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RaiWatch, il tribunale oscura il sito di Renato Brunetta

Secondo il magistrato di Bologna, il sito utilizzava impropriamente la parola Rai

pubblicato 15 Gennaio 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 09:35

Con un’ordinanza il tribunale di Bologna ha chiuso il sito Raiwatch.it in quanto utilizzava impropriamente la parola Rai. Il sito di critica politica, facente capo a Renato Brunetta (ma l’intestatario formale è tale Paolo Scacco, collaboratore del capogruppo di Forza Italia alla Camera), è stato oscurato e al momento non è più raggiungibile.

A presentare un ricorso urgente (ex articolo 700 del codice di procedura civile) era stato Viale Mazzini; e il magistrato gli ha dato ragione sostenendo che Rai è un marchio meritevole di protezione totale.

Come si legge sul quotidiano La Repubblica, l’ordinanza non interviene ovviamente sul diritto di Brunetta di fare critica politica e le pulci alle reti tv pubbliche. Ma considera il sito lesivo delle prerogative industriali di Viale Mazzini.

L’ordinanza, oltre ad oscurare il sito e ogni diramazione sui social network, trasferisce alla tv di Stato la proprietà provvisoria del dominio Raiwatch.it. Attraverso Twitter in questi minuti Brunetta sta commentando quanto avvenuto:

Io ho solo pubblicato gli atti della Commissione di Vigilanza Rai. Hanno oscurato quindi @RaiWatch. Io continuerò a fare trasparenza. Il mio obiettivo è Sanremo.Io voglio sapere come sono pagate le star di Sanremo. La mia colpa è voler fare trasparenza.

RaiWatch era stato lanciato a settembre scorso con lo slogan “gli abbonati sono ‘in prima fila’ e con diritto di parola” Prima e dopo questa nuova avventura online, Brunetta, che fa parte della Commissione di Vigilanza Rai, ha intrapreso molte iniziative in merito agli stipendi dei giornalisti e delle star della tv italiana, mettendosi di traverso anche rispetto al passaggio su Rai1 di Crozza, poi effettivamente naufragato.

Resta la domanda, in conclusione: l’oscuramento di un sito di critica politica è giustificabile per i motivi giuridici-formali fin qui esposti o è sempre da condannare e da interpretare come tentativo di censura?

Rai 1