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Sky sul DTT: anche il Consiglio di Stato a favore

Altra sconfitta per Paolo Romani. Anche il Consiglio di Stato ha respinto l’eccezione del Ministero che poneva dubbi sulla possibilità per Sky di poter partecipare al beauty contest valido per l’assegnazione delle frequenze del digitale terrestre. Il richiamo al principio di reciprocità (Sky è di proprietà di una multinazionale americana, la News Corp) non sta

pubblicato 2 Marzo 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 08:17


Altra sconfitta per Paolo Romani. Anche il Consiglio di Stato ha respinto l’eccezione del Ministero che poneva dubbi sulla possibilità per Sky di poter partecipare al beauty contest valido per l’assegnazione delle frequenze del digitale terrestre. Il richiamo al principio di reciprocità (Sky è di proprietà di una multinazionale americana, la News Corp) non sta in piedi. La reciprocità può essere richiamata soltanto per società straniere, non per aziende italiane anche se controllate da azionisti stranieri e, sempre secondo il Consiglio di Stato, il Governo dovrebbe adeguarsi alle decisioni dell’AgCom che ha già ammesso Sky alla gara.

Tanto per essere chiari se Romani insiste potrebbe configurarsi “un intervento manipolativo delle condizioni che solo l’Agcom può stabilire“. Una vittoria, seppur indiretta, di Sky Italia su tutta la linea che fornisce all’ad Tom Mockridge la possibilità ideale per inviare una stilettata al Ministro e il Governo tutto:

Sky Italia continuerà ad investire in Italia e a dare il suo contributo per far crescere il settore televisivo di questo paese. Un investimento che secondo un recente studio ha generato oltre 22.500 posti di lavoro tra dipendenti, collaboratori diretti e indotto e che ha trainato la crescita dell’intero comparto. Certo stupisce che proprio chi dovrebbe perseguire l’obiettivo di sostenere ed agevolare questa crescita, ovvero il ministero dello Sviluppo Economico, invece di incentivare investimenti come quelli fatti da Sky Italia, sembri più interessato a ricercare con insistenza soluzioni che vanno nella direzione opposta, proponendo barriere e vincoli nei confronti di chi ha scelto di rischiare i propri capitali in imprese italiane. Barriere e vincoli che – oltre ad essere difficili da giustificare sul piano dell’opportunità, soprattutto in una fase economica complessa come quella che sta vivendo l’Italia – non sono neanche compatibili con i principi della concorrenza e con le regole europee.