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Fashion Style: conversazione con Totò Coppolino, capoprogetto del talent di La5

TvBlog conversa con Totò Coppolino: si parla del programma, della giuria e dei concorrenti, analizzando pro e contro.

pubblicato 15 Novembre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 11:55

Lunedì sera è iniziato su La5 Fashion Style, il primo talent completamente italiano dedicato al mondo della moda. TvBlog ha deciso di contattare il capoprogetto, Totò Coppolino, per analizzare con lui il programma. Ecco cosa ci ha raccontato.

E’ sempre più raro trovare un format completamente italiano in onda in televisione. Come hai fatto a portare Fashion Style in Tv?

«In realtà è molto semplice: tutto nasce da una riflessione che io e Fabio Pastrello abbiamo fatto sul mercato dei talent. In Italia i talent che hanno attecchito maggiormente sono stati quelli relativi alla musica e alla cucina, ma non c’è mai stato un talent sulla moda. Essendo l’Italia un Paese nel quale la moda è un argomento preponderante, che ci fa riconoscere in tutto il mondo – il made in Italy non è soltanto il cibo e il design, ma anche la moda – ci è sembrato strano che in Italia non si fosse creato un prodotto legato alla moda. Così, buttando giù un po’ di idee, abbiamo creato Fashion Style. Io fatalmente in quel periodo – un anno fa circa – avevo un contratto di consulenza con la casa di produzione, che l’ha prodotto, la Colorado Film. Da lì si sono aperte delle vie per realizzarlo. Abbiamo presentato il programma. E’ piaciuto alla Colorado. La Colorado ci ha creduto – onore al merito alla Colorado di aver creduto, perché lo sai meglio di me: mentre nel resto del mondo i prodotti originali vengono presi in considerazione, qui in Italia per varie ragioni legate alla impossibilità di rischiare, alla ricchezza delle reti, alla voglia di ancorarsi a qualcosa di più sicuro successo, è sempre molto limitata la possibilità di proporre qualcosa di totalmente nuovo – La Colorado ci ha creduto in maniera molto forte. Abbiamo poi proposto il format alla rete, abbiamo fatto tantissime riunioni per convincerli che fosse un prodotto vincente e alla fine ci hanno creduto anche loro. Da lì è partita tutta la macchina organizzativa che ci ha portato a riadattarlo all’esigenza della rete. Insieme al produttore di Colorado Luisella Sacchi abbiamo apportato una serie di modifiche per creare un prodotto che rispettasse un po’ la nostra idea di talent legato alla moda mashandolo con le esigenze della rete. Molto spesso capita che non ci sia la possibilità di sperimentare nel linguaggio e nei contenuti. Andare sul digitale terrestre ci ha permesso di sperimentare un linguaggio che è molto simile a quello satellitare e a quello d’oltreoceano. Nel programma abbiamo prediletto una condizione che non fosse diretta al pubblico. La conduttrice non si rivolge mai al pubblico, ma parla direttamente con la giuria e con i concorrenti. Questa qui è una delle cose che ci stuzzicava di più, anche nel tipo di montaggio. La scelta dei contenuti è stata fatta per renderlo più americano, cercando di adattarlo al gusto italiano. Siamo tutti abbastanza soddisfatti del risultato finale e le critiche che ci sono arrivate sono tutte abbastanza positive e ci ha rincuorato.»

Fashion Style e le fonti di ispirazione

A quali format stranieri vi siete ispirati, visto che esistono altri programmi del genere?

«Una mia caratteristica è quella di informarmi su ciò che accade nel mondo in tv. Mi piace. Io sono un curioso, uno che se deve creare qualcosa cerca di informarsi il più possibile, per creare qualcosa che funzioni e che possa introdurre delle piccole novità Sappiamo benissimo che i programmi televisivi molto spesso hanno delle attinenze tematiche abbastanza simili – se parli di talent musicali parli di cantanti che si mettono in gioco e quello che viene giudicato e la loro capacità di interpretare un brano, di essere intonati… se parli di cucina devi saper fare la ricetta giusta sotto pressione, devi conoscere le tecniche giuste, se parli di moda i riferimenti non possono essere ad altri programmi legati alla moda – Devo dire nel resto del mondo ce ne sono parecchi. L’unica cosa che non c’era era un programma nel quale i protagonisti del talent fossero delle squadre. La scelta che abbiamo fatto è proprio quella lì, cioè avere per la prima volta in gara dei team creativi che riproducessero un po’ in piccolo ciò che accade nel mondo della moda. Quindi abbiamo messo insieme varie personalità che, lavorando insieme, riescono a far emergere maggiormente il proprio talento. In una sfilata di moda le persone che ci lavorano non sono soltanto gli stilisti, ma anche gli Hair Stylist, i Make Up Artist e le modelle, che devono interpretare quello che hanno pensato queste figure professionali….»

Si, va dato atto a voi che c’è la novità che è quella delle squadre e a te che sei bravissimo a svicolare dalla domanda: quali erano i riferimenti internazionali?

«Guarda ce ne sono tantissimi come ti dicevo: Project Runway, Next Top Model, Shear Genius, che è un talent per parrucchieri, ce ne sono tanti…»

La cosa bella è che siete stati voi a creare qualcosa di differente. Non esiste un talent a squadre. C’è uno studio dietro e questo vi rende onore…

«Si, certo. Quando si lavora si cerca di trovare qualcosa che non sia stato fatto precedentemente … le idee sono volatili. Le idee vengono a tutti. La cosa diversa è come le metti in pratica. Probabilmente l’idea di mettere in gara un’intera squadra ancora non era venuta a nessuno, ci è venuta in mente e siamo riusciti a metterla a frutto. Alle volte capita! Sono le intuizioni. A volte le hai altre volte no…»

C’è l’intenzione, a parte di fare una seconda edizione del programma, di vendere il format all’estero?

«Ti dico: io, Fabio Pastrello e Luisella Sacchi che siamo i detentori dei diritti del format, l’abbiamo venduto alla Colorado e abbiamo venduto anche i diritti esteri. Quindi immagino che la Colorado poi lo voglia presentare al Mipcom per inserirlo nel mercato internazionale Visto il successo che hanno avuto format del genere – Project Runway, America’s Next Top Model – immagino che ci possa essere una possibilità anche per Fashion Style di varcare il confine. Non è detto, perché il mercato da questo punto di vista è saturo su questo argomento. Ci sono tantissimi programmi … io lo spero, spero che si riesca a portare anche all’estero, perché seppur piccola è una novità e mi inorgoglirebbe.»

E allora occupiamoci di Fashion Style. La prima cosa che salta all’occhio guardando il programma è che nella sigla l’unico giudice presentato per ciò che fa è Cesare Cunaccia. Non è un po’ “offensivo” nei confronti del giornalista il dover specificare nella presentazione la sua identità? Oppure: non è “offensivo” nei confronti di Silvia Toffanin e Alessia Marcuzzi il fatto che soltanto lui venga presentato come autorità nel suo campo?

«Secondo me non è offensivo nei confronti di nessuno, perché nella composizione della giuria abbiamo cercato di equilibrare questi personaggi, che hanno il compito di giudicare i talent. Per cui, presentare Alessia Marcuzzi e Silvia Toffanin è più semplice perché sono delle star della tv italiana. Noi facciamo il programma per un pubblico che guarda la televisione. Presentare Cesare, che è una star a suo modo per il pubblico “modaiolo” è stato più difficile perché lui ha un target più ristretto, perché la moda è molto elitaria. Programmi come questo servono a renderla un po’ più pop, un po’ più accessibile a tutti quanti. Cesare per me è un valore aggiunto del programma perché è un esperto di moda che mi dà un contenuto in più. Per quanto riguarda Silvia ed Alessia loro rappresentano nella giuria di Fashion Style due appassionate di moda, infatti il loro giudizio è sempre legato non alla tecnicità, ma al gusto personale. Nel campo della moda hanno una esperienza devastante. Alessia con il suo blog LaPinella negli ultimi anni ha approfondito un lavoro di sponda, perché per chi va in video la moda è un argomento che naturalmente si frequenta. Per Silvia tutto è nato dalla moda. Lei ha mosso i suoi primi passi come conduttrice di Nonsolomoda, quindi per lei è come ritornare ad un argomento che è sempre stato suo.»

Fashion Style – I giudici e la conduttrice

Sei arrivato a parlare già dei giudici. Allora parliamo dei giudici, che è una delle note positive del programma: non c’è soltanto alchimia, ma anche le caratteristiche dei giudici ben definite. Abbiamo la Toffanin che ha molto carattere, parla e propone una immagine nuova rispetto a quella che percepiamo solitamente. Abbiamo la Marcuzzi che sembra molto appassionata e si capisce chiaramente perché ha un suo blog sull’argomento. Abbiamo Cunaccia che è l’esperto. Li avevate scelti così da subito? Volevate trovare questa tipologia di giudici?

«Assolutamente sì. Nella composizione della giuria siamo stati veramente fortunati. Perché sai: Fashion Style è un programma nuovo, mai testato, che va in onda comunque su una rete che non è generalista … il fatto che Silvia e Alessia abbiano aderito a questo programma per noi è stato un plus super interessante, perché altrimenti sarebbe stato un altro programma. Nella costruzione della giuria abbiamo tenuto conto, soprattutto nella scelta del terzo giurato, delle caratteristiche sia di Silvia che Alessia. Il fatto che abbiano accettato subito ci ha fatto molto piacere. Devo dire che non si sono risparmiate minimamente, si sono messe in gioco fin dall’inizio. Entrambe sono persone molto precise nel loro lavoro. Si sono documentate sui concorrenti, hanno voluto vedere tutti i casting che sono stati fatti. Lo stesso ha fatto Cesare che se vuoi, essendo il più tecnico, ha fatto in fase di casting le osservazioni più utili anche a noi per scegliere i concorrenti che valevano di più, i più talentuosi. Una giuria migliore non poteva capitare.»

Però rispetto ad una giuria così forte, così precisa, così coesa, abbiamo Chiara Francini, le cui doti artistiche non sono messe in discussione, che però sembra un elemento fuori luogo, di cui almeno nella fase dei casting si potrebbe fare a meno. Ho notato che legge le battute che dice e poi ripete il tormentone “Tu vai, io resto”, che forse si poteva evitare di dirlo così tanto spesso. Non è fuori posto rispetto a tutto il resto? In fondo in tanti altri talent, tipo Masterchef, non c’è la presenza del conduttore, non c’è bisogno del conduttore. In questo caso c’era proprio bisogno della conduttrice fin da subito?

«Io non sono d’accordo. Per me la presenza di Chiara è più che giusta all’interno del programma. Ti dico anche che in realtà il fatto di creare il tormentone è un piccolo espediente narrativo. E’ il “muoro” di Masterchef …»

E si, ma lui non lo ripete ad ogni occasione …

«Quel modo di fare fa parte del personaggio di Chiara, ma anche di una costruzione sdrammatizzante…»

Non potevate lasciarla più libera allora? Non potevate lasciarla a briglie sciolte dato che lei è brava ad improvvisare. In puntata leggeva le caratteristiche dei concorrenti e ha ripetuto il tormentone. Non ha avuto spazio …

«Può capitare che lei legga qualcosa, ma sono dei punti d’appoggio, dei punti che lei si è fissata, dei punti fermi. Ovviamente lei ha un copione. Chiara è una ragazza di estrazione cinematografica. Fa l’attrice, anche con successo. Il fatto di leggere degli appunti che ci sono, non vuol dire che non sia stata libera, tant’è che capitava che su una base di copione Chiara leggesse delle sue riflessioni, delle sue battute, dei suoi modi di dire. Per me è un valore aggiunto Chiara. Lei riesce ad avere una doppia chiave che è in un caso la chiave tipica di questi programmi, la versione istituzionale della conduttrice che deve spiegare ai concorrenti cosa sta accadendo e di rimando anche al pubblico, e allo stesso tempo riesce a sdrammatizzare in maniera naturale. Tu dici che legge tutto: in realtà è tutto frutto di una sua reinterpretazione di testi che noi le abbiamo dato. Le battute sono sue. Molto spesso non sono le battute il contenuto sdrammatizzante di Chiara, ma le espressioni che fa …»

Esatto! E’ proprio lì che volevo andare a parare: lei probabilmente non aveva bisogno di scriversi tutte quelle frasi e di creare un tormentone. Probabilmente gliel’avrebbero creato, perché è brava ad essere macchietta di se stessa. Se il programma funziona chi la vede riesce tranquillamente a trovare qualcosa di simpatico nel suo modo di fare da trasformare in tormentone.

«A me non è dispiaciuta. Io non la vedrei neanche come macchietta, ma come un attimo di respiro in una gara che può essere anche tesa. Come tutte le gare, essendoci in palio la possibilità di entrare a far parte di Fashion Style, si può creare tensione. La sua conduzione, avendo questa doppia chiave, mi ha divertito e mi ha reso a livello di scrittura un po’ più fresco, un po’ meno messa cantata.»

Fashion Style – I concorrenti

Un altro aspetto potente del programma, che poi c’è sempre il dubbio che sia vero oppure no, è il cast. Quelli che abbiamo visto, soprattutto nei momenti delle prove, quando erano lasciati liberi con voi che li riprendevate, sono veramente forti. Sono uscite delle personalità che farebbero la fortuna di qualsiasi talent e reality: gente che si insulta, che si lancia frecciatine – senza essere volgari – gente che non se le manda a dire. Come avete fatto a trovare un cast così?

«Il cast è il 50% di questo programma, l’altro 50% è la giuria, che come abbiamo detto è molto forte, competente, ficcante, non banale nei giudizi, sempre precisa e attenta. I concorrenti sono dei veri e propri talenti che però non sono per forza personaggi. Abbiamo cercato nei casting che abbiamo fatto il talento. I casting sono stati fatti in tre fasi: a giugno una scrematura delle candidature che sono arrivate su carta, un incontro e il recall a settembre sottoponendoli anche a delle prove per dimostrarci il talento, per testare se effettivamente fossero in grado di creare quello che promettevano di fare. Sarebbe stato molto più facile scegliere dei personaggi – sai benissimo che se riesci a trovare la storia pazzesca e il personaggio formidabile hai già fatto il 70% di quello che devi fare – ma noi abbiamo cercato di privilegiare il talento e abbiamo avuto anche la fortuna di trovare dei ragazzi che oltre al talento hanno anche qualcosa da dire, perché hanno un background di vita vissuta che li ha fatti essere quelli che sono nella loro professione…»

La fortuna deriverà anche dal fatto che, essendo un talent sull’estro, essere estrosi può portare ad avere dei caratteri particolari…

«Probabilmente sì.»

Cioè se questi sono così e hanno anche talento avete avuto fortuna, ma siete stati anche bravi…

«Ti ringrazio!»

… di contro nella fasi dei casting ho notato che c’è troppa giuria e poco spazio ai concorrenti. Nei momenti con la giuria c’è la sensazione di “chiacchiericcio”, perché: ti trovi il racconto delle vite dei protagonisti che tanto ti dimentichi da un giorno a quell’altro perché quelli visti nella prima puntata non li vedremo più per almeno due o tre puntate; ti trovi delle domande che lasciano perplessi tipo: “Perché sei qui?” Verrebbe da rispondere: “Perché no?”. Invece nei momenti delle prove, quelle dove c’è solo la vostra ripresa attenta delle dinamiche, del loro creare, del loro battibeccare i personaggi escono di più, ma quei momenti sono pochi e brevi …

«Questa percezione se vuoi può essere anche vera e condivisibile. In realtà la struttura del programma prevede proprio questo: nelle prime quattro puntate ci sarà la selezione dei concorrenti, quindi il nostro obiettivo non è quello di far affezionare il pubblico ai concorrenti che passano … devi iniziare a piantare dei semi che poi verranno raccolti nel corso delle ultime quattro puntate, che saranno quelle del contest, dove le anticipazioni che hai avuto sui caratteri dei personaggi avranno uno sviluppo, uno sviluppo che si avrà grazie agli incastri tra le varie psicologie dei protagonisti, sia agli stimoli ai quali sono sottoposti.»

Quindi c’era bisogno del chiacchiericcio a scapito delle prove?

«Secondo me si. La giuria in questo programma è funzionale. E’ funzionale perché solo attraverso il confronto con la giuria vengono fuori alcune cose dei protagonisti …»

Si, però, perdonami. Mi è venuto l’esempio – questa storia me la ricordo, quindi ha funzionato, però non è utile alle dinamiche del talent – c’era una ragazza che ha dei problemi di salute. Non siamo ad Extreme Makeover Home Edition, siamo a Fashion Style, tant’è che l’argomento è stato introdotto e poi si è glissato. Mi chiedo: perché devo ricordarmi di questa ragazza per i suoi problemi di salute e non per il suo estro creativo e/o la sua vena polemica non indifferente? Perché deve essere introdotta come “La ragazza che da giovane ha avuto problemi?”. A me dispiace umanamente, ma … perché?

«Guarda, quella lì è una scelta di racconto. E’ il racconto di quello che è accaduto effettivamente a questa ragazza. Questa ragazza è una ragazza che ha avuto e ha tuttora dei problemi di salute e grazie alla passione per il suo lavoro è riuscita a fare ciò che molto spesso non fanno delle persone che sono affette da malattie, che hanno dei problemi, cioè quello di sfruttare la propria passione per mettere da parte le sofferenze legate alla propria malattia. Ti dico: a noi non interessava parlare della malattia, avremmo potuto ricamarci sopra. A noi non interessa il personaggio, a noi interessa far venire fuori il talento. Il suo racconto era funzionale a far venir fuori il talento, perché la sua professione è stata per lei una terapia…»

Si, ma non è che dalla sua malattia è venuto fuori il talento. Non diamo questa idea, quella che se uno ha un problema …

«Ma infatti non abbiamo raccontato questo…»

Però se mi dici che è funzionale al racconto arrivare a dire “Lei ce l’ha fatta”. Ok, è bello, ma non è che le due cose sono collegate. Magari sarebbe stata talentuosissima anche senza la sua malattia e avrebbe trovato un’altra leva per iniziare a intraprendere questa avventura…

«Quello sicuramente, però nel racconto dei protagonisti di un programma, si tiene conto dei vissuti dei protagonisti. C’è chi nel proprio vissuto ha litigato con la mamma che non c’ha mai creduto. C’è chi è stato sempre ostacolato, ma ce l’ha fatta. C’è chi è sempre stato agevolato, ma non ha mai avuto uno scatto di qualità e non è riuscito ad affermarsi. C’è chi è stato bloccato nella sua professione da un problema di salute e nonostante questo si è rimboccato le maniche e grazie alla passione è riuscita a superare la malattia. Per me è un contenuto che si può tranquillamente raccontare, perché ti fa capire di più il personaggio, il protagonista e soprattutto se non viene morbosamente raccontata la malattia ti svincola da una strumentalizzazione gratuita della persona… in altri programmi quella ragazza sarebbe andata avanti, sarebbe stata la testa di serie del programma e magari avrebbe anche vinto…»

E’ vero, hai ragione, ma c’è anche il rovescio della medaglia: la ragazza è arrivata a quel momento lì delle selezioni, soltanto perché serviva un racconto simile da utilizzare…

«No, quella ragazza è arrivata fino a lì, perché aveva vinto i campionati italiani di acconciatura – hai visto l’acconciatura che ha fatto? Quasi una scultura – poi non è stata apprezzata dalla giuria che ha prediletto cose più semplici, meno costruite e strutturate e non è andata avanti.»

Prima di cambiare argomento, mi assicuri che non c’è niente di scritto per i concorrenti nelle parti delle prove? Perché erano veramente spigliati quando si lanciavano frecciatine…

«Assolutamente niente. Come funziona in questi programmi? Si cerca di mettere insieme delle persone che alla fine possono essere una bomba ad orologeria. »

Fashion Style – La tensione narrativa

Un altro pregio di Fashion Style – ma tanto anche in questo caso c’è un però – è la narrazione, perché è un programma che effettivamente racconta… però non c’è tensione narrativa. Ti faccio degli esempi: 1) il pubblico scopre insieme ai concorrenti le prove e la voce off rispiega la prova in un secondo momento. In questo modo non si può pregustare le facce che faranno i concorrenti all’annuncio degli ostacoli che voi “carogne” avete messo all’interno delle prove. 2) Il momento dell’annuncio di chi passa il turno è piatto, sembra di vedere l’eliminato del Grande Fratello – “Passa alla fase successiva…” inquadratura su un concorrente, inquadratura sul concorrente successivo, musica soft. “L’eliminato del Grande Fratello è…” inquadratura su un concorrente, inquadratura su un altro…- 3) I titoli di coda: invece di utilizzare immagini interessanti come traino per la puntata successiva, vengono mostrate le facce dei protagonisti, esimi sconosciuti, del programma. Mi sono proprio chiesto: “Perché devo guardare la seconda puntata?”. Perché non avete messo scene di creazioni, piuttosto che scene concitate o di piccoli litigi?

«La mancanza di tensione narrativa io non l’ho avvertita. Tu dici: “Sembra quasi di vedere il Grande Fratello”. In realtà quello lì è un tipo di linguaggio che non è un linguaggio del Grande Fratello.»

Si, era un esempio…

«Accade veramente in tutti i talent di questo tipo…»

Si, però c’è un accompagnamento musicale differente, più incisivo, come quello che avete usato nelle scene degli ultimi minuti delle prove. Una musica che dà più ritmo e forza. Quando c’è l’annuncio c’è quasi il silenzio tombale …

«Magari c’è stato un problema del mixer audio, magari si è percepita male questa cosa…»

Magari sono io che volevo una musica alla Profondo rosso!

«La musica tensiva in quel momento lì c’è, ma probabilmente non è così forte e incalzante come nella sfida quando c’è il countdown al termine della prova. Ti assicuro che c’è…»

E invece perché avete utilizzato la voce off dopo e non vi siete soffermati sulle reazioni dei concorrenti?

«Perché se noi avessimo fatto quella scelta lì … ci sono due motivazioni: a me non interessa il litigio tout court…»

Io intendo nella presentazione delle prove. Gli ostacoli inseriti erano bellissimi. Io mi aspettavo di saperlo prima e poi di guardare sadicamente l’immagine della preoccupazione dei concorrenti… Invece Chiara Francini lo racconta a noi e a loro in contemporanea e la voce off rispiega tutto dopo…

«Noi le regole le abbiamo ripetute per chiarezza, perché c’era il rischio di non essere estremamente chiari nello spiegare una prova che era complessa.»

Non potevate invertire l’ordine? Prima voce off, poi Chiara Francini per darci il tempo di percepire le reazioni dei concorrenti…

«In realtà lo vedi da subito. Nel momento in cui la Francini annuncia quelle che saranno le difficoltà, abbiamo le reazioni dei concorrenti e dopo la grafica che è soltanto esplicativa … la tensione la costruisco, più che nello spiegare cosa è la prova che dovranno andare a fare, ma nell’esecuzione della prova. Tant’è che hai visto che durante la prova si sono trovati in difficoltà e nelle difficoltà il personaggio, in base alle proprie capacità, alle proprie attitudini personali e alla propria psicologia è riuscita ad affrontarla in maniera differente. La tensione nella prova sta nel fatto che non tutti sono riusciti a fare in maniera ottimale quello che dovevano fare. Si vedrà anche nelle seconda puntata …»

ATTENZIONE SPOILER

«… ci sarà una prova legata alle modelle che le metterà veramente a dura prova. Sarà molto difficoltosa per loro. In quel caso lì, più va avanti la prova, più ti rendi conto che la tensione cresce sempre di più perché le difficoltà sono sempre maggiori. La tensione narrativa abbiamo cercato di costruirla così, non esclusivamente nelle facce dei protagonisti mentre gli viene comunicata la prova. Farlo lì e basta sarebbe stato come darti qualcosa che finisce subito. Abbiamo cercato di svilupparla lungo tutta la prova. Anche nel giudizio dei giurati, quando ci sono i loro giudizi, devo dire che sono stati bravi a non sbilanciarsi mai troppo, a non far capire mai quale sarà l’esito finale…»

Su quello hanno imparato da decine e decine di giudici degli altri talent… sono bravi eh, ma quello si vede anche negli altri talent… quindi mi hai confutato la mia idea di tensione narrativa durante le prove, mi hai confutato la mia idea di tensione narrativa durante l’annuncio dei giudici… sui titoli di coda però…

«Sui titoli di coda ti dico. Tu volevi qualcosa che ti portasse a guardarlo…»

Si, non dico come Hell’s Kitchen dove vedi Gordon Ramsay che spacca i piatti sul tavolo e la voce off dice: “Vedrete la puntata più incredibile della storia”, però qualcosa che mi emozioni…

«Il super “teaserone” finale in realtà serve per fare delle promesse al pubblico. Noi abbiamo scelto di non anticipare troppo quello che accadrà nella puntata successiva proprio per destare maggiormente la curiosità. Anticipare delle scene della puntata successiva probabilmente avrebbe regalato al pubblico dei contenuti in anteprima, però sarebbe stato un po’ sensazionalistico. Non avrebbe avuto un effetto diverso rispetto a quello del “teaserone” che abbiamo proposto. Avremmo potuto mettere le modelle un po’ scollacciate … ti aspettavi questo?»

Mi aspettavo magari qualche litigio…

«Però sai, se noi avessimo montato dei litigi…»

Mi sarai lamentato e avrei detto che eravate trash. E’ vero, però il problema dei teaser e in generale di tutti gli spot promozionali, è che si mettono dentro le sceme migliori, poi il pubblico guarda la puntata e rimane deluso, perché non c’era altro rispetto al promo. Ma voi di momenti belli ne avete tanti, no? Oppure quei dieci secondi avrebbero tolto interesse alla prossima puntata?

«No, non avrebbe tolto nulla. E’ stata solamente una scelta narrativa. Quello che abbiamo cercato di promuovere, in linea con la scelta del racconto, è quello che nella prossima puntata le protagoniste saranno le modelle e i make up Artist. Perché abbiamo scelto questo e non altro? Non è detto che non ci siano delle liti – ci saranno o magari non ci saranno – non abbiamo fatto vedere le sfilate – chissà cosa accadrà nelle sfilate, ci sarà qualche modella che non sarà all’altezza? Ci sarà qualche modella che cadrà? – ci sono tante cose che probabilmente è più giusto far gustare al pubblico durante la puntata piuttosto che banalmente in un teaser finale.»

Tutte le puntate saranno lunghe un’ora e otto minuti?

«Come hai visto il ritmo del programma è molto incalzante, proprio perché i contenuti sono tanti tanti. Fortunatamente nella permanenza, analizzando le curve che ci sono arrivate, la permanenza è stata ottima, per cui la lunghezza non è stato un qualcosa di negativo.»

Figurati che io non l’avevo neanche pensato. Era una curiosità, siccome il programma che viene dopo, Tacco 12, era annunciato per le 22.10, ma è partito più tardi… saranno tutte così lunghe o si tornerà a una durata di 40/50 minuti?

«Nelle fasi di casting il minutaggio rimarrà pressoché invariato. Nella fase di contest probabilmente la situazione cambierà, perché i contenuti saranno diversi.»

Fashion Style – come sarebbe stato su una generalista

Ultima domanda: all’inizio della nostra conversazione hai detto che quando avete proposto questa idea avete dovuto mediare con la realtà della rete e altre situazioni…

«Più che mediare, matchare. Non è che loro volevano delle cose e noi ne volevamo delle altre. Abbiamo cercato di fondere insieme il nostro gusto con il gusto delle rete e di arrivare ad un obiettivo comune, che poi è quello che hai visto in onda.»

E il vostro gusto quale era? Quale era l’idea di base che poi è stata trasformata nel tempo, venendo comunque fuori come un qualcosa di originale, solo italiano, che ha avuto un buon riscontro di pubblico? Cosa manca che non c’è rispetto all’idea di base?

«Nell’idea di base c’era tutto quello che c’è adesso. Probabilmente c’era in maniera differente. Noi autori quando scriviamo e inventiamo qualcosa purtroppo o per fortuna la pensiamo in grande, dopo di che si deve fare i conti con la realtà dei fatti. E la realtà dei fatti è che la televisione italiana purtroppo non ha più le risorse economiche che aveva un tempo…»

Devo leggere il sottotesto nella tua risposta giusto?

«Ma no, perché il sottotesto?»

Perché la domanda era direttissima: “Cosa manca?”. La risposta all’inizio è: “Noi pensiamo in grande”, poi siamo passati ad un discorso economico. Quindi devo dedurre che le due cose siano collegate, che tu avessi pensato a qualcosa di più spettacolare o ad uno studio più grande? Cosa avresti fatto se avessi avuto un budget più grande da investire?

«Ci sarebbero state delle prove in più, dato che sono state apprezzate ed è un contenuto sul quale abbiamo scommesso parecchio. Ci sarebbe stata la possibilità di fare più esterne. Le esterne sono un costo non indifferente, soprattutto per una produzione come questa, che è una produzione low budget.»

Quindi la speranza è che finisca l’anno prossimo su una rete generalista Mediaset, così magari c’è più budget, tanto le idee già ci sono…

«Guarda, io lo spero. Ovviamente la speranza di riuscire ad arrivare alla generalista sicuramente c’è. Speriamo che il programma riesca a crescere ulteriormente rispetto ai dati già più che soddisfacenti che sono stati ottenuti, graditi e apprezzati dalla rete e da tutta Mediaset…»

Tanto il cast dei giudici già c’è…

«Eh si, i nostri giudici sono insostituibili…»

Sono già due volti affermati…

«Tre volti ormai…»

Il terzo non ancora affermati a livello di generaliste Mediaset, ma la Toffanin e la Marcuzzi sono volti amati dal pubblico. Grazie a Fashion Style è venuta fuori anche una nuova Toffanin, che oltre alla professionalità è “più una di noi”, dove noi è inteso come spettatore che non si fa problemi a dare la propria opinione…

«Guarda, Silvia è una donna pazzesca, al di là di ogni piaggeria. Silvia è stata un valore aggiunto del programma, così come Alessia. Entrambe se vuoi sono state mostrate in una veste completamente diversa rispetto a quella che solitamente ricoprono. Alessia e Silvia non sono mai state giurate e perché entrambe sono state differenti anche come approccio, perché quando ti trovi a giudicare delle persone, lo fai mettendoti in una posizione differente, rispetto a quando conduci, perché non conduci il pubblico verso il tuo contenuto, ma sei tu il contenuto.»

Si, in fin dei conti sono venute fuori delle belle figure di giurate…

«Io sono veramente soddisfatto del prodotto finale e se sono soddisfatto è perché loro, ma intendo anche Cesare, si sono messi in gioco senza risparmiarsi, entrando totalmente all’interno del programma. Avrebbero potuto prestare il loro volto o la presenza per fare un’apparizione, invece si sono interessate ad ogni minimo dettaglio. Abbiamo fatto tantissime riunioni, abbiamo condiviso scelte. Se vuoi puoi pensare che anche le eliminazioni sono state molto combattute e sofferte … ogni decisione, ogni eliminazione era mezz’ora di confronto fra di loro, per arrivare ad una decisione finale. Devo dire che questo è il plus del programma: i personaggi si sono messi totalmente al servizio del programma senza essere dei volti e basta.»

Per concludere la nostra conversazione: come speri che venga ricordato dai posteri Fashion Style? Ti auguri che Fashion Style venga ricordato perché …

«Perché ha trascorso 70 minuti della propria vita divertendosi, vedendo delle belle creazioni, affezionandosi alla giuria e ai protagonisti del programma, che sono i talenti di Fashion Style. Solo questo. In tutti i programmi che ho fatto ho avuto la speranza che venissero apprezzati per il mio lavoro, che è quello di creare intrattenimento per il pubblico. Se ci riesco anche solo minimamente, io sono soddisfatto.»

Grazie Totò!

«Grazie a te. Vorrei ringraziare anche gli autori Alberto Puliafito, Laura Gamberini e Mila Cantarelli, e il regista Cristian Biondani che ha valorizzato al massimo l’immagine di Fashion Style. E’ stato un piacere lavorare con lui.»