Home Amore Criminale Amore Criminale, Barbara De Rossi a Blogo: “In questo programma ci metto cuore, delicatezza e rispetto”

Amore Criminale, Barbara De Rossi a Blogo: “In questo programma ci metto cuore, delicatezza e rispetto”

Blogo intervista Barbara De Rossi, nuovamente alla conduzione di Amore Criminale, ogni lunedì in prima serata su Rai Tre.

pubblicato 27 Aprile 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 15:43

Questa sera andrà in onda la seconda puntata della nuova stagione di Amore Criminale. Alla conduzione troviamo ancora una volta Barbara De Rossi, che ha saputo fin da subito entrare nella parte, portando la sua sensibilità e delicatezza in un ruolo non facile e in una trasmissione di servizio pubblico contro la violenza sulle donne che da oltre otto anni raccoglie consensi e il plauso di pubblico e critica. È lei stessa, oggi, a raccontarci – con l’eleganza che la contraddistingue – questa esperienza alla conduzione, che si ripete da due anni e mezzo. Ma ci parla anche dei suoi prossimi progetti, da un’autobiografia in uscita il prossimo 7 maggio, al ritorno al suo vero grande amore, la recitazione. Presto infatti sarà in scena a teatro con la Medea, dove spera di emozionare il pubblico che da anni la ama e la segue nei suoi impegni lavorativi.

Sei alla conduzione di Amore Criminale ormai da due anni e mezzo e ciò che salta subito all’occhio è che per te non si tratta solo di una trasmissione televisiva, ma di una causa che hai sposato in pieno. È così?

Sì, per me Amore Criminale va al di là della trasmissione in sé. In questi due anni e mezzo mi è capitato più volte di aiutare donne che mi scrivono, che chiedono aiuto per uscire da una storia fatta di violenze. Stiamo quindi parlando di una trasmissione che ormai è nel mio dna, che sento tantissimo. E sono gratificata, come essere umano e come donna, dal poter contribuire, dal poter aiutare le donne ad uscire da situazioni complesse e difficili. Ci metto tutto il cuore e la delicatezza e il rispetto che meritano queste storie.

Quale è la parte più difficile del tuo lavoro ad Amore Criminale?

In questa edizione non ho intervistato i familiari delle vittime o le sopravvissute, ma nelle altre stagioni l’ho fatto. Ed è quello forse il momento più difficile, perché ti trovi davanti a delle persone traumatizzate, che soffrono, quindi faccio una grande fatica emotiva nel rapportarmi a loro. Non posso dare a chi mi segue in tv il compiacimento, non posso compiacermi del dolore altrui, né partecipare in maniera vistosa, perché non lo trovo rispettoso. È qualcosa che mi tengo dentro e che cerco di esprimere in maniera più delicata. È chiaro che poi quello che fai ti resta dentro, perché Amore Criminale non è una trasmissione che puoi fare, tornare a casa e non sentire nulla. Perché ti lascia un senso di amarezza e di impotenza, con cui devi fare i conti, se hai un minimo di sensibilità.

Amore Criminale fa veramente servizio pubblico, perché mette a disposizione delle donne che chiedono aiuto un legale e una psicologa che possono indirizzarle sulla strada giusta…

È così. Abbiamo il nostro avvocato Geraldine Pagano, che si occupa degli aspetti legali delle vicende. E c’è Anna Costanza Baldry, la nostra psicologa che già presta la sua importante opera nei Centri Anti Violenza. La sua è una grande entrata nel programma, perché spiega degli aspetti psicologici che non sempre sono compresi. Perché è molto facile giudicare da fuori e credere che si sia di fronte a donne molto deboli. In realtà queste situazioni capitano anche a donne molto forti che si trovano coinvolte nei sentimenti e in una spirale da cui è difficile uscire.

Quale credi sia il punto di forza di Amore Criminale, che da oltre otto anni riesce sempre ad avere il plauso di pubblico e critica?

Il punto di forza sono Matilde D’Errico e Maurizio Iannelli, che hanno dato vita ad Amore Criminale. Il punto di forza e il cuore di questa trasmissione è Matilde, una donna che crede in quello che fa e che non fa business, spinta dai suoi valori. Lei è veramente immersa in queste storie dall’inizio alla fine e vive la sofferenza di queste donne in prima persona. C’è un lavoro redazionale fenomenale su tutte le storie. Tramite la docufiction Matilde riesce a far entrare lo spettatore in un film vero, ma avendo sempre grande rispetto e delicatezza per le storie trattate. Io e lei ormai lavoriamo in simbiosi, abbiamo un rapporto di grande collaborazione e partecipazione emotiva in questo lavoro.

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Parlando di te, invece, sappiamo che il 7 maggio esce la tua autobiografia. Come è nato questo progetto?

Nel tempo tantissime persone mi hanno detto: “Perché non scrivi la tua storia?”. Per anni non l’ho fatto perché non mi sentivo ancora abbastanza matura per raccontare me stessa e qualcosa che potesse anche aiutare le altre donne. Volevo soprattutto raccontare la mia vita a chi mi segue e che magari non conosce la verità su di me, basandosi solo sull’unica storia d’amore sbagliata della mia vita. Volevo raccontare la mia storia per far capire chi sono, come nasco, come sono cresciuta e quali sono i valori che mi hanno accompagnato, compresi gli errori che ho fatto e gli insuccessi, perché non mi faccio una sviolinata. Ho cercato di analizzare la mia vita e raccontarla al pubblico che mi segue, che è soprattutto un pubblico di donne, perché devo riconoscere con grande felicità che il mio pubblico è prevalentemente femminile. E questo mi riempie d’orgoglio, perché le donne sono sempre molto selettive nelle loro scelte. Al mio pubblico ho voluto raccontare me stessa in maniera più approfondita di quanto possa fare in un’intervista, vuoi per lo spazio a disposizione, vuoi per il modo in cui vengono riportate a volte le mie dichiarazioni dai giornalisti, in maniera più o meno fedele. Il libro è un regalo che io mi faccio e che faccio alle persone che mi seguono.

E immagino che non sia stato nemmeno facile ripercorrere alcune esperienze della tua vita…

No, non lo è stato. Io ho anche sofferto molto nella mia vita, nel mio privato, ma nel libro c’è anche un’analisi di costume dell’Italia negli anni ’60 a tratti molto divertente. Ci sono quindi tante cose. Però è vero che non è facile analizzarsi, anche perché non avevo idea di come si scrivesse un libro. In questo mi ha aiutato moltissimo Anna Cherubini (la sorella di Jovanotti, ndr), che ha collaborato alla stesura, visto che scrive da tantissimi anni. Raccontarsi non è mai semplice, è un viaggio dentro se stessi, in cui occorre molta autocritica e l’accettazione dei propri errori e di quello che si è stati.

Invece per quanto riguarda il tuo lavoro d’attrice stai per arrivare nuovamente in teatro…

Sì, nella Medea di Anouilh, la versione per il teatro che finora è stata portata in scena solo da Anna Magnani. È una prova molto importante per me, per la regia di Francesco Brachetti, un regista davvero bravo. Io sono un’attrice e amo il mio lavoro, ecco perché sono così felice di tornare a teatro.

Anche perché immagino che, rispetto alla tv dove il rapporto con il pubblico è filtrato, a teatro ci sia quel rapporto diretto che ti fa sentire più vicina al pubblico…

Sì, è così. Io ho sempre un rapporto molto bello e anche molto vero con il mio pubblico. Su Facebook ad esempio interagisco direttamente con le persone, perché uso i social soprattutto per stare vicina alle persone e per aiutarle, fin dove posso. Certo è complesso, perché non ho tantissimo tempo libero, ma appena posso ascolto le persone, cerco un contatto vero e semplice con chi mi segue. Poi credo che anche la televisione dovrebbe raccontare storie più vicine al pubblico, e quindi anche storie di donne che hanno passato i 50 anni ma hanno ancora tanto da dire e da fare nella vita.

Sì, ne parlavamo in una nostra precedente intervista: mancano ancora le idee per nuove fiction che puntino su attrici con esperienza, che magari hanno superato i 50 anni?

Sì, e non parlo solo per me. Ci sono attrici bravissime che hanno superato i 50, basti pensare a Anna Galiena, Lina Sastri e tante altre. Aspettiamo tutte storie di donne di 50 anni in cui le cinquantenni possano riconoscersi. Ci sono molti bravi produttori e sceneggiatori in Italia, che fanno bene il loro lavoro, e ai quali bisognerebbe far capire che esistono attrici che hanno maturato una enorme capacità espressiva, grazie alla loro esperienza lavorativa. Comunque ora la mia esperienza d’attrice la sfrutterò in teatro, in questo luogo sacro in cui spero di poter emozionare chi mi verrà a vedere. Io ci metto tutto il cuore e la mia esperienza.

Foto | Corrado Ferrante Ufficio Stampa

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