Home Notizie Brachino: “La mia sospensione è una condanna politica”

Brachino: “La mia sospensione è una condanna politica”

Claudio Brachino non ci sta. La sospensione per due mesi dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia (potremmo definirla poco più di un buffetto sulla guancia?) a seguito del servizio di Annalisa Spinoso sul giudice Mesiano, sotto la responsabilità e la supervisione dello stesso Brachino, è per il direttore di Videonews inaccettabile. La sua reazione è da

pubblicato 16 Marzo 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 17:35


Claudio Brachino non ci sta. La sospensione per due mesi dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia (potremmo definirla poco più di un buffetto sulla guancia?) a seguito del servizio di Annalisa Spinoso sul giudice Mesiano, sotto la responsabilità e la supervisione dello stesso Brachino, è per il direttore di Videonews inaccettabile. La sua reazione è da manuale (“quale” lo lascio dire a voi), si tratterebbe di una “condanna politica“.

L’ex conduttore di Mattino Cinque ritiene ingiusta la decisione dell’Odg perché, a suo parere, non sono stati presi in considerazione i rilievi difensivi. In sostanza la sospensione è ingiusta perché lui si ritiene innocente, ergo non può che trattarsi di una condanna di chiara matrice politica. Non fa una grinza che sia una, indubbio. Brachino si era ritenuto abbondantemente auto assolto dopo le scuse al giudice Mesiano andate in scena a Mattino Cinque in un suo editoriale (lo ritrovate qui) qualche giorno dopo. Incredibilmente l’Ordine dei Giornalisti ha ritenuto che non bastasse. Sorpresa.

Ecco il testo della sua dichiarazione:

Farò immediato ricorso contro un provvedimento che giudico profondamente ingiusto. Mi limito a far notare che subito dopo la trasmissione in un editoriale anche autocritico ho analizzato a freddo quanto accaduto, ponendo una serie di domande sul merito della vicenda sottostante il servizio, a cui nessuno si è preso la briga di rispondere. Nonostante il linciaggio mediatico a cui sono stato sottoposto, ho risposto tempestivamente alla convocazione dell’Ordine discutendo la questione con impegno e serietà. Per tutti questi motivi non posso non pensare che si tratti di una condanna simbolica e tutta politica da parte dell’organismo che dovrebbe tutelare, al netto di ogni calcolo di convenienza ed opportunità, la libertà della categoria.