Home L'Isola dei Famosi Dallatana: “La vera sfida? Una tv per chi non l’ha vista gli ultimi vent’anni. L’Isola poteva osare molto di più”

Dallatana: “La vera sfida? Una tv per chi non l’ha vista gli ultimi vent’anni. L’Isola poteva osare molto di più”

L’ad Magnolia a tutto campo in un’intervista a Pubblicità Italia, in cui fa il punto sul passato, il presente e il futuro della tv.

pubblicato 30 Luglio 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 03:02

Si può diventare Lady Magnolia passando dal liceo classico a Lettere Moderne all’Università Cattolica, sino a un Diplome d’Etudes Approfondies di Scienze della Comunicazione alla Sorbona di Parigi e, quindi, a un lavoro nel marketing RTI? Sì nel caso di Ilaria Dallatana, storica collaboratrice di Giorgio Gori che ne ha preso il posto al vertice della nota casa di produzione da marzo 2011.

Ci piace spesso, non per partigianeria nei confronti di Magnolia che consideriamo alla pari di altre aziende rivali, riportare dichiarazioni della Dallatana, sempre attenta all’evoluzione del prodotto televisivo.

E’ in un’intervista a Pubblicità Italia che l’ad Magnolia commenta a ruota libera come se la passa la nostra televisione, con un bilancio della stagione appena conclusa.

Ovviamente le perdonerete qualche trionfalismo aziendalista di troppo, specie quando dirà che l’Eredità ha sempre battuto la concorrenza (mentre Avanti un altro di Bonolis è spesso riuscito nel sorpasso quest’anno).

Masterchef il vero esperimento vincente dell’anno

“Un bilancio molto positivo per Magnolia. Positivo perché, tra gli altri, ha visto un titolo nuovo come Masterchef affermarsi a livello di modello di genere, con buoni risultati di ascolti e bellissimi risultati di accettazione da parte del pubblico. Un programma che in sé ha tutto: competenza, competizione, italianità del cibo, passione e possibilità di rappresentare uno specchio di concorrenti molto diverso da quello che siamo abituati a vedere negli altri programmi, più vicino alla realtà di tutti i giorni… Per l’Italia è ancora presto per una versione junior”.

X Factor su Sky? Non è più snaturato

“Una fortunata combinazione di produzione con Freemantle in un’edizione che ha lasciato tutti soddisfatti: Sky per i risultati raggiunti, noi per il lavoro che siamo riusciti a fare, più vicino al format originale”.

L’Isola 9: difficile. E si poteva fare molto di più

“L’Isola 9 nasceva in un contesto molto difficile, con una svolta epocale in Italia per un programma che ha sempre rappresentato il costume del Paese, oltretutto orfano della presentatrice che aveva incarnato lo spirito della trasmissione. Quello di portarlo su un versante meno reality e più comedy, attraverso una spartizione dei ruoli di conduzione più equilibrata e una ricerca di cast particolarmente adatto, è stata una scommessa condivisa con la Rai e i risultati sono arrivati. Si deve andare oltre il televoto come modalità di coinvolgimento del pubblico. Oggi è solo un pezzo del discorso, si deve dare la possibilità al pubblico di commentare in maniera diversa. Producendo, però, ci si rende conto di una certa mancanza di capacità di innovare, penso all’Isola… abbiamo fatto alcune cose, ma si poteva fare molto di più e lì, però, conta la visione dell’editore”.

L’Eredità sempreverde. Parodi e Formigli aprono nuovi scenari

“In altra fascia si conferma un caposaldo come L’eredità, che ha avuto contro di tutto e ha sempre vinto; mentre per le novità partite su La7, I menù di Benedetta e Piazza pulita, è stato un anno importante perché su territori e pubblici molto diversi sono riuscite a conquistare un posizionamento. I menù di Benedettà sta anche portando sulla rete al pomeriggio un pubblico femminile che non c’era, mentre Piazza pulita è diventato un appuntamento affermato e, grazie a un intento comune e a un linguaggio nuovo, con un pochino di calma è arrivato a pareggiare con Santoro”.

Il palinsesto di Real Time è solido

“Quelli di Realtime sono bravi, perché hanno dei capisaldi che continuano a presidiare il palinsesto, ma ogni tanto – insieme – sforniamo nuovi prodotti. Si sperimenta per creare possibili sostituzioni per il futuro. Anche perché per noi è importante continuare a essere una casa di produzione che lavora con tutti”.

Noi apriamo a Mediaset, che si apre al coaching show

“E’ possibile un’apertura con Mediaset per il prossimo autunno. Abbiamo fatto per loro un pilota su Italia Uno, Fratello maggiore, che ha avuto un buon riscontro e a cui teniamo molto perché è un esempio di coach show traslato al cinematografico, un linguaggio su cui la tv italiana potrebbe investire di più. Sicuramente i coach show, su cui oggi in Italia hanno investito soprattutto Fox e La7 (Sos Tata e Tesoro salviamo i ragazzi) hanno un impatto forte dal punto di vista dell’interesse multimediale del pubblico”.

Alla concorrenza invidio le grandi narrazioni, Italia’s got talent e C’è posta per te

“Un programma della concorrenza molto interessante per la capacità di fare piccoli passi nella sfera del linguaggio e per la straordinaria resa è Italian’s got talent, un dispositivo fortissimo che permette un racconto a diversi livelli: Consente una partecipazione del pubblico importante, c’è il talento, la commozione, la messa in gioco dei giudici, la ripresa in possesso di un teatro… e poi il fatto che molti episodi siano montati, ma lo show si possa vivere nello stesso modo, insegna che l’imperativo della diretta c’è su alcune cose e su un altre no. Insomma un formato straordinariamente intelligente e curato. Così come C’è Posta per te, che grazie a una buona relazione con Telecinco siamo riusciti a produrre in Spagna, seguendo in maniera molto netta le direttive del gruppo di Roma di Maria De Filippi. La forza del modulo sta nella straordinaria cura di ogni singola storia per come viene trovata, raccontata e nel tentativo di soluzione: un grande lavoro di redazione. Un programma come questo, che nella sua semplicità resiste nel tempo creando un volume di ascolti così importanti, fa capire che ci sono dei passaggi televisivi irrinunciabili”.

Tradizione e innovazione: Grandi contro piccoli e Una grande famiglia

“Abbiamo anche un progetto per Canale 5 e un target più tradizionale, e poi c’è stato l’exploit della fiction con Una grande famiglia, combinazione di una storia completamente italiana con un cast davvero ricco”.

Aprirsi a un nuovo pubblico

“Non si può fare una televisione solo per quelli che l’hanno guardata negli ultimi vent’anni, dobbiamo sforzarci di intercettare le nuove generazioni e non è facilissimo. Alla fine la capacità di colpire l’attenzione significa trovare la storia giusta con i protagonisti giusti e se la trovi fai anche presa sui giovani. Certo oggi hanno bisogno di ricevere determinati stimoli per sentirsi parte di una realtà, non guardano più la tv come facevamo noi, anche se sono sempre alla ricerca di spunti che permettano loro di elaborare il proprio punto di vista. Questa nuova comunicazione costante ha bisogno di essere riempita di contenuti, ma tanto più è facile che i giovani siano aperti quanto più devi servire loro i prodotti che abbiano una solidità: in televisione oggi se fai una cosa la devi far bene perché anche il pubblico più giovane è molto smaliziato nella decodifica”.

Magnolia abituata al low budget

“Bisogna stare attenti a non compromettersi per fare programmi per cui non ci sia un budget sufficiente e poi si lavora sui margini, sempre più ridotti… ma è l’unico modo per fare tv. Noi, poi, abbiamo una storia di produzioni più a basso budget che ci consentono di essere più tranquilli, perché abbiamo sperimentato alcuni modelli e siamo stati un produttore da sempre molto presente nelle tv satellitari”.

La tv italiana non avrà mai Lost. Ma servono nuovi Camera Cafè

“Da noi quello che manca, perché non può esserci, sono alcune cose straordinarie, prodotti della fiction seriale americana su generi e mondi molto diversi come Lost. Progetti meravigliosi, ma per cui da noi non esiste mercato. Le cose più interessanti vengono ancora una volta da Sky. Ci sono comunque produzioni valide sulla generalista come Un posto al sole o Camera Cafè, lanciata però sette anni fa. Mentre, oggi, risulta difficile pensare in termini innovativi”.

L’Auditel è irrinunciabile

“Non può esistere una tv senza Auditel. E’ chiaro che il sistema andrebbe rivisto. Ma è un linguaggio condiviso e un parametro per misurarti deve sempre esserci…”.

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