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Walter Siti: Ciak, si canta senza identità parodia Ballando con le Stelle

Secondo Walter Siti sulla Stampa Facchinetti e Ciak si Canta sono un brutto futuro per la tv, ma Ballando con le Stelle ci riporta a un passato di nostalgia

pubblicato 8 Maggio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 06:38


Mai come in questa stagione, omessi marchi collaudati che hanno sudato sette camicie per resistere nel rinnovarsi, tutte le vere o presunte novità sono vittime di uno scetticismo produttivo. E’ il caso di programmi “svuotati” come I Raccomandati, “improvvisati” come Stasera che sera, eternamente rimandati come lo stesso I Love Italy in arrivo.

Non c’è fiducia nel loro successo, non ci crede nessuno a partire dal gruppo di lavoro, che se ne serve solo per far girare i contratti. Eppure, ormai certe trasmissioni non si chiudono più, anche se fanno il 14%, perché l’agente è più influente del pubblico.

I programmi, insomma, non sono più la vera ragione del successo chi li presenta, ma un alibi per ottenere una copertina in più e per riempirsi i curricula facendo a gara coi colleghi (per non parlare di tutti i raccomandati da imbucare, come la fidanzata del produttore Debora Salvalaggio, e degli ospiti a pacchetto che vagano inutilmente da un salotto all’altro). Peccato che il pubblico riconosca chi fa il mestiere televisivo con degna passione e di chi monopolizza il video perché “l’importante è esserci”. E, se a rilevarlo è un intellettuale del nostro tempo – prestato alla critica del piccolo schermo sul quotidiano La Stampa – come Walter Siti, allora la questione si fa ancora più pregnante:

“Finché Ballando è andato in onda non sapevo cosa dire. Mi sembrava uno di quei programmi di cui è impossibile parlar male tanto sono professionali e inappuntabili, ma da cui è difficile trarre qualsiasi riflessione problematica. Disciplina, ecco il Leitmotiv della trasmissione. Non so se per calcolo o per uno scherzo del caso, venerdì Ciak, si canta ha dedicato la puntata al ballo: col risultato che i balletti assomigliano disperatamente ai trenini di Capodanno: Facchinetti ha fatto cadere Carmen Russo ballando il tuca-tuca; conduttori e autori facevano casino con la scaletta, la povera Amanda Lear, nel tentativo di mettere un po’ d’ordine, si è messa a gridare ‘io sono Milly Carlucci'”.

Ciak, si canta le foto della quarta puntata




Siti prosegue, centrando la vera ragione dell’insuccesso di Ciak, si canta, ovvero la sua mancanza di identità dovuta a un vuoto pneumatico di professionalità:

“Alla fine ha vinto Al Bano che era stato eliminato dalla giuria: Facchinetti si è giustificato dicendo ‘questo programma è un work in progress’ e ‘qui possiamo fare quello che vogliamo’. Come no, tanto è la casa delle libertà; Debora Salvalaggio è stonatissima ma va bene così, chi se ne frega del professionismo e delle regole. Se il rinnovamento è questo, lunga vita alla Carlucci: ma per quale maleficio in tivù la disciplina dev’essere per forza associata alla nostalgia?”.

Come non quotare le parole di Siti? Per un Facchinetti anarchicamente devoto al cazzeggio, e che non ha l’adeguata rispettabilità per mostrarsi credibile nella rete Uno, c’è una Carlucci che condanna il servizio pubblico a un passatismo immanente. La tv di oggi, insomma, è come paralizzata, perché non ha un adeguato e convincente rappresentante del contingente.