde nel personaggio, e allo spettatore (attraverso un’infinità di feedback, citazioni e rimandi disseminati qua e là) viene chiesto di comportarsi come farebbe lo staff del dr. House di fronte a un caso particolarmente difficile: bisogna passare al setaccio le radiografie, confrontare le analisi, chiedersi il perché e il per-come.

Questa è intelligenza. E’ l’intelligenza di mettere costantemente lo spettatore sul chi-vive, perché le risposte che potrebbe dare Gregory House ai suoi pazienti non sono mai scontate e, soprattutto, non siamo mai certi che siano in sintonia con le risposte che Gregory House vorrebbe per sé, superata la coltre di cinismo e spietato realismo.
Intelligenza, dicevamo, che combinata a un cast d’eccezione farebbe una bella serie.
Del cast ne citiamo solo un paio, per dovere di cronaca: il regista Bryan Singer, e Paul Attanasio, creatore della raffinatissima serie Homicide, tra i produttori esecutivi.

Cosa volete di più?

Gli ascolti
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2.521.000 il primo episodio (share del 13%), 2.646.000 il secondo (sahere del 14.26%).

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