Home Netflix Death to 2020, il papà di Black Mirror dice la sua sull’annus horribilis con un mockumentary

Death to 2020, il papà di Black Mirror dice la sua sull’annus horribilis con un mockumentary

Samuel L. Jackson, Hugh Grant, Lisa Kudrow e Leslie Jones tra i protagonisti dello speciale, in cui finti esperti commentano l’anno appena trascorso

5 Gennaio 2021 12:34

Prima di diventare “quello di Black Mirror”, Charlie Brooker era già una personalità apprezzata nel panorama televisivo britannico, grazie ai programmi in cui dava sfogo a tutta la sua satira ed irriverenza che, senza mezzi termini, descrivevano un mondo sempre più folle (ed artefice anche di una miniserie, Dead Set, da considerare diretta antenata dello stesso Black Mirror). Poteva fare finta di niente di fronte ad un 2020 ricco -ahinoi- di spunti?

Ovviamente no: Death to 2020, disponibile da poco più di una settimana su Netflix, ne è la dimostrazione. Uno speciale di circa un’ora e dieci minuti che, sotto forma di mockumentary, manda a… quel paese l’anno appena passato, passando in rassegna i fatti più emblematici e che maggiormente hanno scosso la comunità mondiale da gennaio a dicembre.

Perché, anche se potrebbe sembrare strano, il 2020 è stato l’anno dello scontro Usa-Iraq che ha fatto temere diventasse scintille per un conflitto mondiale, degli incendi disastrosi in Australia, della imbarazzante campagna elettorale americana, dei sempre maggiori problemi causati all’ambiente e dell’omicidio di George Floyd. Ed, ovviamente, della pandemia.

Brooker, insieme ad Annabel Jones (produttrice esecutiva di Black Mirror), ha così messo in scena un finto documentario, supportato da un cast d’eccezione: Death to 2020 può infatti contare sulla presenza di Samuel L. Jackson nei panni di un giornalista, di Hugh Grant in quelli di uno storico che confonde spesso la fiction con la realtà, di Lisa Kudrow in quelli di una conservatrice americana che nega l’evidenza.

Death to 2020
© Netflix

Kumail Nanjiani è invece un giovane magnate di un’azienda tecnologica, Cristin Milioti una “soccer mom” che si informa solo tramite i social network, Leslie Jones una psicologa del comportamento, Diane Morgan una cittadina comune scelta come rappresentanza della popolazione e Tracey Ullman nientemeno che la Regina Elisabetta II. Fuori campo, invece, si possono sentire le voci di Laurence Fishburne nei panni del narratore e dello stesso Brooker in quelli di James, il regista del documentario.

Death to 2020 non è Black Mirror, perché la realtà che abbiamo sperimentato non ha bisogno di esagerazioni o colpi di scena finali per essere inquietante: lo è già abbastanza da sé. Chi cercava quindi un episodio speciale della serie, ne sarà rimasto deluso: il mockumentary è piuttosto un’opera che porta a far conoscere il lavoro di Brooker a chi ancora non sapesse che l’autore fosse più di Black Mirror. Il mockumentary, in particolare, ricorda il suo lavoro sulla serie “Wipe”, una serie di programmi da lui condotti sulle reti della Bbc e tornato con uno speciale in tv il maggio scorso, focalizzandosi sulla pandemia.

Death to 2020
© Netflix

Il cast aiuta a raccontare il 2020, facendo però pendere l’ago della bilancia più sull’aspetto informativo che su quello satirico. Death to 2020 risulta essere estremamente rispettoso verso i fatti narrati, un po’ meno verso i personaggi che hanno popolato l’anno appena trascorso.

Brooker trova però la possibilità di dare libero sfogo alla sua vena comica solo con i personaggi di finzione che dovrebbero essere testimoni dell’anno: dallo storico che cita come fatti realmente accaduti l’arrivo degli Estranei in Game of Thrones, alla madre che si lamenta del fatto che la gente spesso giunga a conclusioni affrettate e poi dubita sul microfonista afroamericano al suo fianco, fino alla politica che nega l’esistenza dell’Ucraina. E’ questo il Brooker più ficcante, quello che riesce a raccontare la realtà passando per il filtro della finzione e ce la ripropone mettendoci di fronte all’assurdità non tanto delle situazioni, ma delle persone.

Death to 2020 risulta così riuscito per metà: con una lente che si focalizza in particolare su Stati Uniti e Gran Bretagna, è uno speciale che con la scusa di voler fare il riassuntone di un anno dà libero sfogo ad altri pensieri, perdendo così l’occasione di essere quel roast all’anno terminato che sarebbe potuto diventare. Resta così una visione interessante, da seguire fino alla fine quando, nelle previsioni del 2021, non manca neanche una frecciatina al nostro Paese, diventato suo malgrado tra i protagonisti di un anno che non va dimenticato.

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