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Luca Telese: “Ho gufato sulla Costamagna, ha un carattere di mer*a. Domenica Live come il circo, su La7 l’Italia migliore “

Telese a Reputescion di Andrea Scanzi, da Matrix a Domenica Live passando per In onda

pubblicato 15 Ottobre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 13:11

Nonostante “tutto”, io stimo Luca Telese. Perché potrà avere tutti i difetti egoriferiti della categoria, ma ha un pregio che lo rende interessante agli occhi di un giornalista: non si tira mai indietro. Così la sua intervista a Reputescion di Andrea Scanzi, andata in onda ieri sera, è stata un vero fiume in piena. Telese ne ha dette di ogni.

E’ partito col commentare il suo webfeeling, risultato per il 50% negativo (a uno sue due in rete sta sulle palle). Il suo reputometro è, invece, del -0,30, in quanto è considerato un narcisista e un giornalista comodo. Antipatico ai grillini, ma pprezzato come scrittore. Ecco la sua replica:

“Io ho un’idea, che è un po’ un cardine della tua vita. O sei uno di quelli che prova a piacere a tutti, o fai quello che pensi sia giusto, sei scomodo e piaci a chi piaci. E’ una percentuale buona. Mi colpisce che la rete veicola in maniera tremenda le antipatie, sento che non bisogna vivere questo rapporto con la rete in maniera dipendente. Mi diverto a motteggiarli. Pensavo fossero di più. Dove ho sbagliato?”.

A questo punto Scanzi gli ha fatto ripercorrere i momenti più discussi della sua carriera, a partire dal filmato datato dicembre 2010 in cui Luisella Costamagna gli dava dell’imbarazzante. E’ il suo video più visto in assoluto e testimonia una rivalità cult che ha fatto la storia recente della tv. Ecco come Telese ricorda quel periodo:

“La televisione ha sempre momenti verità. Quello fu uno dei momenti più duri del nostro rapporto in video. Fummo convocati da Stella, che ci disse di finire di litigare. Noi continuammo a farlo, ci furono belli ascolti e quindi contrordine, potevamo continuare a scannarci. In una parte il litigio è stato vero, in quanto difficoltà di amalgamarci, poi è diventato un elemento di appeal. Funzionava e quindi è diventata una cosa endemica. Non è vero che abbiamo litigato perché ci davamo su la voce. E’ successo che, in una sorta di cronaca di una morte annunciata, ci dicevano che prima o poi questa coppia strana finirà e lo hanno deciso dalla mattina alla sera. Tra l’altro proprio nel momento in cui io andavo molto d’accordo con lei, ma conoscendo lei non so se era una cosa ricambiata. E’ una grande professionista della televisione, proprio una numero uno, ma ha anche un carattere di merda. Oltre al mio c’è il suo, non è facile sommarli. Per me In Onda è stato un calvario. Quando provi l’esperienza della co-conduzione poi sei pronto per esperienze mistiche, per il buddismo”.

A un certo punto ha persino ammesso tra le righe di averle augurato il flop in Rai:

“Ho gufato quando ha fatto Robinson. Non mi piacciono quelli che non lo ammettono. Io ero un po’ dispiaciuto, lei sapeva che io non ho avuto un ruolo sulla sua sostituzione. Non voleva attaccare la rete, ma ha drammatizzato, mi ha usato come pungiball mediatico. Mi ha dato del bignè, del furbone e con questa cosa ha conquistato una prima serata. Io pensavo che quel caratteraccio, che è un po’ il suo demone, l’avrebbe danneggiata. Pensavo che io per lei ero un aiuto, le facevo da spalla. E’ molto difficile fare da spalla, che fare da vedette. Io lo facevo perché funzionava la coppia così. Lei si illuminava quando le davo della valchiria catodica. Lei aveva i riflettori. Quando ha fatto Robinson è uscito fuori il suo difetto fatale. Lei è un po’ la rana e lo scorpione. Aveva quell’elemento della pistolera che vendica tutto e, di fronte a quella cosa della Carfagna “si chiacchiera della sua relazione”, lei le ha risposto ‘io neanche ho pensato fosse vero quando si diceva di te e Santoro’. Tiè”.

Sul suo controverso passaggio a Matrix, che continua a non decollare, ha dichiarato:

“Io sono molto soddisfatto perché era una missione difficile. Unire tre lingue e tre redazioni diverse. Andare lontano da un pubblico come quello di La7 con cui da sei anni avevo a che fare. Siamo partiti in tre giorni. Sono uscito da La7 e sono entrato a Canale5 a fare qualcosa in cui mi riconosco, una trasmissione moderna ma non facilona, nazionalpopolare ma quando io parlo di Gianni Morandi è come se stessi parlando della crisi di governo. Anzi ancora più serio. La puntata di Morandi è quella andata meglio perché Morandi, insieme alla Carrà e a Rita Pavone, spiega Berlusconi”.

Ecco che ne pensa Telese della crisi dei talk show:

“Andrà ancora peggio. Se scompare dalla scena Berlusconi noi dovremmo fare puntate su Alfano e Letta e sull’Alfetta. Feltri ha dimostrato di essere un animalone anche quando si secca, ti racconta il gramde ventre del Paese. Per questo io sto virando. Per me fare una puntata sul perché l’evasione vince sull’informazione è forse un’altra domanda interessante. Ho fatto un calcolo la settimana scorsa. C’era la somma di Piazza pulita, la Gabanelli e Del Debbio che faceva il 12%. Montalbano più Morandi faceva quasi il 50%. Non è che sono le casalinghe di Voghera. Siamo noi, un pezzo di Italia che se si parla di decadenza che non arriva mai si dà una martellata sui coglioni”.

Gli ascolti bassi, dunque, non lo lasciano indifferente:

“La puntata decadentista che io ho fatto ha fatto il 5%. Non credere a quelli che dicono che non gliene importa niente degli ascolti. Io sto programmando il day after. O vai fino alle tre, scarichi adrenalina e poi ti svegli quando sono usciti, o se ti svegli alle otto e mezza poi hai due ore che vivi come lo zombie. Quando Santoro ha fatto la battuta paragonandomi alla Battipagliese contro la Juventus di Vespa mi ha dato un’identità e una carica e dopo siamo andati all’8%, che è stato il mio risultato migliore. Per me è la mia poetica”.

Di Michele Santoro ha detto:

“Io ho molta stima per Santoro. Non è stupenda la prima puntata di Servizio pubblico, con lui che coronava il suo sogno di fare il giudice di tutti i processi di Berlusconi? Linguisticamente era Santoro che faceva l’ipertesto. Noi per loro siamo sempre ragazzini che dobbiamo crescere, siamo sempre un po’ pischelli. E’ la generazione degli anni Sessanta, del baby boom. Loro vivono solo per il lavoro e ci vogliono ammazzare. Ti odiano come un’impurità”.

Altrettanto interessante la sua replica sugli sfottò ricevuti in rete, dopo che ha fatto l’inviato della D’Urso per una domenica:

“E’ un’opinione comune. Dovrei dire che c’era una logica minima di autopromozione. Se fossi andato da Milano e fossi stato nel salottone dei leoni con quei fenomeni meravigliosi, al di là dell’umanità, entità catodiche, io non mi schiferei mai perché non sono snob. Io sono cresciuto con lunga gavetta di autore di programmi leggeri, non in un’accademia inglese. Ho conosciuto mia moglie a Cronache marziane. Abbiamo fatto la gavetta. L’ipertelevisione la conosciamo e mi diverte sempre vederla. Io posso imparare qualcosa anche vedendo le Lecciso, quando vado là è come andare al luna park. Io sono uno che non fa vita mondana. Per me è come andare al circo”.

Quanto alla chiusura altrettanto discussa del suo quotidiano Pubblico, con una serie di giornalisti non pagati, ha per la prima volta detto la sua verità:

“Io sono nato non ricco. Ho perso 40.000 euro per altri. Io avevo da parte 100.000 euro che ho perso interamente in questa cosa. Non ho percepito gli ultimi stipendi, sono quindi per certi versi creditore di 7000 euro e perderò ciò che rifinanzieremo se riusciamo ad evitare il fallimento di quella società. In questo la rete amplifica. Se uno è sconfitto gli devi sputare addosso. Se uno è sconfitto perde l’immagine, il tempo, la faccia. L’idea che sia passata questa cultura che solo i vincenti hanno ragione mi fa impazzire. Era una impresa fatta perché pensavo che fosse importante costruire un piccolo luogo di pensiero non urlato in un periodo di elezioni. Però non c’è l’indagine di mercato che ti dice se una cosa funzionerà o meno. Quel giornale era fatto abbastanza bene, se il 90% delle persone che ci lavoravano hanno trovato. Una cosa che perde può avere senso se valorizza dei talenti. In questo penso che quel giornale ha fatto il suo lavoro”.

Telese ha anche detto che ne pensa di Marco Travaglio (la sua rottura con lui al Fatto quotidiano lo ha indotto a fondare Pubblico):

“Marco Travaglio è un genio assoluto, una rockstar. Come i Beatles per il giornalismo. Ha inventato un modo per i giornalisti opinionisti di fare gli attori sulla scena. Tutti sono epigoni suoi. La rete inventa le caricature. Io l’ho sempre ammirato, non potevo esserne invidioso. E’ vero che ho avuto un profondo dissenso con Travaglio, perché non volevo fare i due polli in un pollaio. Io sono cresciuto dentro scuole dialettiche, facendo politica. Non la voglio fare perché sono stato vaccinato. Travaglio invece è molto integralista, ha un senso di disagio per la lite. Questo suo sentimento sottocutaneo rende difficile il dialogo.E’ un genio, un Maradona, ma è solista. Il Fatto è nato intorno al suo fare mediatico, ma per la capacità di Padellaro di essere un player”.

Ecco, quindi, perché Telese ha fallito come Direttore di giornale:

“Se Berlusconi ha sostanzialmente vinto le ultime elezioni, è perché non c’era via di mezzo tra quelli del Movimento 5 stelle che mandano affanculo e un pezzo di opinione avvelenata intorno al Fatto e quelli che qualsiasi vagito di Bersani era un’esperienza mistica. Cercavo una terza via che non c’è stata, ma non è detto che non bisogna trovarla”.

A quelli che gli dicono che era più cattivo a Tetris, ha replicato:

“La cattiveria può essere coltivata con il sorriso sulle labbra, se no è livore gratuito. Cruciani e Parenzo si sono incontrati per la prima volta in quella puntata in cui ho lanciato il libro di Gasparri e lui lasciò lo studio. E’ nato il concubinato che è passato per la Zanzara. Con Gasparri è scattata una liaison mistica. Mi ha dato del nazista che bruciava i libri. E’ come aver fatto le guerre insieme. Lui se ne andò e poi tornò. Per il resto le impalcature le ho inventate io prima di Santoro. A Tetris abbiamo provato una valanga di codici e di personaggi. Avevamo una grande libertà. Dopo hai i mezzi che allora non avevi, ma hai meno libertà di sperimentare. Scanzi, ora hai questa bellissima scenografia, mentre nel tuo prossimo programma avrai tre veline che ballano”.

Alla faccia dello sbarco a Mediaset, Telese sembra avere solo rimpianti per La7:

“E’ una specie di meraviglioso club da cui non me ne sarei andato. 22% di spettatori di In onda erano laureati, prevalenza centronord. E’ l’Italia migliore. Un’Italia che gli piace discutere. Un po’ da malati che piacciono a noi. Non ti stringevano la mano solo i professori universitari, ma anche le cassiere che guardano la politica. Ogni volta che facevo In onda più leggero era un bagno di sangue, loro vogliono l’impegno. Il problema di Sottile è che là è come un organo che rischia di essere rigettato, com’è divertente vedere il trapianto di Telese a Mediaset, laborioso e faticoso. E’ incredibile che quel pubblico si appassioni al caso Parolisi. Paragone è il Piero Pelù del giornalismo italiano, è un nomade. Il pregio della Gabbia è che è contro, ma alle volte è molto urlato ed è un difetto. Alle volte la schitarrata prevale sulla riflessione, ma ad averne. Lo invidio. Io non suono, se no l’avrei imitato. Nella famosa malattia dei talk quelli degli anni 70 e 80 avevano la leggerezza, Costanzo teneva insieme l’antimafia e Riondino. Noi non riusciamo a rompere quelle gabbie. Noi dobbiamo fare la nostra televisione”.

Della co-conduzione con Porro ricorda:

“Con Porro è stata una stagione veramente felice, anche se la coabitazione è molto dura. Da un lato dopo tre anni sei coppia di fatto, in secondo luogo questo programma ha fatto bene soprattutto a noi. Quando è arrivato Porro mi hanno dato del fazioso, poi è diventato un confronto continuo”.

Infine, Scanzi gli ha ricordato quando è rimasto in difficoltà a Tetris, perché gli fu dato dell’apprendista giornalista negato per la professione… da un osso duro:

“Fu un grande momento di maturazione. Già Vespa mi aveva detto che dovevo imparare al mestiere, a proposito delle intercettazioni. Con Giuliano Ferrara è stato uno scontro vero. Lui ti insulta con quella furia accusatoria, ma poi è un gentiluomo che ti invita a scrivere sul Foglio. Quando su Mentana è arrivato l’effetto caterpillar l’ha presa meno elasticamente di me. Se Mentana subisce il cazzottone già lo considero un miracolo averlo superato sei anni”.

E, per concludere davvero questo fiume di parole, ecco motivato il suo allontanamento dal programma La Zanzara:

“Dare della cretina a Marcegaglia, editore della testata per cui stai lavorando, mi giocò la fine dei rapporti con Radio24. Se ti mandano a casa significa che non sei abbastanza forte per sfondare la barriera del suono. Ho perso la scommessa con Cruciani, ma è stato un passaggio di crescita”.

Un’ultima cosa, Telese. La prossima volta che vai eccezionalmente in onda con Matrix al lunedì, con una puntatona con Luciana Littizzetto (pur markettara) e Cruciani e Parenzo post Radio Belva, perché non avvisi? Ieri hai fatto purtroppo solo il 7.84% e 596.000 spettatori, contro l’11.28% e 1.099.000 di Vespa. A fare un lancio di agenzia, magari…