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LETTERA APERTISSIMA A FRECCERO: I PUGNI DI LOU CASTEL

Peccato, peccato che non c’eri, Carlo (inteso come Freccero presidente di RaiSat) e che non c’erano le telecamere di RaiSatCinema. Peccato davvero. L’appuntamento era per giovedì 6 marzo alle 21 al Cinema Trevi, luogo di proiezioni della Cineteca Nazionale e del Centro Sperimentale di Roma. Nel pomeriggio era stato proiettato “Francesco” di Liliana Cavani, di

7 Marzo 2008 11:21

Carlo Freccero Peccato, peccato che non c’eri, Carlo (inteso come Freccero presidente di RaiSat) e che non c’erano le telecamere di RaiSatCinema. Peccato davvero. L’appuntamento era per giovedì 6 marzo alle 21 al Cinema Trevi, luogo di proiezioni della Cineteca Nazionale e del Centro Sperimentale di Roma. Nel pomeriggio era stato proiettato “Francesco” di Liliana Cavani, di cui Lou Castel è il protagonista. In serata, prima della proiezione di “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio- il film da cui nel 1965 è cominciata una appassionata e appassionante avventura del cinema italiano, di cui Lou è anche in questo caso il protagonista – si è tenuta una presentazione. La presentazione di Lou.

Da quanti anni non vedevo Lou? Da parecchi. Sta a Parigi. Ha lavorato molto anche là (la sua filmografia è sterminata, caro Carlo, quasi quanto quella di Alberto Sordi). Attualmente fa teatro. Lou ha gli anni che ha. I capelli sono lunghi e bianchi. Il volto è arrotondato come il corpo. Ha bisogno di un bastone per camminare. Gli occhi sono vivi. Le parole gli escono misurate dalla bocca, come ai tempi in cui l’ho conosciuto, poco dopo “I pugni in tasca” nel calore delle emozioni e nel fumo dei lacrimogeni nei giorni della contestazione alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro nel giugno del ’68.

Peccato che eri assente, Carlo. Eppure gli amici della Cineteca e di altri cineclub (gli stessi, fratelli o fratellastri, in cui sei cresciuto nella fatale Savona) mi hanno assicurato che l’informazione ti era giunta. Avresti ascoltato Lou raccontare soprattutto di oggi, di come vede il cinema oggi, di come si può pensare l’arte oggi, di come si può analizzare il paese “berlusconiano” (come ha detto lo stesso Lou) senza strepiti, senza insulti, ma con la misura della intelligenza data dal pensiero e dalla passione per il mestiere del cinema e,nonostante tutto, dell’Italia.

Peccato che non hai mandato una troupe. Avrebbe raccolto immagini di oggi. Di tanti che sono venuti al Trevi (io avevo il compito ambitissimo e gradito di far girare i microfoni e di dire ogni tanto qualcosa) curiosi più dell’oggi che di ieri.
Poteva essere un rischio, quella della rimembranza che va tanto di moda nelle “celebrazioni” dei quarant’anni dal fatidico ’68. Chi ha parlato lo ha evitato senza sforzo. L:o stesso Lou, come ho detto. Ma anche Liliana Cavani che ha raccontato come scelse il suo Francesco per un film che resta bello, resiste, e ci guadagna col tempo.

O Pilar Castel, la sorella più piccola di Lou, che ha raccontato della loro nascita in Colombia, da un emigrante svedese e da una emigrante irlandese; il loro arrivo a Roma, i primi passi di Lou nel cinema, i loro rapporti, le esperienze di lei con i grandi del teatro come quelli del Living, come Grotowski, e altri. O Romano Scavolini, regista di uno dei primi film di Lou, “La prova generale”: una narrazione curiosa, emotiva, vivace sentita. Il tutto legato da un amore serio, critico, consapevole per il cinema a cui non vogliamo riunciare.

Peccato che hai dato buca e che ha dato buca una tua troupe. In questi mesi vanno e andranno in onda, a cura di tuoi collaboratori che saluto con stima e affetto (Enzo, Leonardo, Leopoldo…), film etichettati ’68, o meglio nati nel e del ’68. Belli, meno belli, sintomatici, antipatici, sincretistici (tu studi teologia e sai cosa vuol dire), tutti importanti. Se non piacciono o suscitano pessimi pensieri o pessimi ricordi si fa presto: la offerta di cinema su Sky è abbondante.

Peccato che hai (o sei stato costretto) a ridurre, anzi ad eliminare la produzione originale nei tuoi canali. I racconti di Lou Castel ci sarebbero stati benissimo sul canale e nella rassegna fluviale. Incontrare persone, certe (poche) persone può a volte essere utile come e più di esposizioni massive alla ostensione di pellicole, pellicole che non sempre riescono ad essere film. Mentre ci sono racconti che possono essere meglio di una pellicola con etichetta e burocratica anagrafe.
Ti scriverò ancora…

ITALO MOSCATI