Home Notizie MOSTRA DI VENEZIA TRA CINEMA E TV: un fantasma si aggira per il Lido, l’Autore…

MOSTRA DI VENEZIA TRA CINEMA E TV: un fantasma si aggira per il Lido, l’Autore…

Mostra del cinema di Venezia su TvBlog.

pubblicato 31 Agosto 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 04:01


Lo cercano tutti. Tutti lo vogliono. Tutti lo invocano. Chi? Ma l’autore, anzi l’Autore . La Mostra è inziata con un assillo. dove sta Zazà, ovvero l’Autore degno di questo nome. Da cercare nella rassegna principale e nelle collaterali; addirittura nelle rassegne autonome come lo sono le Giornate degli Autori, sempre ben meditate.

Nel giorno delle “Idi di marzo” di George Clooney e di “CrazyHorse” del grande documentarista Friedrich Wiseman alle Giornate la ricerca del fantasma-Autore si è collegata, noi qui la colleghiamo, con la trasmissione su La7 di una serie discussa, e comunque ben arrivata: “I Kennedy”. A cui Malaparte ha fatto cenno. Lo seguo.

I tre titoli citati sono test del momento sempre più acuto di un “bisogno” acuto d’ Autore. Questa figura di regista super nelle mostre e nei festiva ha sempre primeggiato, fin dalle prime edizioni a Venezia come a Cannes; sia pure con stili e caratteristiche diversi.
Le grandi manifestazioni di cinema sono storicamente nate per celebrare gli Autori che lavoravano per le cinematografie fasciste-naziste-sovietiche (Venezia) e per la Hollywood del capitalismo dedito all’entertainment di classe (Venezi e poi Cannes).

Le manifestazioni che sono venute dopo, di cui la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro fu la scatenatrice , avevano proprio gli Autori indipendenti, e non, al centro dei loro desideri e delle loro proposte. Li cercava, li trovava, li celebrava.
Per tornare alla Mostra di quest’anno, l’idea di Muller & C di far consegnare il Leone d’oro alla carriera a Marco Bellocchio da un Autore con la maiuscola come Bernardo Bertolucci appare come un meritato riconoscimento; ma anche come un atto consapevole del fatto che gli Autori con la maiuscola latitano.

Perchè? Perchè la televisione, con i tv movie, le serie, i telefilm, la fiction hanno, stanno cambiando in profondità la sostanza del racconto per immagini e sonori.

Il pubblico ha preso – costretto- l’abitudine di “non scegliere” i registi, cioè la figura dell’autore o dell’ Autore , e quindi di “subire” professionisti spesso validi ma senza il colpo d’ala, la personalità, il gusto, il rigore o la follia, l’estetismo o la crudezza e la sprezzatura degli Autori.

“I Kennedy ” diretto da Jon Cassar è una serie discussa che è candidata a premi ed è arrivata nella cornice glorificante della 7 che cerca spazi.

La prima puntata ha confermato la tendenza in atto. L’aspetto privato si mescola ai fatti politici ma vi si sovrappone, e i fatti della storia sono subalterni, sottoposti al livello registico prevedibile.

Come avviene negli straordinari telefilm americani che sono realizzati con un dinamismo che i nostri non hanno, con un ritmo che i nostri non hanno e non avranno mai, con un occhio alle reazioni intelligenti che i nostri non avranno mai.
Anche le sceneggiature sono mirabili, eppure comunicano, a forza di ripetizioni a getto continuo, schemi, luoghi e sentimenti comuni; diventano prevedibili, persino scontati: i personaggi e le vicende mancano di quei battiti di cuore e di intelligenza che rendono, rendevano, attraenti e potenti i grandi film dei grandi Autori.

A Venezia sono passati “Le Idi di marzo” e “Crazy Horse”. Apprezzati a mezza bocca. Quando si dice in genere “bel film” , secondo prassi ormai annosa, nel gergo delle mostre e dei festival di oggi, significa che il lavoro è apprezzabile ma manca qualcosa o tutto per riscattarlo dalla mediocrità. Una mediocrità che può essere anche aurea, super, però non ci tocca, non ci provoca, non ci stimola; e persino riesce a “divertirci” poco.

Italo Moscati