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MORTE AGLI OPINIONISTI!

Voglio complimentarmi con tvblog.it e i suoi responsabili, perchè sono impressionato dalla continuità e dalla verve con cui il blog e i suoi responsabili seguono quasi in diretta il dipanarsi della pellicola quotidiana televisiva. Giudizi, osservazioni, semplici appunti, note che servono più per[…]

pubblicato 3 Ottobre 2005 aggiornato 11 Febbraio 2021 07:37

Voglio complimentarmi con tvblog.it e i suoi responsabili, perchè sono impressionato dalla continuità e dalla verve con cui il blog e i suoi responsabili seguono quasi in diretta il dipanarsi della pellicola quotidiana televisiva. Giudizi, osservazioni, semplici appunti, note che servono più per pensare e avere una reazione immediata che per rafforzare questa o quella fonte di opinioni e divalutazioni incrollabili, coerenti, fedeli a se stesse e soprattutto ispirate a un principio da cui tutto discende. Ad esempio, c’è chi scrive di tv sui giornali o ne parla nella stessa tv come se avesse dentro verità rivelate per sempre, adamantine e incrollabili.

Mi domando, per inciso, come ci possa complimentare per il successo di Pippo Baudo a “Domenica In” sul programma “Serie A” di Paolo Bonolis , cosa giusta, e poi cercare chissadove la grande fonte originaria del medesimo successo in cui iscrivere un risultato legato a tante cause, non ultima la nausea che il pubblico prova per il calcio servito in salsa di varietà e sottratto alla paludata e collaudata, magari noiosa, attendibilità della Rai, questa Rai che da sempre è nello sport più servizio pubblico che in altri aspetti della vita contemporanea. Chi lo fa, magari con le migliori intenzioni e preparazioni, tende a mantenere in piedi un monumento: quello dell’opinionista di professione che tarda a capire i tempi in cui vive perchè troppo accupato a salvare il piedistallo e la sua stessa statua. Mentre la situazione evolve. Fateci caso.
Sta accadendo, in misura più netta e clamorosa, quanto è accaduto per la critica teatrale e cinematografica che i giornali e la tv ormai relegano in zone secondarie, come se fossero avanzi di un tempo remoto. Se ancora questa critica sopravvive è per tradizione, è per omaggio a chi la firma che è comunque quasi sempre avanti con l’età; è per non deludere quel pugno di soprvvissuti benpensanti che non possono fare a meno di confrontarsi con uno specialista (pronti peraltro a tradirlo non appena si presenta l’occasione). Il fatto è che tutta la tematica inerente alla critica, ossia alla materia affidata all’analisi e agli approfondimenti, si è spostata e si espande nei giornali nelle pagine più vicine alla cronaca che all’abbinata cutura-spettacoli, e per quanto riguarda la tv la si rintraccia nei servizi e nei programmi delle reti satellitari. Non c’è più un opinionista vate, ci sono voci e commenti che lottano fra loro per prevalere affidandosi alla comprensione o meglio o al consenso del lettore o dello spettatore.

Il Corriere della Sera, lo cito ancora una volta, è emblematico in questo senso e sta trascinando appresson a poco a poco tutta la stampa. Ciò che conta per il lettore, secondo l’evidente progetto del direttore Paolo Miele – ben noto per esperienze proposte anche in altri giornali che ha condotto-, è presentare in apparenza un ventaglio di notizie, interviste, repliche, polemiche, picche e ripicche, ma in sostanza andare oltre alle immagini della tv con la potenza non di una parola, non di un verbo, ma delle parole, delle contrapposizioni e dei contrasti che non si appianano e non si appianeranno mai.
E’ da un lato una sorta di ritorno al passato: chi conosce la storia della tv e della Rai si ricorderà dei tempi in cui “Lascia o raddoppia” costringeva per il suo successo a far chiudere i cinema, a spostare gli orari degli spettacoli, ad obbligare i giornali a pubblicare pagine e pagine sula trasmissione, i suoi eroi, i suoi risvolti. Ma alla mamoria si sta sostituendo una situazione che richiede altre sensibilità e scrupoli. Perchè una lezione si può trarre da quel che avvenendo sotto i nostri occhi. Funziona un monitoraggio tempestivo e pluralista. Funziona il conflitto piuttosto che la “spiega”. Funziona più il rischio del redattore che cura quelle pagine di varia e variabilità televisiva piuttosto che l’opinione accademica o dell’accademico che veste i panni del kamikaza facendosi esplodere dentro la tv e la sua offerta incalzante, affollata come un autobus di ignari passeggeri.

Chi non lo ha capito si rifugia sempre più nel dettaglio e nelle cifre, nelle classifiche e nei paragoni arditi con i mondi della creatività e della fantasia (il vecchio e caro cinema). Sognatori colpevoli di non accorgersi di sognare. I palinsesti e le risse di questo inizio di stagione televisiva sono una grande, complessa, sfuggente opera che soltanto un’attenzione disincantata e un sincero desiderio di capire senza paludarsi e senza impancarsi possono tentare di affrontare, con beneficio di errore. Le previsioni sono fallite tutte. La tv di ieri ha meno problemi che appena ieri.
Baudo esterna e gli si dà ascolto, si corregge e rilancia, conquistando lembi di giornale gratis. La Rai è contenta, Mediaset fa i conti e cerca di correre ai ripari, tradita dagli ascolti e dai commenti in circolazione. La Rai fa leva sugli sceneggiati che viaggiano bene quando parlano dell’Italia che fu, calcistica o no; su il maresciallo Rocca e il commissario Montalbano, su Pupo e sui balli con Maradona.
Mediaset si lecca le ferite e comincia a capire che scatenare le Iene non basta. Sono solo fatti di cronaca, questi? sono banali puntate di un trascurabile diario quotidiano? sono aria fritta che si fa immagine? Se volete saperne qualcosa fidatevi più dei corridori cronisti o dei cecchini dell’informazione o dei narratori della metropoli mediatica (altro che villaggio globale) e lasciata perdere gli opinionisti, gattini ciechi che manovrano il telecomando come se fosse un microscopio, mentre quel che c’è da guardare (”Ballarò” con Floris o Vespa o Mentana o la coppia Ferrara- Lerner, e così via) ha già svoltato l’angolo.
Italo Moscati