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La tv umilia le donne

Parte dal web la crociata sull’uso e abuso del corpo delle donne in tv. Sul sito Key4biz infatti donne del mondo civile stanno discutendo del fenomeno e soprattutto di come interrompere questo circolo malefico che si è innescato. L’occasione per rivedere il ruolo delle donne in tv è dato dalla discussione rinnovo triennale del Contratto

di marina
28 Gennaio 2010 11:00

Parte dal web la crociata sull’uso e abuso del corpo delle donne in tv. Sul sito Key4biz infatti donne del mondo civile stanno discutendo del fenomeno e soprattutto di come interrompere questo circolo malefico che si è innescato. L’occasione per rivedere il ruolo delle donne in tv è dato dalla discussione rinnovo triennale del Contratto di servizio Rai.

L’appello è stato lanciato lo scorso novembre da Gabriella Cims, coordinatrice dell’Osservatorio sui Servizi Audiovisivi voluto dal Vice Ministro delle Comunicazioni, con l’articolo Solo la bellezza fa audicence? Dibattito aperto sul ruolo delle donne in Tv nel nuovo contratto Rai di servizio e da allora, piano piano si è iniziato a creare un movimento di donne che a oggi conta 54 firmatarie e sono per lo più rappresentanti dell’intellighentzia al femminile.

La Cims nella sua accorata lettera, sottolinea:

Quante donne fanno gavetta e hanno successo in politica, nella ricerca scientifica, nell’imprenditoria, nella medicina, nella cultura? E a quante sarà data anche solo un’infinitesimale possibilità di rappresentare nel tubo catodico la loro esperienza di successo, le loro speranze e le loro fatiche, esattamente come abbiamo la possibilità si conoscere ogni millimetro emozionale delle partecipanti ai realities o ai concorsi bellezza, solo per fare un esempio? Perché stupirsi poi se tanta parte delle adolescenti, di qualsiasi estrazione sociale e livello culturale, ha come primo miraggio quello di diventare una velina o sue omologhe derivazioni. Quanto spazio , nondimeno nella Rai, il servizio pubblico dei cittadini, sarà dedicato ai successi e alle fatiche delle “altre”?

Chi accusa certa tivù commerciale deve anche spiegare cosa abbia fatto il servizio pubblico per porsi come alternativa che segna la differenza. Poi ci si interroga sulla disaffezione dal canone. Forse è venuto il momento, con pacatezza, di iniziare un nuovo corso. Non servono grandi rivoluzioni, per cambiare funzionano le riforme, occorrono idee chiare, iniziative concrete e la volontà per farle camminare.


L’ultimo intervento, ma solo in ordine di tempo, è di Lorella Zanardo che con Marco Malfi Chindemi è autrice del documentario Il corpo delle donne propone la sua ricetta per risolvere la questione:

Cosa fare? La soluzione è semplice e già altrove attuata: chiedere agli autori televisivi e ai pubblicitari di creare altre forme pubblicitarie, maggiormente creative, che non implichino il banale e umiliante uso del corpo femminile. All’estero lo fanno già da anni. Il mercato non ne risentirà: anzi.

Intanto, le firmatarie chiedono le seguenti modifiche:

  • che il servizio pubblico trasmetta programmi ad hoc sulle questioni della vita reale delle donne, offrendo all’immaginario collettivo una maggiore completezza e pluralità di modelli di riferimento della femminilità;
  • che il Contratto di Servizio venga emendato, -proposta allegata- poiché la versione in vigore palesa più di un punto debole sotto questo profilo. Basti osservare che non vi è un solo articolo o comma dedicato specificatamente ai temi delle pari opportunità e che la violenza sulle donne è una vistosa “assenza” nella programmazione sociale, (art. 8 comma 6);
  • l’adozione di un Codice di Autoregolamentazione Media e Donne e l’insediamento di un Comitato ad hoc che ne monitori l’effettiva applicazione nell’ambito dell’emittenza e dei media in generale. Ciò avvicinerebbe l’Italia agli altri Paesi Europei che già da diversi anni hanno varato iniziative simili, come rilevato dal Libro Bianco del Censis, “Women and Media in Europe”.