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Lost: il bilancio di un orfano (non il solo)

Nonostante la messa in onda in lingua originale e sottotitolata sia già avvenuta, manca ancora quella della versione doppiata in italiano. Per questo vi invito a non andare oltre nella lettura se ancora non siete pronti a rovinarvi la sorpresa. Lost è finito e ha lasciato orfani tutti i fan. Una serie tv, ma non

pubblicato 26 Maggio 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 15:26




Nonostante la messa in onda in lingua originale e sottotitolata sia già avvenuta, manca ancora quella della versione doppiata in italiano. Per questo vi invito a non andare oltre nella lettura se ancora non siete pronti a rovinarvi la sorpresa.

Lost è finito e ha lasciato orfani tutti i fan. Una serie tv, ma non una semplice serie tv. Fenomeno di massa, ossessione (sempre più sfumata con il passare delle stagioni, in realtà), che si è chiusa nel modo che tutti gli scettici immaginavano ed insieme lasciando con la bocca aperta e i lacrimoni i fan. I pareri sono molteplici, anche qui su TvBlog vi siete azzuffati nei commenti, il mio ricalca esattamente quello di Ezio Ponari, autore di un prezioso blog personale sul Cinema (Grazie, Davvero), che vi propongo qui di seguito. Buona lettura.

Adesso che avete visto l’ultima puntata di Lost, e avete pianto, e avete stretto il cuscino tra le braccia masticando nervosamente un chewing gum a bocca aperta e occhi sgranati, e avete sentito quella strana sensazione di aver perso qualcosa, come se aveste accompagnato con lo sguardo l’ultimo viaggio di un vostro caro amico, tra lo stupore e lo sconforto di chi sa che non lo rivedrà mai più, adesso che avete provato tutto questo tirate un forte respiro e fermatevi un attimo a pensare: siete stati vittime di un’alchimia meravigliosamente riuscita, costantemente al centro di un percorso emotivo perfetto, tutto teso a debilitare – in modo definitivo – la pretesa crescente che quella sconfinata serie di domande dovesse avere, prima o poi, una risposta. Dopo tre splendide stagioni gli autori di Lost hanno iniziato a naufragare in una costellazione di cose speciali disseminate ovunque, in un rincorrersi di espedienti improbabili – ma riuscitissimi – con i quali erano soliti concludere ogni puntata.

Lost è stata forse la celebrazione più smaccata e plateale di quello che Hitchcock chiamava il MacGuffin, cioè il dettaglio oscuro e impalpabile con cui drogare lo spettatore calandolo nella nervosa illusione che, un giorno, tutto sarà chiaro. I numeri 4, 8, 15, 16, 23 e 42 stampati praticamente ovunque, in serie e singolarmente, e al centro degli intrighi e dei misteri di quattro o cinque lunghi anni, erano ormai parte di un meccanismo narrativo talmente imperfetto che la risposta non poteva essere che una: nessuna.

Lost è stato anche l’apologia del cliffhanger, termine che gli alpini conoscono bene come “il restare appesi”, e che il cinema si è magistralmente appropriato nell’inscenare un’improvvisa interruzione degli eventi in seguito ad un colpo di scena ben assestato. E’ l’espediente che ci ha fatto restare a bocca aperta (con il cuscino tra le braccia) per sei incredibili stagioni, una presa per il culo dolcissima e – inutile negarlo – grandiosamente orchestrata. Gli autori, in piena e stravolgente crisi creativa – dopo essersi impelagati nell’indimenticabile fango dei numeri, degli esperimenti sui bambini, delle botole, dei pulsanti, dei 108 secondi, dei graffiti, delle statue egizie, degli orsi polari, dei cavalli, delle crisi magnetiche, delle statuette piene di cocaina, delle portaerei, dei ritorni al futuro, dei sussurri, delle epidemie, delle quarantene e delle strane voglie di un vecchio miliardario di impossessarsi dell’isola – forse per godersi la pensione? – hanno spazzato via da quest’ultima, struggente e splendida puntata tutte le altre 121 e hanno fatto l’unica cosa che restava da fare. Hanno mostrato il cuore.

Il cuore dell’isola, quel fascio magnetico di luce olografica, è il cuore dei losties, dei sopravvissuti, di Jack e Kate, Sun e Jin, Sawyer e Juliet, di Desmond e Penny, di Charlie e di Claire e di Boone e di Shannon e di Sayid, Ben e Locke. E’ il cuore di chi sa che, adesso, dovrà andare oltre. Moving on, dice Christopher. Dovremo andare avanti. Ma dove? Come i losties, non lo sapremo mai.

Ecco, in sostanza, noi fan siamo stati tutti presi in giro per 6 anni. Però, ammettiamolo, con che stile.