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Edoardo Raspelli: “Attenti al lupo”? Meglio a “Mela Verde”

Edoardo Raspelli (che oggi compie 59 anni, auguri) è uno dei critici culinari più importanti in Italia. Volto celebre ai più per la sua destabilizzante co-conduzione a Mela Verde, è approdato dai prati coltivati e dalle tutine igieniche alla sua prima passione, il giornalismo nudo e crudo, nel programma (diciamo) di servizio “Attenti al lupo“,

di aleali
19 Giugno 2008 07:00

Edoardo Raspelli Edoardo Raspelli (che oggi compie 59 anni, auguri) è uno dei critici culinari più importanti in Italia. Volto celebre ai più per la sua destabilizzante co-conduzione a Mela Verde, è approdato dai prati coltivati e dalle tutine igieniche alla sua prima passione, il giornalismo nudo e crudo, nel programma (diciamo) di servizio “Attenti al lupo“, in quattro puntate il cui ciclo si è chiuso proprio ieri sera per la sua seconda edizione su Rete4. Anche se molti non sembrano essersi accorti nemmeno della prima, in seconda serata.

Una trasmissione che nasce da un mix di elementi fin troppo variegati che hanno un solo filo conduttore: l’illegalità. Se si parla di violenze, furti, spaccio e truffe insieme nel giro di tre ore e senza distinzioni chiare non importa. Basta l’espediente di comune terrore e una scritta sullo sfondo grossa e inquietante per fare non tanto informazione e divulgazione, ma qualcosa di più simile al puro spettacolo.

Raspelli, come da tradizione, non conduce: recita i suoi testi, decantandoli orgoglioso, anche quando alcune delle sue battute gelano il sangue. Lo studio alla “Anno Zero” è la cornice imitativa ideale per lanciare le inchieste con musichetta tensiva e stacchi sullo studio mentre tutti guardano il contributo video, con inquadrature profonde negli occhi e “casi umani” compresi. Inchiesta, per modo di dire: si raccontano storie, si carpiscono le sofferenze, si intuisce appena appena come è andata a finire e stop. Si passa al prossimo dramma.

Nonostante la curiosa stazza e il vizio più che accennato del conduttore nel riporre la cartelletta sulla pancia voluminosa a mo’ di davanzale , Raspelli non appare né simpatico né autorevole. Presenta fatti gravi come se fosse uno spot della mozzarella con le olive e mette la sua virale ironia in tutto, anche dove non è assolutamente necessaria.

Il rischio di programmi con belle intenzioni, ma con fatti che ricordano più “Uno mattina” che “Mi manda Raitre” è che la dimostrazione dei vari modelli di allarmi di una famosa casa chiaramente citata, non riescono proprio a sembrare tentativi limpidissimi di giornalismo degno di tale nome. Se poi dopo poche decine di minuti si comincia con i prosciutti crudi e i modi inequivocabili per riconoscere “quel” marchio, il dubbio diventa ancora più lecito.

Per scendere un po’ più nel profondo dei contenuti, le storie di due personaggi: l’una vittima di violenza non sessuale, la seconda di invivibilità nella sua abitazione in zona Loreto a Milano. Chi erano? Patrizia Rossetti ed Emanuela Folliero. Nel rispetto totale delle loro disgrazie, due storie certamente frutto di un grande lavoro redazionale.

Un programma lungo quanto un reality, quasi con la stessa densità di contenuti. Non basta avere intenzione di recepire un pubblico anziano parlando dei soliti temi triti e ritriti, spingendo sulle loro rinomate paure per fare un programma con intenzioni qualitativamente apprezzabili. Raspelli, questa volta, ha preparato gli stessi piatti diafani (e anche un po’ troppo ispirati al già visto) che è solito criticare con la sua riconosciuta e letteraria irriverenza.

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