Home Notizie Senza peccato: quando Lucignolo va sotto la gonnella del Moige. Infante meno empatico di un voice over

Senza peccato: quando Lucignolo va sotto la gonnella del Moige. Infante meno empatico di un voice over

Senza peccato ammicca a Miley Cirus e alle baby-cubiste, ma con Don Mazzi dietro l’angolo. La conduzione di Milo Infante non convince

pubblicato 24 Settembre 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 00:10

Chi è senza peccato scagli la prima pietra… Abbiamo atteso qualche settimana per il nostro Verdetto finale su Senza peccato (Milo ci perdonerà questo gioco di parole, tanto la Leofreddi è amica sua) e ora ne siamo più sicuri: è un programma che, come dice il titolo, è stato furbo a scagionarsi preventivamente da ogni colpa. Proprio perché è vero che la differenza la fa il come tratti un argomento, Senza peccato – sapendo di essere al limite tra sensibilizzazione e complicità pruriginosa – si costituisce subito parte civile.

Così si occupa di baby-cubiste e cyber-bullismo, indulgendo su sculettamenti e confessioni bippate, ma subito dopo dà voce al pedagogo, al sessuologo o a Don Mazzi. Insomma, parte dallo stile Lucignolo e dai servizi morbosi di Pomeriggio Cinque, ma con il contraccettivo in tasca, come se si volesse a tutti i costi tener buono il Moige.

Però l’ascolto – partito malino quando il focus era più virato sul rapporto genitori-figli – è salito proprio nella puntata di ieri sera dedicata ai corpi degli adolescenti (il 6.76% nella serata difficile del martedì non è male). Peccato che, a farla da padrona, fossero testimonianze scandalo del tipo “la mia prima volta è stata a 15 anni con una prostituta e vi racconto, schermato, tutti i particolari più torbidi”. In sovrimpressione, malamente censurato, il termine greve per indicare il sesso orale, evocato a più riprese da giovane intervistato ancora infoiato.

La vera forza di Senza peccato sono le testimonianze dei ragazzi, che con un conduttore bravo a scandagliare l’animo (peccato che Franca Leosini non si conceda così facilmente) potevano diventare un vero spaccato generazionale. Ci sono state testimonianze molto autentiche di coming out da parte di minorenni a volto scoperto, buttate via da una scaletta piatta e senza picchi emozionali.

Il problema è proprio Milo Infante, che funge da collante debolissimo tra un servizio all’altro, mostrando un distacco che non è neanche critico come quello della De Filippi. No, è proprio scazzato. Il conduttore, tutto incerato come neanche nel museo di Madame Tussauds, legge sentenze moraleggianti a pappagallo con una partecipazione emotiva pari a zero.

L’ex conduttore dell’Italia sul Due, tornato al suo posto di diritto, avrebbe potuto metterci più entusiasmo, rimettersi in gioco e scendere in strada, a intervistare i ragazzi. Ma la sensazione è che il programma abbia una vita di montaggio a sé, che Milo lo abbia semplicemente ereditato e stia timbrando il cartellino del ritrovato lavoro di ufficio (che, nel suo caso, è l’asettico skyline di Milano). Forse un voice over avrebbe avuto più empatia.