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Venezia 2010 e Tv: per qualche esempio di fiction meglio guardare fuori d’Italia?

Le televisioni sono macilente nel documentare la Mostra di Venezia. Non sto a ricordarle, tanto sono sparpagliate nei palinsesti e prive di novità salienti. Solito servizio a metà. Certe buone esperienze del passato dimenticate. Affastellamenti di informazioni, commenti di vecchio conio, rapporto smarrito con il cinema e con la televisione che comunque guarda al vecchio,

pubblicato 3 Settembre 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 13:09

Le televisioni sono macilente nel documentare la Mostra di Venezia. Non sto a ricordarle, tanto sono sparpagliate nei palinsesti e prive di novità salienti. Solito servizio a metà. Certe buone esperienze del passato dimenticate. Affastellamenti di informazioni, commenti di vecchio conio, rapporto smarrito con il cinema e con la televisione che comunque guarda al vecchio, caro cinema che va più spedito nel cogliere tecniche, temi, possibilità di racconto.

Questo cinema, talora confuso e imbastardito, ci ricorda come “Twin Peaks” di David Lynch (ve lo ricordate) ad esempio costruito per il piccolo schermo sembrava del tutto degno per qualità e intensità delle pellicole realizzate per il grande schermo. Vorrei citare un in concorso qui a Venezia: Noruwei No Mori-Norwegian Wood di Tran Anh Hung, nato nel Laos, studente di cinema in Francia, regista per una casa di produzione giapponese, già premiato a con il Leone d’oro veneziano del 1995.

Film lungo, che comincia con abile e sinuosa lentezza prepara il terreno a una storia d’amore tra adolescenti che finisce per colpire, grazie alla sua intensità e alla sua franchezza. Adolescenti degli anni Sessanta (nella colonna sonora i Beatles e altri gruppi del pop e del rock occidentali) si piacciono, si cercano, vogliono amarsi ma subentrano acuti contrasti, insensibilità, impotenze del corpo, paure. Simboli: boschi, neve, pallidi soli. Di rado si è visto un dramma del genere, esplicito nel linguaggio e nelle rivelazioni di ostacoli fisici all’eros tali da aggrovigliare desideri di vita e di morte.

Miral-poster-italiano.tvblog La televisione ha bandito gli adolescenti, li salta proprio o li inserisce nei “Cesaroni” in “Tutti pazzi per amore”- contro i quali non ho proprio nulla; o nei talk o nei varietà o negli svariati reality che compiano il Grande Tonto Fratello. Al confronto con il film di Tran Anh Hung scompaiono del tutto anche i film italiani sui giovani. Non c’è bisogno di scomodare “Tre metri sopra il cielo” o “La notte prima degli esami”, italianissimi, imbranati, e lucchettari (l’orgia dei legami a Ponte Milvio di Roma, un gioco-simbolo che ha fatto epoca?). Da anni qui da noi non esiste un regista, uno sceneggiatore,un produttore in grado anche solo di pensare tema sui e con gli adolescenti capace di conquistarsi a poco a poco l’attenzione.

Un altro film in concorso che guarda alla televisione, come taglio, a cavallo tra documenti e fiction, è Miral (recensione di Cineblog qui) di Julian Schabel, pure lui vecchio amico del festival, tratto dal romanzo di Rula Jebreal, giornalista palestinese che ha lavorato alla “7” italiana, che ha scritto la sceneggiatura; e che, informano le gazzette, vive con Schnabel a New York. Dal romanzo la vicenda che comincia nel 1948 nel momento in cui Israele nasce come paese, chiamando ebrei da ogni parte; e nasce anche il problema dei rapporti fra palestinesi e israeliani, che peggiorano dalla guerra dei sei giorni nel 1967 alla intifata e agli accordi di Oslo per la creazione di due stati e la stabilizzazione di quel tormentato territorio.

Il film è il frutto di una collaborazione internazionale produttiva, con un chiaro obiettivo da uso per il piccolo e grande schermo: Tarek Ben Ammar (il finanziere libico ben noto in Italia), Weinstein (produttore americano) e canadesi. Un prodotto multifunzionale decoroso che chiede la composizione degli odii, la convivenza, una speranza. Schnabel è bravo a stendere e animare la vicenda. Che non poteva non risultare prevedibile ma lanciando un allarme sulla imprevedibilità di una soluzione politica al centro di trattative. Lo vedremo in quale tv? Ben Ammar ha buona udienza ovunque,sia a Mediaset che in Rai.